“Uno mi ha spedito una lettera per dirmi ‘Guccini, va all’inferno vecchio rimbambito! Per fortuna che c’è Vasco Rossi!'”: lo rivela il cantautore
- Postato il 22 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Francesco Guccini ha pubblicato il romanzo “Romeo e Giulietta 1949” e a La Stampa ha raccontato com’è nata l’idea: “Ho avuto la sventura, diciamo, di passare due mesi all’ospedale, senza potermi muovere dal letto. Mi sono messo a fantasticare, a raccontarmi da solo delle storie, dei personaggi, a costruire l’impianto di una cosa compiuta, che poi quando ho potuto ricominciare a scrivere ho messo sulla carta”.
E ancora: “Questa storia è solo vagamente autobiografica. Sì, il bambino protagonista finisce in una piccola città, ma è un poco più grande di quanto fossi io all’epoca dei fatti, il 1949. Tutto si svolge a Carpi, da dove veniva la famiglia di mia madre, ma dove io non ho dormito nemmeno una notte. È vero che anche la famiglia di mia madre era numerosa e vivevano tutti insieme. Insomma, ho preso degli spunti, ma non ho fatto una vera fotografia”.
I ricordi poi portano il cantautore alla politica: “Ricordo l’atmosfera di quei giorni, il voto per il Referendum Monarchia-Repubblica – ha detto – Quell’atmosfera me l’ha ricordata anche il film di Paola Cortellesi, ‘C’è ancora domani’. C’erano le zie che dicevano alla mamma di stare attenta a non sporcare la scheda elettorale con il rossetto, che altrimenti sarebbe stata invalidata. C’era in mia madre anche il desiderio di dare un voto di classe, perché si sapeva che i signori avrebbero votato per la monarchia, ma i signori non avevano fatto e non avrebbero mai fatto nulla di buono per quelli come noi: anche per questo votò Repubblica”.
E ancora: “Da quel fatidico referendum, il mondo ha subito cambiamenti drastici e la società si è trasformata radicalmente, forse anche a causa dei social. Hanno detto che sui social c’è gente che dice cose terribili di me e questo in qualche modo mi affascina. Ma la cosa più divertente è stata che un tizio si è preso la briga di scrivermi una lettera per dirmi: ‘Guccini, va all’inferno vecchio rimbambito! Per fortuna che c’è Vasco Rossi!’. Cioè, si è preso la briga di prendere un cartoncino, scrivermi, comprare il francobollo per mandarmi a quel paese”.
La storia di “Romeo e Giulietta 1949”
Emilia, 1949. La guerra è finita, anche Francesco ha finito le elementari e la mamma decide di portarlo in visita agli zii di pianura, che lui quasi non conosce avendo trascorso i suoi primi anni in montagna. Lungo una linea ferroviaria che conduce a luoghi misteriosi e affascinanti – la “Modena-Suzzara-Mantova” – madre e figlio giungono in una piccola città ornata da una piazza dai lunghi portici e addirittura da un castello. Qui Francesco, abituato alle scorribande sul fiume e nei boschi, scopre con sbigottimento che invece i suoi parenti abitano in un condominio dotato di moderne comodità ma anche di insospettabili insidie.
Come quella incarnata dai dirimpettai comunisti, guardati con sospetto dallo zio Camillo, che milita per la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi, reduce dalla grande vittoria alle prime elezioni libere del 18 e 19 aprile 1948. La vita di città è poco interessante, gli adulti sembrano intenti solo a lavorare, andare a messa e parlare di politica, fino a che non accadono due cose: al piano terra arriva una nuova famiglia che pare non abbia rinnegato il proprio passato fascista.
E, esplorando le soffitte, Francesco sorprende due inquilini intenti in un’attività sovversiva… In questa novella destinata a diventare un cult Francesco Guccini ci regala un racconto che racchiude tutti i temi a lui più cari – la vita di provincia come specchio autentico di chi siamo, il passato perduto con le sue durezze rese dolci dalla memoria, la limpidezza con cui nel Novecento abbiamo amato, lottato, creduto in un tempo migliore – e li illumina con il suo inconfondibile humour ma al tempo stesso con un sentimento inatteso, lieto e capace di vincere il tempo: l’amore.
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