Tsunami crack a Genova, “La droga è tornata per strada, serve un nuovo approccio”
- Postato il 30 settembre 2025
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- Di Genova24
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Genova. “Negli ultimi anni le tossicodipendenze erano diventate un tema domestico, chi si drogava lo faceva a casa, costituendo un problema per le famiglie certo, ma il mondo fuori poteva non accorgersi di nulla, oggi la droga è tornata per strada, stiamo parlando soprattutto di crack, cocaina a basso costo anziché eroina come negli anni Ottanta, droga fumata e non iniettata in vena, ma per certi versi sembra di essere tornati a quel periodo storico. Siamo tornati agli anni Ottanta anche per la nostra impreparazione, per ora, ad approcciare il fenomeno. Procediamo per tentativi”.
A parlare è Miriam Seminara, una veterana dell’assistenza alle persone con tossicodipendenza. Nel 1981, insieme ad altre donne, ha fondato Afet-l’Aquilone, di cui oggi, da pensionata, è presidente. “Siamo nati negli stessi anni del Ceis di Bianca Costa, con lo stesso obiettivo e a partire dalla stessa emergenza ma poi abbiamo diviso le nostre strade sia come tipo di terapie scelte sia come punti di riferimento. Noi, ad esempio, abbiamo sempre collaborato solo con il servizio sanitario nazionale, convinti che quello delle tossicodipendenza fosse un tema pubblico”.
Afet, nato a partire da storie personali – la stessa Miriam, che al tempo era una scout, iniziò un percorso quarantennale aiutando il fidanzatino di un’amica a disintossicarsi – ha ampliato la propria missione e oggi si occupa di supporto a persone con fragilità e disagio sociale attraverso vari servizi, dalla distribuzione di generi alimentari al supporto legale, dagli ambulatori medici al presidio sociale. Il drop-in di vico Della Croce Bianca, nell’ex Ghetto del centro storico, è una delle realtà gestite da Afet. Non a caso nell’occhio del ciclone, in uno dei centri nevralgici per lo spaccio e il consumo di droghe, a Genova.

“La diffusione del crack è difficile da contrastare per molti aspetti – racconta Seminara, insieme al direttore di Afet, Sergio Bottero – per il tipo di persone che ne fanno uso, spesso anche giovanissime, per il basso costo di vendita e quindi per la facilità con cui arriva a tutte le tasche, per gli effetti che questa droga ha in chi la assume, i consumatori di crack appaiono rilassati per pochi minuti, poi il principio attivo li porta a ricercare immediatamente quella stessa sensazione e li rende anche aggressivi, chi consuma crack è disposto a tutto per averne subito altro, anche a rubare o a prostituirsi, e soprattutto si mette subito in strada per cercare la droga, per questo da invisibili, i tossicodipendenti, sono diventanti visibili, come negli anni Ottanta“.
Gli operatori di Afet si trovano spesso ad aiutare persone su cui si stratificano varie problematiche, e quella del crack è paradossalmente la punta dell’iceberg. “Abbiamo ragazzini e ragazzine giovanissime, spesso minori stranieri non accompagnati, abbiamo persone senza fissa dimora, abbiamo assuntori cronici e pazienti con comorbilità, per cui non è neppure facile agire nell’immediato, anche a livello medico”. Se c’è un comune denominatore, in parte, a questi diversi target è il fatto di trovarsi per molto tempo in strada.
“Se passi giorno e notte in strada prima o poi ci caschi – osserva Miriam Seminara, fondatrice di Afet – molti arrivano al crack passando attraverso l’alcol, altri arrivano al crack da altre droghe più costose, ma è per questo che è necessario intercettare questi consumatori e offrire loro un’alternativa all’isolamento in strada, offrire loro un riferimento”.
Il tema della lotta alla tossicodipendenza, che non riguarda solo il crack – il Serd dell’Asl3 segue oltre 4000 persone e moltissime non sono invece raggiunte dal servizio sanitario – nelle grandi città come Genova è tornato a essere un terreno di sperimentazione. “Come negli anni Ottanta – dice Seminara – ci troviamo a cercare diversi tipi di approccio e di terapia, il fenomeno è cambiato repentinamente e ci ha trovato in parte impreparati, come allora, però stiamo cercando di costruire una rete che punti sulla prevenzione e sull’integrazione tra servizi e associazioni, senza dimenticare che anche la riduzione del danno può essere una strada”.
