Venezuela, la fabbrica dei droni iraniani e il rifugio per le élites di Teheran: Maduro sfida l’ira degli Stati Uniti
- Postato il 17 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Le élites iraniane potrebbero rifugiarsi a Caracas in caso di crisi o caduta del governo. E alcune proprietà in Venezuela risulterebbero già acquistate dai vertici di Teheran. Alcuni di loro – banchieri, imprenditori e membri dell’Intelligence – hanno già raggiunto il Paese sudamericano dopo i massicci attacchi con cui Tel Aviv ha colpito target strategici e parte dei vertici dello Stato.
Iran, i rischi per l’America – Finora gli Stati Uniti si sono limitati a intervenire in chiave difensiva intercettando anche missili iraniani giunti nello spazio aereo israeliano e dispiegando le proprie navi nel Mediterraneo orientale. A sua volta il presidente Usa Donald Trump non ha negato il “possibile” coinvolgimento di Washington nella guerra. Ma l’ambasciatore iraniano presso le Nazioni Unite, Amir Saeid Iravani, ha denunciato la “deliberata assistenza” Usa nei “crimini e gravi violazioni commessi” dal regime israeliano. Ora le basi militari statunitensi nella regione – insieme a quelle di Parigi e Londra – restano sotto il mirino di Teheran. E non solo. Dal Venezuela – dove l’Iran vanta una crescente presenza militare – il raggio di azione iraniano potrebbe raggiungere il Continente americano sulla sponda sud dei Caraibi, grazie ai droni Mohajer-2, Mohajer-6 e Shahed-131. “Ribadiamo la nostra assoluta solidarietà con la Repubblica Islamica di Iran”, ha detto il presidente venezuelano Nicolas Maduro, unendosi alle dichiarazioni degli alleati Russia e Cina e di altri Paesi. Maduro ha anche rivendicato le sue origini sefardite per denunciare “il conflitto geopolitico” e dire “no al nuovo nazi-sionismo” e chiedere “rispetto al diritto internazionale”.
Iran-Colombia, l’addestramento militare e la fabbrica dei droni (con l’ira Usa) – Fonti militari sostengono che, almeno dal 2018, le Guardie rivoluzionarie alloggiano nella base militare El libertador, usufruendo della logistica militare a disposizione – tra cui gli aerei F-16 e C-130 – e fornendo addestramento alle Forze armate locali, anche in materia di Intelligence e gestione delle informazioni. E la situazione ha destato non poche preoccupazioni nel Pentagono, che nel 2022 ha fornito un dossier dettagliato sulla strategia anti-Usa promossa dagli agenti iraniani in Venezuela e in America Latina. Ma il campanello d’allarme è scattato quest’anno, con la costruzione di una fabbrica di droni a scopo bellico gestita dalle Guardie rivoluzionarie sempre a “El Libertador”. Tra i primi modelli già prodotti vi sono lo Shahed-131, impiegato dalla Russia in Ucraina, e il Mohager 6. Il Venezuela è così diventata l’unico Paese sudamericano in possesso di questi droni. La notizia è stata data a febbraio e ha mandato su tutte le furie il segretario di Stato Usa, Marco Rubio, per il quale Caracas “non è più sotto un governo, ma nelle mani del terrorismo”. “Lo fanno proprio nel nostro emisfero”, ha detto allora Rubio lamentando anche la consegna di “passaporti venezuelani ai militante di Hezbollah”.
Alleanza tecnologica e commerciale – L’11 giugno Teheran e Caracas hanno annunciato un accordo di libero scambio volto a eliminare i dazi reciproci sulle materie prime. Così lo hanno annunciato il viceministro di Commercio dell’Iran, Hamid Dehghan, e il suo omologo venezuelano Johann Álvarez. Nelle stesse è stato annunciato anche il rafforzamento della cooperazione tecnologica tra i due Stati. Gli accordi, che devono essere ancora firmati dalle parti, è uno dei tanti tentativi compiuti da entrambi i Paesi per aggirare le sanzioni Usa e Ue che gravano sulle loro economie. È risaputo che le potenze sanzionate – tra cui Mosca, Pechino, Pyongyang e altri – stringono alleanze relative all’esportazione di petrolio, allo sviluppo di valute digitali alternative al dollaro e alla cooperazione politica e militare. Il tutto in opposizione “all’imperialismo e al multilateralismo”, come affermato nel 2023 dall’allora presidente iraniano Ebrahim Raisi durante un incontro con Maduro.
L’origine con Hugo Chavez – Caracas e Teheran intrattengono relazioni diplomatiche dal 1947, ma la svolta avviene dopo il 1998 con l’elezione del presidente venezuelano Hugo Chávez che attraverso il Socialismo del 21° secolo ha portato il Paese fuori dall’orbita degli Stati Uniti per dar vita a un movimento anti-egemonico che presto si sarebbe esteso in Brasile, Bolivia, Nicaragua e altri Paesi. Da allora, secondo la Banca mondiale, le esportazioni iraniane in America Latina hanno raggiunto il mezzo miliardo di dollari. Sono stati fondati anche ottanta centri culturali iraniani in America Latina. “Dobbiamo salvare l’umanità e porre fine all’Impero americano”, sono le parole pronunciate da Chávez, sempre nei primi anni duemila, all’Università di Teheran, in un discorso programmatico della sua resistenza anti-Usa. Tant’è che il presidente Usa George W. Bush usò l’espressione “asse del male”, spingendoli a fare fronte comune. Si è così costituito, nel cuore delle Americhe, con buona pace della dottrina Monroe, un deterrente piccolo, ma tuttora valido per le azioni belliche degli Usa contro l’Iran e non solo.
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