Arezzo dedica una doppia mostra al grande artista Marino Marini

Dopo la mostra dedicata ad Afro Basaldella, Arezzo prosegue l’indagine sul Novecento italiano dedicando un’ampia monografica a Marino Marini (Pistoia, 1901- Viareggio, 1980). 
Ospitato negli spazi della Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea e della Fortezza Medicea fino al 2 novembre 2025, Marino Marini. In dialogo con l’uomo riunisce oltre 100 opere tra dipinti e sculture accompagnando il pubblico nella ricerca dell’artista.
Il progetto espositivo ha visto prestiti importanti provenienti dal Museo Marino Marini di Firenze e la Fondazione Marino Marini di Pistoia, consentendo una lettura articolata della ricerca dell’artista, partendo dagli Anni Dieci fino ai Sessanta. Volevamo saperne di più e abbiamo fatto qualche domanda ai curatori Alberto Fiz e Moira Chiavarini.

Marino Marini. In dialogo con l'uomo. Courtesy Fondazione Guido d'Arezzo
Marino Marini. In dialogo con l’uomo. Courtesy Fondazione Guido d’Arezzo

Intervista ai curatori Alberto Fiz e Moira Chiavarini

Quali sono gli aspetti che contraddistinguono i percorsi espositivi ospitati nelle due sedi?
Marino Marini. In dialogo con l’uomo si sviluppa in due distinte sedi in un percorso che conta più i cento opere, provenienti dalla Fondazione Marino Marini di Pistoia e dal Museo Marino Marini di Firenze, con obiettivi di ricerca e di restituzione visiva differenti. Alla Galleria Comunale d’Arte Moderna e Contemporanea di Arezzo l’esposizione si dispiega su entrambi i livelli del museo e ospita il disegno, la pittura, la scultura (non solo bronzi, ma anche gessi, legni, terrecotte), ripercorrendo le serie e le fasi più importanti dalla ricerca di Marino Marini, dalle opere ispirate all’antico alle Pomone, dai lavori dedicati al tema del teatro ai celebri Cavalli e Cavalieri e poi fino ai Miracoli, ai Gridi, ai Guerrieri e alle composizioni più sintetiche degli ultimi anni.

La vicinanza della Galleria Comunale alla Chiesa di San Francesco (e agli affreschi della ‘Leggenda della Vera Croce’ di Piero della Francesca) crea un dialogo inedito anche con il Maestro rinascimentale…
Sì, infatti il percorso espositivo parte proprio da un disegno di Marino in prestito dalle Gallerie degli Uffizi, Zuffa di cavalieri, a conversare, idealmente, con le celebri battaglie di Piero della Francesca del primo ordine della Cappella Bacci, anticipando, in un serrato rimando tra pittura e scultura, i lavori più maturi.

E nella Fortezza Medicea?
Nella sede della Fortezza Medicea, invece, i grandi bronzi di Marino Marini si relazionano con l’architettura imponente ed elegante progettata da Antonio da Sangallo il Giovane. La luce naturale e il colore carnicino dei mattoni accolgono le opere di Marini, accentuando la sensualità e il dettaglio di superficie delle Pomone, l’atmosfera evocata dai Cavalli e Cavalieri e la drammaticità delle opere plastiche dei periodi successivi, laddove la figura progressivamente si sfalda e si apre a un confronto serrato con il dramma della storia.

Marino Marini. In dialogo con l'uomo. Courtesy Fondazione Guido d'Arezzo
Marino Marini. In dialogo con l’uomo. Courtesy Fondazione Guido d’Arezzo

Le opere di Marino Marini in mostra ad Arezzo

Tra le oltre cento opere riunite, quali sono i lavori che hanno segnato una svolta nella ricerca di Marino Marini?
Il lavoro di Marini va analizzato nella sua integrità non sarebbe opportuno delimitare la sua indagine a un determinato periodo storico. Appare evidente che la sua ricerca sulla forma raggiunga il massimo equilibrio tra la fine degli Anni Quaranta e l’inizio degli Anni Cinquanta. È quella la fase dove l’architettura della sua opera si compie alla perfezione e in tal senso sono esposti in mostra due capolavori come Cavaliere del 1947, una grande scultura in cemento che viene posta in dialogo con un altro Cavaliere del 1949-1950, lo stesso periodo de L’Angelo della Città la scultura forse più nota di Marino Marini, quella della Collezione Guggenheim di Venezia rivolta verso il Canal Grande.

Qual è l’aspetto più significativo del progetto espositivo?
Il ruolo fondamentale assunto dalla pittura che, nel nostro progetto espositivo, ha la medesima rilevanza dell’arte plastica. Sono molti i dipinti straordinari come Giocolieri del 1954 o Emozione del gioco datato 1967-1968 da cui emerge la tensione vitalistica di Marino che ha fatto del circo una metafora della sua arte. Ad attrarlo sono soprattutto acrobati, danzatori e giocolieri, figure sospese in perenne tensione.