Nelle settimane passate è stata sollevata un’aspra polemica su soluzioni come quella sperimentata dal Comune di Bologna, che ha iniziato a distribuire pipette per il consumo di crack (ne sono state acquistate 300 a una cifra di 3500 euro) ad assuntori seguiti dai servizi sociali. Nelle stesse ore in cui Giorgia Meloni, dal palco del festival di CL, diceva “la droga fa schifo”, l’amministrazione emiliana parlava degli effetti positivi del consumo controllato. Ma anche l’utilizzo del Metadone come palliativo, su cui esistono luci e ombre, viene sempre più additato da certe forze politiche.
Il crack, che cos’è e perché è così diffuso
Il crack è un derivato della cocaina, che viene mescolata con bicarbonato di sodio e riscaldata. Se la polvere di cocaina viene fatta bollire con ammoniaca, si produce invece la freebase. Il calore modifica la consistenza della droga: dalla polvere bianca si formano piccoli cristalli, detti anche pietre o cristalli. Queste vengono fumati. Le pietre scoppiettano quando vengono fumate, da qui il nome “crack”.
La diffusione del crack è legata alla diminuzione progressiva del prezzo della cocaina, a cui si è accompagnato un aumento del livello di purezza a causa della raffinazione dei processi di lavorazione. Secondo il “World Drug Report” delle Nazioni Unite, dal 2025, la produzione di cocaina è aumentata di oltre due volte e mezzo.
La coltivazione della coca è stata ampliata negli ultimi anni soprattutto in Colombia per via della rinuncia dello Stato a controllare ampie zone del Paese sotto l’egida dei guerriglieri Farc. Oggi dalla Colombia proviene la maggior parte della cocaina mondiale che arriva in Europa attraverso i principali porti europei. Genova è sicuramente, secondo quanto evidenziato più volte anche dalla direzione antimafia e dalla guardia di finanza nazionale, uno degli snodi nevralgici del narcotraffico internazionale.
Gli effetti del crack o della freebase
Come spiegato dal coordinamento per le dipendenze della svizzero, una delle realtà più avanzate sul tema, “il crack e la freebase hanno un effetto stupefacente molto breve ma intenso, il cosiddetto «flash». Rendono euforici, danno la sensazione di dominare la situazione, danno maggiore fiducia in sé, rendono loquaci, stimolano il desiderio sessuale, sopprimono inibizioni e paure, rendono più disponibili a correre rischi. Occasionalmente rendono più aggressivi, riducono la capacità critica, la capacità di giudizio e la concentrazione, diminuiscono la sensazione di dolore e intorpidiscono”.
“Accelerano fortemente la frequenza cardiaca e la respirazione, aumentano la pressione sanguigna e la temperatura corporea. Sovente sono accompagnati da una dilatazione delle pupille. Gli effetti si manifestano nel giro di pochi secondi, durano circa 5-10 minuti (crack) o 2-4 minuti (freebase) e terminano con una brusca discesa. Questo provoca un desiderio incontrollabile di ricominciare a consumare («craving»). A causa della rapida insorgenza e anche della brusca fine, gli effetti del crack e della freebase rendono molto più dipendenti rispetto alla cocaina”.
Capitolo Fentanyl, l’incubo dietro l’angolo
Si parla molto della possibilità della diffusione di una droga che fa ancora più paura, il Fentanyl, un oppioide estremamente economico e altamente coinvolgente che, come noto, ha invaso gli Stati Uniti in pochi anni e conosciuto come “la droga degli zombie”.
In Italia, secondo gli esperti, la diffusione è fortunatamente ancora limitata e così a Genova. Ci sono stati, a livello nazionale, dei piccoli sequestri di dosi arrivate principalmente via internet ma la marea che ha portato alla morte di 75mila persone all’anno in Usa non è arrivata.
Il motivo potrebbe essere legato alla distribuzione che, negli Stati Uniti, ha visto una preponderanza dei cartelli messicani, oltre a canali cinesi e canadesi. L’impressione è che in Italia non ci sia ancora una realtà criminale interessata a diventare distributrice del Fentanyl, forse per i ricavi tutto sommato limitati.