Tesla Oasis Supercharger, colonnine a energia solare e area lounge

Nell’assolata California, tra i campi desertici nei pressi di Lost Hills, Tesla ha inaugurato quella che potrebbe diventare la pietra angolare di una nuova era: la stazione Oasis Supercharger. Un nome evocativo per un progetto che aspira a riscrivere le regole della mobilità elettrica. Non più solo ricarica veloce, ma autonoma, solare e sostenibile.

Con 168 punti di ricarica, Oasis diventa una delle più grandi stazioni al mondo. Attualmente solo la metà degli stalli è operativa, ma già in grado di sostenere l’enorme traffico estivo dei viaggiatori americani. L’altra metà sarà attivata a breve, insieme a una lounge per gli utenti, completando così la visione ambiziosa che Elon Musk aveva annunciato quasi un decennio fa: creare hub di ricarica completamente alimentati da fonti rinnovabili, capaci di funzionare in totale autonomia dalla rete elettrica nazionale.

Autosufficienza energetica e non solo

La vera rivoluzione di Oasis non è però nelle dimensioni, ma nella sua autosufficienza energetica. Su oltre 30 acri di terreno, Tesla ha installato 11 megawatt di pannelli solari, una potenza sufficiente a sostenere il fabbisogno energetico dell’intera struttura. L’energia prodotta viene immagazzinata in 10 Tesla Megapack, con una capacità complessiva di 39 MWh. Numeri che non solo impressionano, ma certificano la possibilità concreta di alimentare un’infrastruttura critica senza attingere alla rete pubblica.

Tuttavia, si tratta di un traguardo che arriva con anni di ritardo rispetto ai proclami iniziali. Già nel 2016, infatti, Musk aveva parlato apertamente di stazioni Supercharger dotate di tetti fotovoltaici e sistemi di accumulo. Un sogno mai completamente realizzato, almeno fino a oggi. Nonostante la disponibilità di tecnologie come i Powerpack (poi evoluti nei più capienti Megapack), Tesla ha finora preferito concentrarsi sulla quantità di stazioni, piuttosto che sulla qualità energetica delle stesse. Molti Supercharger esistenti restano infatti collegati alla rete convenzionale, con pannelli solari assenti o marginali.

Come cambia la vita con Oasis

Oasis è la prova tangibile che un altro modello è possibile. Una stazione capace di ricaricare centinaia di auto al giorno senza emettere un solo grammo di CO₂, senza dipendere da centrali a gas o carbone. Un sistema che produce, consuma e immagazzina energia in modo circolare, riducendo al minimo l’impatto ambientale. Ed è proprio questa indipendenza energetica a rendere Oasis un banco di prova non solo tecnico, ma anche politico.

Perché, se da un lato la tecnologia è pronta – efficiente, collaudata, scalabile – dall’altro il contesto normativo negli Stati Uniti sembra remare contro. Nuove leggi e modifiche fiscali hanno infatti ridotto gli incentivi per l’installazione di impianti solari e sistemi di accumulo. Una frenata che rischia di compromettere l’espansione di progetti simili. In uno scenario ideale, ogni nuova stazione Supercharger potrebbe essere concepita secondo il modello Oasis. Tuttavia, senza un supporto istituzionale, i costi restano proibitivi, anche per un colosso come Tesla.

Eppure, nel mezzo di queste difficoltà, il valore simbolico del progetto è chiaro. Oasis rappresenta ciò che la mobilità elettrica può diventare: non solo un’alternativa all’endotermico, ma un salto evolutivo verso un’intera infrastruttura energetica rinnovabile. È una risposta concreta a chi contesta l’auto elettrica per il suo presunto impatto indiretto sull’ambiente, dovuto all’energia ancora oggi prodotta da fonti fossili. In questo caso, non c’è transizione da fare: la ricarica è già completamente verde.

Autore
Virgilio.it

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