Troppa CO₂ sotto il cofano, i big dell’auto rischiano un conto salatissimo

  • Postato il 30 ottobre 2025
  • Fatti A Motore
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il conto alla rovescia è iniziato per davvero. L’industria automobilistica continentale si trova davanti a una delle sfide più difficili della sua storia recente: rispettare i nuovi limiti alle emissioni di anidride carbonica imposti dall’Unione Europea.

Secondo l’ultima analisi di JATO Dynamics, oltre il 70% dei volumi di auto vendute nell’UE risulta ancora sopra i limiti di CO₂ previsti nonostante le strategie di pooling, ovvero gli accordi tra case automobilistiche per compensare le emissioni. Se la tendenza non cambierà, i costruttori rischiano fino a 3,5 miliardi di euro di multe solo nel 2025.

Dai 95 grammi ai 93,6 di anidride carbonica. Obiettivi sempre più severi

Nel 2020 l’UE aveva fissato un tetto di 95 g/km di CO₂ (secondo il ciclo NEDC) per le auto nuove. Allora molte aziende dovettero ricorrere a costosi accordi di compensazione: Tesla, ad esempio, a suo tempo guadagnò 1,58 miliardi di dollari vendendo “crediti verdi” a marchi come Stellantis e Honda. Dal 2025, però, la soglia è scesa a 93,6 g/km, calcolata con il WLTP, un test più realistico (e più severo) del 20–30% rispetto al NEDC. Inoltre, il limite è specifico per ogni costruttore, in base al peso medio delle auto vendute. Il risultato? Un equilibrio sempre più difficile tra norme ambientali, domanda di mercato e competitività industriale.

Le difficoltà dei grandi gruppi

I dati raccolti da JATO mostrano che i tre principali gruppi automobilistici europei sono ancora sopra i loro obiettivi di CO₂, anche includendo il bonus per le auto a basse o zero emissioni (ZLEV). E poiché questi gruppi rappresentano oltre il 70% del mercato continentale, il segnale è tutt’altro che marginale. Il pool Tesla, che include Stellantis e Toyota, pur contando su una forte presenza elettrica e ibrida, è ancora 1,4 g/km sopra il target: una differenza che vale circa 500 milioni di euro di sanzioni nei soli primi sei mesi del 2025. Situazione analoga per il Gruppo Volkswagen, che si trova 5,6 g/km oltre il limite e rischia più di 3 miliardi di euro di multe. Solo Cupra rispetta pienamente il target, ma non basta a compensare le performance meno virtuose di altri marchi del colosso tedesco. Anche l’alleanza Renault–Nissan–Mitsubishi fatica: Nissan è ancora lontana dagli obiettivi, mentre Renault — nonostante nuovi modelli elettrici — resta legata ai motori tradizionali, in particolare con Dacia.

Cinesi all’attacco

In questo scenario, i marchi cinesi si muovono in direzione opposta. BYD, con una gamma interamente elettrica o ibrida plug-in, è ben 85 grammi sotto il target europeo. Questo le offre un duplice vantaggio: una posizione competitiva sul mercato e la possibilità di guadagnare ulteriormente grazie agli accordi di pooling. Situazione in cui potrebbe trovarsi in prospettiva anche Geely, appena sbarcata in alcuni paesi europei con modelli 100% elettrici e ibridi alla spina. Meno brillante la performance di SAIC (MG) e Chery (Omoda, Jaecoo), ancora troppo legate ai motori a combustione e quindi più esposte al rischio di sanzioni.

Un bivio per l’automotive europeo

Come evidenzia il lavoro di JATO Dynamics, la regolamentazione sulle emissioni è oggi uno dei temi più sensibili del settore automotive europeo. Da una parte, i costruttori denunciano che le multe riducono le risorse per investire in ricerca e innovazione, minacciando anche l’occupazione. Dall’altra, i marchi che hanno puntato con decisione sull’elettrico chiedono di mantenere regole severe, per non vanificare i loro sforzi. Se le attuali tendenze non cambieranno, le sanzioni complessive del 2025 potrebbero davvero toccare i 3,5 miliardi di euro. A questo punto giova ricordare che, sebbene l’UE abbia dato prova di una certa flessibilità applicando sanzioni su un periodo di tre anni, i risultati continuano a essere calcolati su base annuale e possono essere compensati negli anni successivi. Resta un conto salatissimo, insomma. Che rischia di pesare su bilanci, strategie industriali e, inevitabilmente, sui prezzi imposti ai consumatori.

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