Viaggio nel distretto padovano dell’argento, dove sono state prodotte le posate per la regina Elisabetta
- Postato il 29 luglio 2025
- Business
- Di Forbes Italia
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Contenuto tratto dal numero di luglio 2025 di Forbes Italia. Abbonati!
Correvano gli anni Cinquanta, i più volitivi della storia d’Italia, quelli di una Repubblica appena nata: sguardo (e mani) alla ricostruzione, alle spalle il ventennio dispotico. Anni di rigoglio in cui la posateria e l’argenteria di Cesa 1882, già fornitrice dei Savoia, venivano scelte per apparecchiare le tavole del Quirinale. Da allora banchetti per capi di Stato e monarchi, da Mikhail Gorbachev alla regina Elisabetta d’Inghilterra, vestono Cesa 1882, da 30 anni nel gruppo Greggio.
Greggio è tra le punte d’Europa nella produzione di argenterie e lega argentata, forte di una filiera verticale che assicura l’italianità dell’intero ciclo produttivo dei marchi che via via ha acquisito, una leadership condivisa con Calegaro.
Padova, territorio vocato all’argento
Abbiamo appena menzionato le più brillanti realtà di Padova, territorio vocato all’argento, come dimostra l’alta concentrazione di aziende che hanno tratto la propria ragion d’essere dal metallo brillante e bianco, come indica la radice greca ‘argos’. Si va da Bragagnolo a Zaramella, Zanetto, Bicama, Varotto.
La Calegaro, fondata nel 1921 con il marchio 4PD, divenne la prima azienda di argenteria e quarto produttore di metalli preziosi di Padova. Fioriva su sprone della Basilica di Sant’Antonio, che già nel Medioevo aveva al suo interno un atelier di artigiani argentieri: il motore del fermento di poi. Il celebre, poi trafugato, Mento di Sant’Antonio, per esempio, è custodito nel reliquiario creato in queste botteghe. Lo stesso dicasi di altri manufatti pensati per arricchire la basilica che nei secoli ha saputo calamitare grandi artisti. Su tutti Angelo Scarabello, tra le punte della cultura argentiera veneta, che, consapevole di tanta maestria, soleva incidere sulle produzioni il monogramma As inframezzato da una stella. La sua bottega aveva quale tratto distintivo un angelo inginocchiato di profilo, chiara allusione al nome.
Con il tempo le imprese padovane hanno diversificato i prodotti, aprendosi anche alla gioielleria, agli articoli da regalo e via discorrendo, ma il focus è rimasto sui complementi d’arrendo della tavola, sede del trionfo degli argenti. Diversificazione dettata dai nostri tempi del qui e ora, dall’assillo di una velocità che è cattiva consorte dell’eleganza incarnata dall’argento. Di tutto questo ha risentito la vestizione della tavola, che, con le dovute eccezioni, ora tende al casual, quindi tra il semplificato e lo sciatto.
È per la nicchia innamorata dell’eleganza classica che producono aziende come la Calegaro, nata per assecondare il ritorno ai piaceri del buon vivere dopo il buio del conflitto mondiale. Anni ruggenti e inquieti di una borghesia più che mai assetata di feste e di incontri mondani, ritratti impietosamente da Alberto Moravia nel romanzo Gli indifferenti.
Tendenze tornate in auge nel secondo dopoguerra e nuovamente in declino con il nuovo millennio, tutt’uno con mutati stili di vita. Proprio negli anni Ottanta e Novanta a Padova si era toccato l’apice del settore. Possedere l’oggetto in argento era uno status symbol, non c’erano matrimoni, battesimi, comunioni in cui la bomboniera non fosse in argento, era l’epoca in cui prosperavano storiche imprese e ne fiorivano nuove, spesso per gemmazione e volontà di artigiani che si mettevano in proprio.
I protagonisti del settore
Era la fase, per esempio, in cui Calegaro avviava collaborazioni con marchi del lusso, da Georg Jensen a Rolex, Maserati, Bulgari, Hermès, Riva, conquistando i palcoscenici di Harrods a Londra e Bergdorg & Goodman a New York. Decenni in cui Greggio assorbiva realtà storiche, come Cesa 1882. È intrigante la storia di questo gruppo con quartier generale a Sarmeola di Rubano, un centinaio di dipendenti e 10 milioni di fatturato. Veniva fondato nel 1948 da Rino Greggio (scomparso nel 2013), un giovanotto che si era fatto le ossa nel laboratorio di un argentiere padovano e che dopo la guerra, con le 21 lire racimolate con la vendita della bicicletta, aveva sfidato la sorte acquistando il primo chilo d’argento.
La sorte premiò tanta audacia: già nel 1968 prendeva forma il marchio Olri, poi Greggio Lega Argentata. Nel frattempo il gruppo avrebbe inglobato altri marchi: da Ricci Argentieri a Masini Firenze, Dogale Venezia.
Simile storia di imprenditoria precoce è quella di Bernardo Zanetto, subito affascinato dai laboratori dei maestri dell’argento padovano. Si racconta che sostava ore davanti alle finestre di una storica bottega, un po’ come il bimbo Totò (proiezione di Giuseppe Tornatore) alla cabina di regia nel film Nuovo Cinema Paradiso. L’attrazione fatale portò Bernardo a essere assunto nella bottega tanto osservata, ma già dopo i 17 anni ne creò una tutta sua. La vera azienda nasceva nel 1968, concentrata su posateria e complementi per la tavola, per poi allargarsi ad articoli da regalo e gioielli. Oggi provvede anche alla riparazione.
È in provincia di Padova anche Bicama, attiva dal 1985 e oggi condotta dal figlio del fondatore, Filippo Bilato, titolare dal 2012 e maestro artigiano. Ha sede a Cadoneghe e produce oggetti in argento, combinando le tecniche tradizionali con le nuove tecnologie, alta manifattura contraddistinta dal marchio 262PD. Tra le più storiche c’è Zaramella Argenti, classe 1948, mentre è del 1978 la Bragagnolo, nell’antico borgo di Cittadella.
Questioni di sopravvivenza
Oggi, spiega Micol Cavatton, responsabile marketing di Greggio, “i gusti dei clienti sono notevolmente cambiati per abitudini, modo di vivere ed esigenze. Le grandi aziende del distretto si sono dovute ridimensionare e i piccoli artigiani hanno chiuso o sono stati accolti nelle realtà produttive più strutturate. Anche il passaggio generazionale non ha aiutato: le nuove generazioni evitano il lavoro artigianale, preferendogli quello amministrativo”.
Anche la Calegaro, alla seconda generazione, ammette che “solo le aziende che hanno saputo evolversi, per esempio acquisendo macchinari di ultima generazione e investendo sulla formazione dei dipendenti”, sono sopravvissute alla seleziona darwiniana. “Negli anni di grande produzione molti dipendenti si misero in proprio, conducendo un’attività che, terminata la grande spinta produttiva, si trovò in difficoltà”. E così: giù le serrande. E il marchio 4PD, quarto produttore di argento a Padova, è di fatto il più antico, poiché le tre aziende precedenti non esistono più.
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