UNICAL VOICE – Lockdown e Coronavirus: ladri di gioventù

  • Postato il 19 settembre 2025
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UNICAL VOICE – Lockdown e Coronavirus: ladri di gioventù

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Il coronavirus continua a farsi sentire: i giovani lamentano la mancanza di un pezzo della loro vita che non ritornerà


“Emergenza Coronavirus: sospensione delle attività didattiche dal 5 al 15 marzo, stop ad eventi e via allo smart-working”: questo è quanto risuonava nelle orecchie degli italiani nel 2020, anno che sarebbe passato alla storia come l’inizio della pandemia.  

Preoccupazione, confusione e incertezza sono le prime emozioni a diffondersi tra il pubblico adulto in merito al carattere sconosciuto della malattia. A dimostrare la sua ingenuità è invece la fascia più giovane che tira un sospiro di sollievo alla notizia della chiusura delle scuole. Eppure, trascorse le due settimane, il “ci vediamo domani” diventa un “ci videochiamiamo più tardi”.

Si ha paura del contatto, persino di uscire di casa. Si preferisce il conforto della propria camera e la visione del mondo tramite uno schermo, più sicuro. Le mascherine ffp2 diventano parte del proprio abbigliamento quotidiano. Il telegiornale diventa il momento più atteso per l’annuncio del nuovo D.P.C.M. con annessa scoperta di cosa si potrà e non si potrà fare. E, improvvisamente, quel apparente breve periodo di tempo si estende a due anni.

Il ritorno alla normalità sembra cancellare ciò che è successo, come se tutto fosse stato parte di un incubo. Ma la mente non dimentica davvero, ha solo bisogno di processare quegli eventi che prima avevano fatto parte solo di serie tv distopiche e mai della realtà. Il lockdown e il genoma del SARS-CoV-2 vengono sempre più additati come “ladri di gioventù” in particolar modo da chi allora aveva dai 14 ai 20 anni. 

Giovani e pandemia: il tempo rubato

«Avrei voluto uscire di più, conoscere nuove persone, viaggiare, costruire ricordi tipici della giovinezza senza la costante paura del contagio o delle restrizioni» racconta una ragazza «Mi è mancata la spontaneità: decidere all’ultimo di andare a un concerto, una festa, o semplicemente di abbracciare un’amica senza pensarci. Mi sento un po’  frustrata e triste, perché a volte ho la sensazione di aver perso un pezzo importante di un’età che non torna indietro».

La denuncia riguarda il furto di quegli anni dove tutto è ancora possibile. Si possono fare errori sciocchi come saltare la scuola e non dirlo ai propri genitori o tornare a casa ad un orario diverso da quello citato cercando di non farsi beccare. Prenotare un viaggio come premio post esame senza pensare all’oggi o al domani perché ancora si è troppo giovani per avere l’agenda piena.

Si aspetta il quinto superiore per il pranzo dei cento giorni per concludere al meglio il ciclo delle superiori, tentando di concentrare tutte le energie e i ricordi in quella giornata. È il periodo dei primi baci e primi amori che sembrano poter durare una vita perché è la prima volta che si prova un sentimento forte. Si può sbagliare perché ancora è lecito e non viene sentito il peso della maturità. Eppure, per molti non è solo questo che è venuto a mancare.

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Memorie, paure e ferite ancora aperte

Alcuni dichiarano di essersi imbattuti in situazioni più grandi di loro come la paura di perdere persone della propria famiglia in quanto affette dal covid e ricoverate in ospedale. Il terrore di ricevere una telefonata ha caratterizzato i loro giorni. L’immagine dei loro volti mentre venivano trasportati via non ha lasciato la loro memoria.

Altri invece non hanno avuto la possibilità di stare affianco e/o concedere un ultimo saluto ai propri cari perché erano entrati in contatto con un positivo e dovevano scontare il proprio periodo di quarantena. Il senso di colpa e l’ansia diventano principali protagonisti di queste vicende dove si è solo impotenti, quasi bloccati. 

Si cerca invano una macchina del tempo per poter riparare ai propri errori, per rivivere alcuni istanti o semplicemente per riprendere la vita nell’esatto momento in cui è stata messa in pausa. Sembra che stia solo aspettando che qualcuno prema “play”.

Non sono pochi i ragazzi che affermano di essere rimasti ingabbiati nell’età che avevano allora, come se il tempo fosse trascorso ma loro siano invecchiati in maniera diversa: il numero di candeline non corrisponde effettivamente alla loro maturità intellettiva né agli anni che percepiscono. Si guardano intorno confusi senza sapere bene cosa dover fare tra una società che richiede loro di procedere per tappe e una mente che vorrebbe solo respirare. 

E, forse, è vero che la pandemia ha segnato ogni persona in maniera diversa l’una dall’altra ma ha anche rimarcato qualcosa: il carpe diem. Nulla è scontato. La vita può cambiare dall’oggi al domani e potrebbe non dipendere direttamente da noi stessi. Ogni certezza potrebbe scomparire. Ogni momento può non ritornare. Ma abbiamo ancora il presente. Abbiamo ancora il futuro.

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