Tel Aviv bombardata dagli aerei italiani

  • Postato il 8 settembre 2025
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  • Di Agi.it
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Tel Aviv bombardata dagli aerei italiani

AGI - I trimotori della Regia Aeronautica erano partiti dalle basi sul Mar Egeo nel Dodecaneso, decollando da Rodi e Lero, e avevano come obiettivo le raffinerie di Haifa, nella Palestina sotto mandato britannico. Sin dall’ingresso dell’Italia nella seconda guerra mondiale il 10 giugno 1940, nell’ambito della condotta della guerra nel Mediterraneo, quell’area era di particolare interesse strategico, non solo per gli impianti e i depositi petroliferi, ma anche per quelli portuali.  I Savoia Marchetti S.M. 79 avevano attaccato Haifa il 15 luglio 1940, e poi ancora il 24 luglio e il 6 agosto, con effetti abbastanza seri e danni durevoli, se ne aveva parlato il Time. Le squadriglie di bombardieri non erano mai state superiori ai dieci velivoli, e questo numero fu rispettato anche nell’operazione di settembre. 

I raid preliminari sugli impianti petroliferi e portuali di Haifa 

Il 9 settembre non si materializzarono le sagome inconfondibili dei “Gobbi maledetti” (come gli inglesi avevano soprannominato gli S.M. 79 per la protuberanza sopra alla cabina di pilotaggio), ma quella con la doppia deriva dei Cant. Z.1007 bis “Alcione”. E soprattutto il cielo non era quello di Haifa, obiettivo militare, ma della città di Tel Aviv, fondata nel 1909 da sessanta famiglie ebree che avevano acquistato i terreni da coloni arabi e turchi e poi se li erano assegnati a sorte. Tel Aviv non era mai stata attaccata, ma qualcosa era andata storta rispetto ai piani. Secondo una ricostruzione, stavolta su Haifa l’allarme aereo era risuonato per tempo e gli inglesi avevano fatto subito levare in volo i caccia intercettori per contrastare il raid italiano e proteggere gli impianti dalle bombe che in precedenza avevano provocato incendi e la messa fuori uso dell’oleodotto per un mese. A luglio la Raf non sospettava la capacità della Regia Aeronautica di riuscire a portare un attacco così lontano dalle proprie basi, e agli italiani era riuscito il colpo a sorpresa con quella missione a lungo raggio. L’inopportunità di fronteggiare la caccia britannica spinse i piloti degli “Alcione” a una manovra diversiva ripiegando su un bersaglio alternativo, come il porto di Tel Aviv, considerata la prima città ebraica della Palestina. 

Pomeriggio di fuoco con 137 morti e numerosi feriti tra i civili 

Le prime bombe vennero sganciate alle 16.21. Lo sconcerto nel perimetro urbano fu totale, perché un attacco diretto alla città non era stato considerato. Probabilmente fu un errore nelle procedure di puntamento, o la fretta di allontanarsi dalla zona per sottrarsi alla caccia della Raf e riguadagnare le basi del Dodecaneso, fatto sta che le bombe piovvero sul centro abitato, lontano da qualsiasi obiettivo militare come poteva essere l’area portuale. Alla fine i morti accertati saranno 137, oltre ai feriti estratti dalle macerie o nelle strade colpite. Saranno le prime vittime di Tel Aviv della seconda guerra mondiale, nonché le prime vittime ebree provocate dalle forze dell’Asse su uno scenario di guerra, per di più in territorio nominalmente inglese. Le bombe caddero anche sul villaggio di Sumail, a nord-est della città, abitato da arabi. I sistemi d’allarme erano approssimativi, e le sirene risuonarono solo con pochi secondi d’anticipo sulle prime esplosioni sulla zona dove attualmente sorge il centro commerciale Dizengoff, nel quartiere Nordiya dove all’epoca c’era anche un cinema. Le strutture di nuova costruzione erano abbastanza robuste, ma le baracche di legno e lamiera non poterono opporre alcuna resistenza all’onda d’urto e presero subito fuoco alimentando gli incendi. Il Palestine Post riportò che "In una sola strada hanno perso la vita 15 persone. Delle due bombe, cadute contemporaneamente, una ha distrutto il muro di una sinagoga uccidendo quattro persone, mentre l’altra ha sfondato due piani di un edificio". Un solo ordigno caduto uccise sette civili, tra cui cinque bambini, nel villaggio arabo. In un primo tempo i morti risultarono solo 50, ma il bilancio sarebbe salito drammaticamente nei giorni successivi. Tel Aviv non aveva un ospedale attrezzato per quell’emergenza e diversi feriti furono portati dalle squadre di soccorso all’ospedale Hadassah di Gerusalemme. 

L’ultimo attacco e il monumento in memoria delle vittime 

Passato lo choc per quell’improvviso bombardamento in pieno giorno e durato talmente poco da non dare neppure il tempo di raggiungere i rifugi, la popolazione di Tel Aviv dimostrò subito la propria capacità di ripresa. Riaprirono i locali pubblici, come cinema e caffè, le vetrate infrante vennero sostituite e le macerie sgomberate dopo aver estratto i corpi privi di vita e i sopravvissuti. Il 22 giugno 1941 si verificherà l’ultimo bombardamento sulla Palestina britannica, su Haifa e anche su Tel Aviv, ma il prezzo pagato dai civili (13 morti) non sarà neppure paragonabile a quanto accaduto il 9 settembre dell’anno precedente, grazie anche al fatto che la città non era più indifesa come la prima volta. Stavolta assieme agli italiani erano intervenuti pure la Luftwaffe, e persino alcuni bombardieri della Francia di Vichy che collaborava con i tedeschi, partiti dalla Siria. Per onorare le vittime del 1940, cinquantacinque anni dopo la municipalità di Tel Aviv farà inaugurare un monumento. All’epoca era stato celebrato un funerale collettivo per 107 caduti, con una colonna di camion con le bare che dalla Scuola Balfour raggiunsero il cimitero di Nahlat Yitzhak. A Tel Aviv il 4 maggio 1948 verrà pronunciato da David Ben-Gurion il discorso per la nascita di Israele nella città divenuta capitale provvisoria, e sempre qui il 4 novembre 1995 sarà assassinato il premier Yitzhak Rabin, Premio Nobel per la pace nel 1994 assieme a Yasser Arafat e Shimon Peres. 

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Autore
Agi.it

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