Una vera operazione di pace? Diamo valore alla ricerca scientifica e finanziamola di più
- Postato il 23 maggio 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 1 Visualizzazioni
.png)
di Antonello Pasini*
Le prime parole del nuovo Papa sono state un augurio di pace. Ma viviamo in un mondo sempre più conflittuale, in cui nuove tensioni e focolai di guerra si accendono a macchia di leopardo e dove le ragioni che dividono finiscono spesso per prevalere su quelle che uniscono. In questo contesto, la scienza si presenta oggi come il massimo esempio di cooperazione internazionale, per il suo carattere di impresa globale in cui il continuo confronto e la mancanza di frontiere portano a progressi nella conoscenza che poi, a cascata, inducono applicazioni per il bene comune.
È chiaro che, come in tanti ambiti dell’agire umano, anche nella scienza la competitività è molto alta, ma il fatto di adottare metodi e linguaggi comuni ha come conseguenza che questa non sfoci in una conflittualità con mezzi non corretti, bensì in una sana competizione e ancor più spesso in una cooperazione fattiva per raggiungere risultati migliori.
Il paesaggio della politica internazionale e del rapporto tra Stati, invece, è oggi dominato dagli interessi nazionali e non da un terreno comune di confronto, che pure potrebbe esserci. Penso per esempio alla Dichiarazione universale dei diritti umani, la cui applicazione dovrebbe consentire a tutti di vivere liberamente sulla Terra, dignitosamente e in pace, in armonia con gli altri umani e magari anche con la natura. In particolare, ciò dovrebbe evitare conflitti, migrazioni di massa e la presenza di rifugiati. Questa ricerca di un terreno comune credo sia fondamentale per rendere il mondo un luogo migliore in cui abitare e in tutto ciò l’attività scientifica è sicuramente un esempio da seguire.
Oggi in ambito scientifico, per esempio, non abbiamo quasi mai scienziati che siano “rifugiati”, anche se diversi Enti si stanno muovendo per aiutare ricercatori in difficoltà in Ucraina e Palestina. Invece, la libera mobilità dei ricercatori è molto alta e i Paesi che rendono il loro ambito di ricerca più attrattivo e prestigioso attirano le menti migliori. Non è un caso che, quando le condizioni mutano, anche i flussi di ricercatori possono cambiare: ricordo la recente iniziativa europea per aprire le porte agli scienziati statunitensi, ora che Trump, con le sue politiche sulla ricerca, li ha messi in grande difficoltà.
In questo senso, rispetto al panorama internazionale da noi purtroppo formiamo giovani che sono costretti ad espatriare e, nel contempo, non riusciamo ad attrarre ricercatori dall’estero. Ciò perché in Italia, pur avendo scienziati di punta a livello internazionale, la ricerca soffre di un precariato diffuso e la professionalità dei ricercatori non viene riconosciuta, sicuramente non a livello economico e talvolta neanche come status sociale.
Di fatto, in Università ed Enti di ricerca italiani esistono oggi migliaia di giovani ricercatori precari, con contratti in scadenza e poche speranze di rinnovo o stabilizzazione, che non riescono a vedere il proprio futuro in Italia. È significativo il loro flash mob di qualche giorno fa in cui si sono presentati con le valigie pronte per espatriare: giovani ricercatori italiani ‘in svendita’. Allo stesso tempo, al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) ricercatori senior giudicati idonei per concorso al livello superiore non vi possono passare per mancanza di fondi. Per loro cerchiamo di fare almeno questo piccolo passo: non si giungerebbe ovviamente agli stipendi dei colleghi europei, figuriamoci di quelli statunitensi, ma sarebbe un modo per riconoscere il merito di questi ricercatori e valorizzarne un minimo le competenze.
Recentemente la presidente Meloni ha annunciato che l’Italia aumenterà la percentuale del Pil destinato alla difesa. Se vogliamo veramente compiere un’operazione di pace, rivalutiamo il valore della scienza e finanziamo di più la ricerca, per cui oggi l’Italia impegna una percentuale di Pil che è solo del 1,3% e che risulta di molto inferiore non soltanto a quella destinata alla ricerca dai maggiori Paesi europei, ma anche della media europea. Se poi riuscissimo a dare anche maggiore dignità ai nostri scienziati, giovani e meno giovani, tutto questo andrebbe a beneficio dell’intera comunità nazionale. Le ricadute della ricerca scientifica, infatti, migliorano la nostra vita e la nostra società in ogni ambito.
Occorre assolutamente valorizzare i nostri ricercatori: di questo tema si parlerà in un incontro pubblico lunedì 26 maggio alla sede centrale di Roma del Cnr.
*Fisico del clima, CNR
L'articolo Una vera operazione di pace? Diamo valore alla ricerca scientifica e finanziamola di più proviene da Il Fatto Quotidiano.