Svelato il mistero sul crollo della civiltà Maya: il segreto si nasconde in una stalagmite

  • Postato il 27 agosto 2025
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  • Di SiViaggia.it
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La civiltà Maya era vastissima: si estendeva dal Messico meridionale all’America Centrale. Un territorio punteggiato da città fiorenti che ospitavano migliaia di persone e da templi straordinari, frutto delle più avanzate conoscenze astronomiche. Eppure, nel giro di due secoli, quei centri si svuotarono, i templi furono abbandonati e i grandi progetti architettonici rimasero incompiuti. Cosa accadde?

Per lungo tempo la risposta è rimasta avvolta nel mistero. Gli studiosi hanno avanzato teorie suggestive, sostenendo che non ci fosse una sola causa, ma un intreccio di fattori: crisi climatica, sovrappopolazione, conflitti politici. Eppure, una parte del segreto si celava in un luogo del tutto inaspettato: all’interno di una stalagmite.

Il segreto sul crollo dei Maya è dentro una stalagmite

Il declino della civiltà Maya tra il IX e il X secolo d.C. coincide con otto lunghi periodi di siccità, uno dei quali durò addirittura tredici anni consecutivi. A rivelarlo non sono cronache antiche, ma la composizione chimica di una stalagmite rinvenuta in una grotta dello Yucatán, in Messico.

Analizzata da un team internazionale guidato dall’Università di Cambridge e i cui risultati sono stati pubblicati su Science Advances, questa roccia silenziosa ha conservato nel tempo preziose tracce climatiche. Lo studio degli isotopi di ossigeno intrappolati al suo interno ha permesso di ricostruire con sorprendente precisione le variazioni delle piogge stagionali tra l’871 e il 1021 d.C., proprio negli anni in cui le città Maya si svuotavano e i templi venivano abbandonati.

“Conoscere la media annuale delle precipitazioni non è così significativo quanto conoscere le caratteristiche di ogni singola stagione delle piogge”, ha spiegato il primo autore dello studio, Daniel H. James. “Essere in grado di isolare la stagione delle piogge ci permette di tracciare con precisione la durata della siccità nella stagione delle piogge, che è ciò che determina il successo o il fallimento delle colture”.

Il ruolo delle siccità nel crollo della civiltà Maya

Le analisi condotte sulla stalagmite dello Yucatán hanno rivelato che tra l’871 e il 1021 d.C. si verificarono ben otto periodi di siccità durante la stagione delle piogge, ciascuno della durata minima di tre anni. Tra questi, uno si protrasse per tredici anni consecutivi, un intervallo di tempo sufficiente a mettere in ginocchio qualsiasi società agricola.

Nonostante le avanzate tecniche di gestione dell’acqua sviluppate dai Maya, come serbatoi, canali e cisterne, la mancanza prolungata di piogge ebbe effetti devastanti: raccolti compromessi, crisi alimentari e tensioni sociali che finirono per minare la stabilità politica delle città-stato.

Questi dati scientifici si intrecciano perfettamente con le evidenze storiche e archeologiche già note. Nei principali siti del nord, compresa la celebre Chichén Itzá, gli archeologi hanno documentato ripetute interruzioni nell’attività politica e nella costruzione di monumenti proprio negli stessi decenni in cui si registrarono le siccità. È quindi plausibile che i periodi di stress climatico abbiano innescato una spirale di crisi interne, contribuendo al progressivo abbandono delle città.

Seppur il crollo della civiltà Maya dipese da una complessa combinazione di fattori, le stalagmiti dello Yucatán hanno dimostrato come la natura abbia avuto un ruolo decisivo nella fine di una delle più affascinanti culture del mondo antico.

Autore
SiViaggia.it

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