Un Picasso in regalo e amici come prima: storia di quando la Disney tentò di rabbonire Robin Williams
- Postato il 17 agosto 2025
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- Di Artribune
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Quando Ron Clements e John Musker stavano sceneggiando Aladdin, nel 1992, e dovevano dare corpo all’indimenticabile personaggio del Genio, non poterono fare a meno di modellarlo sul grande attore e comico Robin Williams (Chicago, 1951 – Paradise Cay, 2014), a cui la parte venne infatti offerta. Sarebbe stato un bel colpo: tra la fine degli Anni Ottanta e l’inizio degli Anni Novanta Williams era già famosissimo, e dal piccolo schermo di Mindy e Mork era salito alla gloria della cinematografia con ruoli indimenticabili in Good Morning Vietnam, L’attimo fuggente e Will Hunting, per cui si era guadagnato l’Oscar da attore non protagonista.
Robin Williams e l’accordo per interpretare il Genio di Aladdin
L’unico possibile intoppo per aggiudicarsi Williams nei panni dell’istrionico Genio era che la Disney pagava i suoi doppiatori il minimo consentito dal loro sindacato, che all’epoca era di 75mila dollari, e negli stessi anni la retribuzione di Williams si aggirava sugli otto milioni di dollari a film. L’attore accettò l’incarico – perché, disse, voleva lasciare qualcosa ai suoi figli –, con alcune condizioni: non voleva che il personaggio comparisse in più del 25% del materiale pubblicitario di accompagnamento al film, né che la sua voce venisse usata per pubblicizzare prodotti commerciali. La Disney accettò, e da quel leggendario doppiaggio uscirono non le semplici battute previste ma trenta ore di dialoghi improvvisati: il Genio era una vera star, e da personaggio di contorno diventò l’implicito protagonista del cult di animazione. È allora che la Disney disattese gli accordi: la creatura dalla pelle blu finì per occupare circa un terzo del poster del film, e la sua voce, stando all’attore, venne usata per delle pubblicità.
La delusione di Robin Williams e il dono inaspettato
Si racconta che Williams andò a lamentarsi con l’allora presidente della Disney, Jeffrey Katzenberg, che fece aggiornare e sostituire il poster (ma solo in alcune location), e che iniziò a criticare pubblicamente la compagnia californiana. A quel punto, per rabbonirlo e farlo tacere, dalla Disney provarono a inviare all’attore un’opera di Pablo Picasso, che stando a un pezzo del tempo del New York Magazine valeva un milione di dollari, forse sperando di far breccia nel suo cuore di collezionista d’arte.
Questo però non calmò affatto Williams, che chiedeva la giusta compensazione per il suo contributo alla promozione e al successo del film: peraltro, non aveva apprezzato il ritratto e non lo appese mai in casa, optando per regalarlo: questo è il motivo per cui l’opera non compare nel patrimonio artistico che sarebbe andato all’asta quattro anni dopo la sua morte, nel 2018. La cosa si risolse solo quando Katzenberg lasciò la Disney e il suo sostituto, Joe Rhohde, si scusò con Williams: il riavvicinamento permisa la sua apparizione nel terzo film di Aladdin (dopo aver saltato il secondo, in cui il suo ruolo venne assegnato a Dan Castellaneta, doppiatore di Homer Simpson).
Il Picasso donato dalla Disney era un falso?
Rimane però il mistero di che quadro di Picasso si trattasse: secondo il giornalista a Jesse Kornbluth del New York Magazine, era un’opera tardiva di colore opaco tratta “da una serie di autoritratti di Picasso in cui si immaginava come altri artisti; qui è un van Gogh con un orecchio solo”. Un quadro, e una serie, di cui non esistono prove certe, cosa che ha portato a confutare la veridicità dell’opera. Stando a un video del 2020 pubblicato sul canale YouTube Are You Interested?, l’opera sarebbe Pittore con cappello del 1965, ma nessuno è stato in grado di confermare o smentire la sua teoria.
Giulia Giaume
L’articolo "Un Picasso in regalo e amici come prima: storia di quando la Disney tentò di rabbonire Robin Williams" è apparso per la prima volta su Artribune®.