Von der Leyen annuncia solo ora sanzioni per alcuni ministri israeliani: l’Europa è lenta e pavida

  • Postato il 10 settembre 2025
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di Paolo Gallo

Ursula von der Leyen ha parlato. Dopo mesi di silenzio imbarazzante e di timide dichiarazioni da nota stampa, la Presidente della Commissione europea ha finalmente annunciato sanzioni contro alcuni ministri israeliani e la sospensione parziale dell’accordo di associazione con Israele. Applausi a Strasburgo, titoli sui giornali, l’Europa “ritrova la voce”. Peccato che quella voce arrivi come un’eco distante, coperta dal rumore assordante di settemila, ventimila, trentamila… fino a settantamila morti. Un’eco che arriva quando la tragedia ha già scavato crateri di sangue e disperazione.

Sarebbe stato necessario agire subito, quando la spirale di violenza era già evidente, quando le bombe cadevano su ospedali e scuole, quando le agenzie umanitarie denunciavano la catastrofe imminente. Invece no: Von der Leyen ha preferito la calma olimpica, lo stile “signora delle cerimonie”, più preoccupata di non incrinare la fragile armonia delle cancellerie europee che di fermare l’emorragia di vite a Gaza. Oggi, con tono grave, scopre che “l’anima stessa del diritto internazionale è sotto attacco”. Benvenuta alla realtà, Presidente. Peccato sia un funerale, non un convegno.

E non è nemmeno coraggio pieno, quello mostrato a Strasburgo. Le sanzioni sono limitate a ministri “estremisti” e a qualche colono fanatico, mentre i rapporti con la società civile israeliana rimangono intatti. Tradotto: un colpetto di righello sul banco, dopo che la casa è già bruciata. Non è politica, è maquillage. È la versione diplomatica del “meglio tardi che mai”, che però suona come “inevitabilmente tardi”.
Ipocrisia. Invocare il cessate il fuoco a tragedia consumata, quando per mesi si è lasciato campo libero, non è gesto di leadership: è un’ammissione di colpa.

Von der Leyen ha scelto la via più comoda, il tempismo perfetto per salvare (forse no) la faccia senza disturbare troppo l’alleato di turno. Il risultato? L’Europa appare ancora una volta lenta, pavida, paralizzata dal proprio bisogno di consenso interno. Mentre a Gaza restano solo macerie, fame e morte.

Se questa è la “svolta europea”, allora non c’è nulla da festeggiare. Anzi: c’è da chiedersi se la prossima volta Bruxelles riuscirà a muoversi prima che sia la Storia, con il suo carico di cadaveri, a costringerla a parlare.

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Il Fatto Quotidiano

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