Nell’ambito della pittura quali sono le opere più significative?
Rimanendo nell’ambito della pittura, non si possono trascurare due opere giovanili, Le Vergini del 1916, realizzata ad appena quindici anni, che ha come diretto riferimento l’arte di Piero della Francesca e Autoritratto del 1929, una composizione per nulla magniloquente dipinta con pochi tratti essenziali da cui emerge lo sguardo critico di Marino anche verso sé stesso. Al ritratto è riservata una sezione importante della rassegna con opere dedicate a molti amici artisti come Jean Arp, Marc Chagall, Filippo de Pisis, Massimo Campigli, oltre a un omaggio al musicista russo Igor Stravinskij. Ma non mancano nemmeno i ritratti dedicati a Marina, moglie e musa di Marino. Marina, in realtà̀ pseudonimo di Mercedes Pedrazzini, ma il loro sodalizio appare esplicito sin dal nome che Marino ha voluto per lei. Si sono sposati nel 1938 e in mostra compaiono due ritratti in bronzo del 1940 che sembrano rifarsi a modelli di carattere ellenistico. Sono tra le poche immagini idealizzate di Marino che generalmente è assai severo con i suoi modelli tanto che Marc Chagall ruppe con lui l’amicizia proprio dopo la realizzazione del suo ritratto.

Quando invece raggiunge l’apice?
Quando va oltre la perfezione formale dei suoi Cavalli e Cavalieri ed entra in un contesto caratterizzato da tensioni, drammi e disarcionamenti. A partir dal 1952, Marino cambia registro e raggiunge uno dei vertici della sua ricerca con la serie dei Miracoli emblematicamente rappresentata in mostra da una monumentale scultura in bronzo del 1952. L’equilibrio si sfalda e si entra in un contesto di assoluta precarietà Come afferma Marino “l’idea parte sino a distruggersi e la scultura vuole andare in cielo, vuole bucare la crosta terrestre, vuole addirittura andare nella stratosfera”. Sembra di leggere il Manifesto dello Spazialismo scritto da Lucio Fontana qualche anno prima. Con queste sculture Marino rompe gli argini e non a caso nelle sue ultime opere della fine degli Anni Sessanta giunge alla sintesi estrema tracciando linee intese come simulacri di un’indagine dove la figura rimane solo un’idea concettuale.

Ci spieghi meglio…
I Miracoli del resto, come successivamente I Gridi, stravolgono completamente la relazione con lo spazio e sconfinano in un altrove dove i limiti vengono scalfiti. In mostra tutto questo viene analizzato attraverso la duplice matrice scultorea e pittorica, come se i due media s’inseguissero sino a deflagrare. Basti pensare a Composizioni di elementi o a Il Grido, due grandi tempere su carta intelata del 1966 dove si assiste a un vero e proprio crash: cavallo e cavaliere sono i due poli opposti della composizione in lavori che suggeriscono un confronto con la Guernica di Picasso.

Il dialogo tra Marino Marini e l’uomo contemporaneo

La sua è la capacità di cogliere un tempo interiore dove inquietudine e sofferenza non si placano. Come prende forma questa dimensione intima nel linguaggio pittorico e scultoreo? Qual è il dialogo che (oggi) Marino Marini instaura con l’uomo?
Il tempo interiore è a ragion d’essere della sua ricerca. Marino sceglie un tema totalmente inattuale che ha radici storiche molto antiche e spesso è stato occasione di monumenti celebrativi. Ma lo disarciona dalla retorica memorialistica per proiettarlo verso una dimensione contemporanea profondamente esistenziale. Il cavallo non è più forza ma caos; il cavaliere non è più eroe ma uomo con tutte le sue fragilità insicurezze. Quello che gli interessa è individuo con i suoi drammi e le sue sofferenze rispetto a opere che ci coinvolgono ed emozionano per la loro materia palpitante: “Marino dà alla forma una sostanza illimitatamente umana”, ha scritto Giulio Carlo Argan centrando perfettamente la questione. Questo aspetto si evidenzia in particolare dagli Anni Cinquanta, ma percorre tutta la sua ricerca che, non a caso, insegue la componente germinale, quel non detto o ciò che non è ancora completamente espresso che ritrova nell’arte etrusca, assai più stimolante rispetto a esperienze già codificate come l’arte greca o romana. Il suo desiderio di andare alla radice si evidenzia sin dagli Anni Trenta con la serie delle Pomone ben rappresentata in mostra come conferma la presenza di una ieratica Pomona in bronzo del 1935. Il riferimento è alla dea romana dei frutti e dell’abbondanza ma per Marino la mitologia è solo un pretesto per creare figure carnali che diventano simboli della femminilità. Marino Marini è insieme ad Alberto Giacometti, il più importante scultore figurativo del Novecento ma non ha allievi in quanto il suo stile così lucido ed essenziale, appare inimitabile.

Valentina Muzi

L’articolo "Arezzo dedica una doppia mostra al grande artista Marino Marini" è apparso per la prima volta su Artribune®.

Autore
Artribune

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