USA e Israele dichiarano guerra anche all’ONU: il caso Francesca Albanese

  • Postato il 10 luglio 2025
  • Editoriale
  • Di Paese Italia Press
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di Massimo Reina


Gli Stati Uniti non si smentiscono mai: o ti sottometti alla loro propaganda sionista o diventi un “criminale” da distruggere.
Dunque adesso è ufficiale: se osi raccontare ciò che vedi, vieni punito. Se poi ciò che vedi sono crimini di guerra israeliani, e sei così testardamente onesto da non chiudere gli occhi come fanno ONU, UE e USA su commissione, allora addio carriera. Peggio: addio libertà. Francesca Albanese, giurista italiana e Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani nei territori palestinesi occupati, è stata sanzionata dal governo degli Stati Uniti d’America, cioè da chi ogni tre per due si riempie la bocca con parole come “libertà”, “democrazia”, “diritti umani”.
Marco Rubio, falco neocon con il look da chierichetto dell’alt-right, ha annunciato le sanzioni con il tono di chi si aspetta anche un applauso: «Non resteremo a guardare mentre un funzionario delle Nazioni Unite usa la propria posizione per delegittimare e criminalizzare Israele – il cui governo sta compiendo crimini contro l’umanità – e gli Stati Uniti». E certo. Guai a chi osa disturbare il manovratore mentre Gaza brucia.
Perché questo è successo: una funzionaria delle Nazioni Unite ha fatto, per una volta, il suo mestiere. Ha documentato. Ha verificato. Ha scritto. Ha detto che Israele sta commettendo un genocidio. Che gli Stati Uniti lo coprono e lo finanziano. Che i civili palestinesi non sono “effetti collaterali” ma esseri umani.
Apriti cielo
Albanese, da tempo nel mirino della macchina del fango israeliana e dei suoi zelanti zeloti a stelle e strisce, viene da mesi accusata di antisemitismo, apologia del terrore, perfino di essere sul libro paga di Hamas. La colpa? Aver usato parole scomode: apartheid, genocidio, pulizia etnica. Quelle stesse parole che una mezza dozzina di ONG israeliane, centinaia di giuristi e perfino ex generali dell’esercito israelianoripetono da anni.
Ma quando a dirle è una donna, italiana, indipendente, che lavora per l’ONU senza piegare la schiena, scatta il riflesso pavloviano dell’Occidente: zittire, delegittimare, colpire. Il bello — si fa per dire — è che mentre Rubio twittava la sua epica decisione contro l’eretica Albanese, l’esercito israeliano sterminava 300 persone in 48 ore. Centinaia di civili: donne, bambini, giornalisti, medici, ombre in una lista nera di morti che non farà mai notizia sulle tv americane.
Sanzioni a chi denuncia, armi a chi massacra
Ricordiamo che la Corte penale internazionale ha diramato un mandato di arresto internazionale per Netanyahu, Gallant e Deif per crimini di guerra. E che le stragi di innocenti, le deportazioni naziste, sono sotto gli occhi di tutti nell’era di Internet e grazie a quei pochi giornalisti ancora liberi. Quindi non è che ci sia molto da aggiungere.
È questa la democrazia secondo Washington. Francesca Albanese oggi paga il prezzo di aver scelto la verità invece del compromesso. Di aver difeso i diritti umani, non il diritto del più forte. Di aver ricordato che “mai più” non vale solo per alcuni popoli.
E se pensate che questa sia una notizia marginale, svegliatevi: perché oggi tocca a una Relatrice ONU. Domani, magari, toccherà a chi scrive articoli. Poi a chi protesta. E infine a chi osa ancora pensare. Rubio e i suoi complici pensano di aver messo a tacere una voce scomoda. In realtà, hanno solo acceso un riflettore. E stavolta, sulla scena del crimine, ci sono loro.
 

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