Attentato in Kashmir, sale la tensione: l’India espelle i pakistani dal 29 aprile. “Rischi per la stabilità della regione”

  • Postato il 24 aprile 2025
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Sale la tensione tra India e Pakistan dopo l’attacco avvenuto martedì a Pahalgam, nel Kashmir – regione da anni contesta tra i due Paesi – nel quale sono morte 26 persone. Nuova Dehli accusa Islamabad di sostegno al terrorismo e oggi il ministero degli Esteri indiano ha affermato che tutti i cittadini pakistani in India devono lasciare il paese entro il 29 aprile, poiché tutti i visti saranno revocati a partire da domenica, consigliando inoltre ai cittadini indiani di non recarsi in Pakistan. Il ministro degli Esteri indiano, Vikram Misri, mercoledì sera ha annunciato che ad alcuni diplomatici pakistani è stato chiesto di lasciare Nuova Delhi e che alcuni diplomatici indiani sono stati richiamati dal Pakistan. Le missioni diplomatiche in entrambi i Paesi ridurranno il loro personale da 55 a 30 unità a partire dal 1° maggio e l’unico valico di frontiera terrestre funzionante tra i due Paesi sarà chiuso.

La risposta di Islamabad non si è fatta attendere. In una riunione del Comitato per la Sicurezza Nazionale presieduta dal primo ministro Shehbaz Sharif è stato deciso di “sospendere tutti gli accordi bilaterali con l’India inclusi, a titolo esemplificativo, gli accordi di Simla” firmati nel 1972 e che hanno messo fine alle ostilità tra i due Paesi. E’ stato inoltre chiuso lo spazio aereo pakistano alle compagnie aree indiane. L’ufficio del premier ha annunciato anche “la chiusura del valico di confine di Wagah con effetto immediato” e la sospensione di tutti gli scambi commerciali con Nuova Delhi. “Annullati con effetto immediato tutti i visti rilasciati ai cittadini indiani”, con una “eccezione dei pellegrini religiosi Sikh”.
Il Pakistan ha quindi dichiarato i consiglieri indiani per la Difesa, la Marina e l’Aeronautica a Islamabad “persona non grata” ordinando loro di lasciare il Paese immediatamente e non oltre il 30 aprile.

Ora il timore è che si arrivi a uno scontro militare tra due Paesi, dotati entrambi di armi nucleari, e che questo porti a una destabilizzazione della regione. Perché secondo gli analisti la domanda non è se ci sarà una risposta militare da parte dell’India, ma quando questa avverrà. In relazione all’attentato, l’India ha accusato il Pakistan di sostenere gruppi terroristici nella regione, dopo che il Fronte della Resistenza ne ha rivendicato la responsabilità. Durante un discorso nello stato nordorientale del Bihar, il primo ministro indiano Narendra Modi ha promesso di perseguire gli aggressori “fino ai confini della terra”. E parlando in inglese, invece che in hindi, ha detto che “l’India identificherà, rintraccerà e punirà ogni terrorista e i suoi sostenitori”. Perché “lo spirito dell’India non sarà mai spezzato dal terrorismo. Il terrorismo non rimarrà impunito. Verrà fatto ogni sforzo per garantire che giustizia sia fatta. L’intera nazione è determinata”.

Prima di annunciare il ritiro dei visti, Nuova Dehli aveva già sospeso l’accordo del 1960 che stabilisce le modalità di utilizzo delle acque del fiume Indo e dei suoi vari affluenti, che attraversano India e Pakistan e passano per il Kashmir. “Declassare i rapporti diplomatici e sospendere il Trattato sulle acque dell’Indo non fa ben sperare per la stabilità della regione”, ha affermato Fahd Humayun, professore associato di scienze politiche alla Tufts University. “Non solo la sospensione costituisce una violazione degli obblighi derivanti dai trattati internazionali, ma il diritto all’acqua in quanto paese rivierasco è visto dal Pakistan come una questione di sicurezza nazionale e la sua sospensione sarà interpretata come un’azione belligerante”, ha aggiunto. Ieri il ministro dell’Energia pachistano Awais Leghari ha definito l’iniziativa “un atto di guerra“, sottolineando che “ogni goccia ci appartiene di diritto e la difenderemo con tutte le nostre forze: legalmente, politicamente e a livello globale”.

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