Usare i chatbot come surrogati di relazioni reali è una finta soluzione
- Postato il 7 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Sara Gandini e Paolo Bartolini
Il fenomeno IA (Intelligenza Artificiale) è paragonabile a uno tsunami pronto a ridefinire con un impatto epocale il paesaggio complessivo della nostra vita lavorativa e di relazione. Si parla di perdita di posti di lavoro, di modellamento dei modi abituali di pensare e di vivere la quotidianità.
La potenza di calcolo delle macchine IA è smisurata e, ovviamente, ne traggono profitto gli agenti del tecno-capitalismo, che puntano alla digitalizzazione della nostra intera esistenza per motivi economici e disciplinari.
Eppure questa “intelligenza” artificiale ha ben poco di intelligente, anche perché – diciamocelo – non pensa e soprattutto non sente. Le manca l’emotività, che è ciò che ci rende umani, relazionali e unici.
Tuttavia, l’abuso degli assistenti artificiali personalizzati, e in particolare dei chatbot online, sta scatenando una nuova dipendenza specifica, proprio a causa delle carenze relazionali ed emotive della nostra epoca. I più giovani, ma non solo, si intrattengono per ore con questi dispositivi per ottenere attenzione, sentirsi ascoltati e accettati, ricevere suggerimenti e incoraggiamenti.
Stanno nascendo, in risposta a questa deriva, dei forum in rete per disintossicarsi dall’uso smodato dei chatbot.
Si moltiplicano così legami tossici, sempre più stretti, con questi “compagni virtuali”, denunciando l’impoverimento crescente delle relazioni umane in presenza. L’investimento affettivo rivolto a delle macchine è il segno di un cambiamento antropologico in corso di portata imprevedibile. E dare la colpa all’IA è ridicolo.
Se è vero che l’ibridazione tra vita organica/culturale e tecnologie digitali è a uno stadio avanzato e non può essere dissolta in alcun modo, lo è altrettanto l’urgenza di pensare prima di tutto alla causa del deterioramento della qualità dei rapporti umani.
La presa di campo dei chatbot nella vita dei soggetti più fragili e isolati è una forma vicaria di relazione, che si instaura quando le relazioni incarnate e animate sono assenti o assai limitate. La ricerca compulsiva di interazione con questi strumenti colma apparentemente un vuoto di rapporti reali.
In una società individualista, che spinge all’autonomia, anestetizza i conflitti, placa i desideri di relazione con lo shopping o le app per fare sesso anonimo, a consumo, gli assistenti IA si presentano come la possibilità di parola e di ascolto. La classica finta soluzione che, mettendo una toppa, finisce per allargare il buco del disagio.
Questi dispositivi, infatti, si basano su algoritmi incrementali programmati per intensificare la dipendenza: essi restituiscono alla persona ciò che vorrebbe sentirsi dire, rafforzano circuiti di pensieri e immagini sempre uguali, isolano il soggetto dalla rete dei legami reali che, per loro natura, sono talora frustranti.
D’altronde, la differenza dell’altro ci porta a dover fare i conti con la necessità di un incontro umano impossibile da controllare e prevedere. Ma questa è esattamente la sfida delle relazioni che fanno crescere.
Qui cogliamo il punto cruciale del circolo vizioso messo in movimento dall’IA e dagli interessi economici che stanno dietro a queste performance virtuali.
Più la società cade sotto i colpi di una comunicazione mediatica allarmistica e di una politica autoritaria, paternalista e aggressiva (conflitti armati, lavoro precario, disastro ambientale, violenza sulle donne, discriminazioni, razzismo, diseguaglianze sociali che aumentano…), più le persone – prive di un’organizzazione culturale e politica trasformativa – cercheranno risposte che plachino il senso di impotenza e di rabbia, rimanendo dentro il perimetro del sistema stesso, colpevolizzando se stessi e il vicino di casa senza mettere in discussione la società.
Ecco, allora, che la costante accessibilità dei chatbot online può diventare, per un ampio strato di nativi digitali e non solo, l’occasione di un rispecchiamento e di un momentaneo ristoro dalla sofferenza psichica ed esistenziale scatenata dalla civiltà della dismisura e dal suo sistema di guerra.
Non c’è altra strada se non individuare strategie creative che ci proteggano dalla colonizzazione del nostro spazio vitale (anche quello psicologico) da parte di questi strumenti e, al tempo stesso, ci aiutino a usare questi strumenti con senso critico, senza rinunciare alle esigenze emotive e relazionali incarnate.
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