I 500 anni dalla morte di Andrea Della Robbia, il maestro della terracotta che ha cambiato la storia dell’arte. Chi se lo ricorda?
- Postato il 24 luglio 2025
- Cultura
- Di Il Fatto Quotidiano
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Sempre in cerca di una “visibilità” che disegno, pittura e scultura mantengono inalterata, la tecnica della terracotta invetriata si affermò dal 1440 in poi grazie al fiorentino Luca Della Robbia, primo di una genealogia di artisti che ancora oggi continua a sbalordire il mondo dell’arte con creazioni – universalmente note come “robbiane”, affascinanti nella loro originalità e lucentezza – che talvolta risultano inedite, nonostante siano trascorsi cinque o sei secoli dalla loro realizzazione. Questo genere di tecnica prevedeva la creazione di un rilievo di terracotta che veniva poi rivestito con della ceramica policroma e lucente, simile a quello della maiolica, ma più sofisticato. Se a Luca Della Robbia (inizialmente uno scultore) si deve l’invenzione della tecnica, è suo nipote Andrea Della Robbia (molto più legato alla pittura) il vero responsabile della diffusione del successo della terracotta invetriata. E dal momento che il 4 agosto saranno trascorsi esattamente 500 anni dalla morte di Della Robbia (nipote), c’era da aspettarsi fior di iniziative, soprattutto nella natia Firenze.
Ma siccome nemo propheta in patria, per celebrare degnamente lui e la sua arte, allo stato attuale è nota solo un’iniziativa in programma il 13 agosto a Santa Fiora, borgo di meno di 3mila anime sul versante maremmano del Monte Amiata, nella cui Pieve delle Sante Flora e Lucilla è conservato il trittico con l’Incoronazione della Vergine, le Stimmate di San Francesco e San Girolamo penitente, opere realizzate intorno al 1464 e che rappresentano l’avvio dell’attività artistica da “solista” di Andrea Della Robbia.
Per meglio delineare la figura dell’artista, che francamente meriterebbe più attenzione, ci siamo rivolti allo storico dell’arte ed esperto di scultura in terracotta, Giancarlo Gentilini. “Non mi sorprende che in pochi, pochissimi si ricordino di Andrea Della Robbia e sono contento che almeno a Santa Fiora se ne celebri la memoria – afferma lo studioso – perché le sue opere conservate nella locale pieve rappresentano autentici capolavori, testimonianze degli esordi della sua arte”. Si tratta di opere che permettono anche diverse chiavi di lettura dimostrando che la storia dell’arte è prima di tutto un affermarsi delle idee degli uomini: “Quelle opere di Santa Fiora – aggiunge Gentilini – sono il risultato della tecnologia applicata all’arte del primo Rinascimento, perché la qualità degli smalti dei Della Robbia, quasi non riproducibile neanche oggi, era un’espressione identitaria dove scienza e arte andavano a braccetto. Dietro quelle opere vi era un mondo di artisti che quotidianamente frequentava persone che avevano competenze tecnologiche, chimiche etc..”.
Anche sul fatto che l’arte dei Della Robbia sia spesso schiacciata da altre espressioni artistiche Gentilini spiega che “è vero, e lo si capisce dalle mostre che si son dovute fare fuori dalla ‘patria’ di quelle opere, cioè a Fiesole e ad Arezzo, così come anche a Boston negli Stati Uniti, in Francia a Sèvres dove evidentemente le attenzioni sui Della Robbia sono più alte che da noi”.
Un altro aspetto riguarda i vari personaggi della dinastia, perché oggi la storia dell’arte riconosce ad Andrea Della Robbia meriti diversi da quelli di Luca, il capostipite: “Questi fu il primo – dice l’esperto di terrecotte – ma Andrea sperimentò nuove tipologie di opere, come le pale d’altare, gli stemmi, dando fortissimo impulso alla diffusione dell’arte anche a livello internazionale. Andrea adottò le tecniche di seriazione, con stampi, forme, a tal punto che Vasari definì le opere di Andrea ‘infinite’ – nel numero evidentemente – e non a caso ne vengono scoperte di inedite assai spesso, come un tondo di una bellezza travolgente entrato di recente in un museo di Houston e acquistato presso un antiquario spagnolo di Barcellona. Un’altra opera bellissima invece è finita ad Abu Dhabi“. Considerato che quest’anno in cui si celebra il cinquecentenario dalla morte di Andrea Della Robbia non vi saranno mostre a lui dedicate, non ci resta che fare il contrario, cioè andare a cercare fisicamente i nuclei più significativi e consistenti di sue opere in chiese e musei. E volendo vedere le più belle, dove dovremmo dirigerci?
“Tenendo fuori quei luoghi che conoscono un po’ tutti, come il portico degli Innocenti e la collezione del Bargello a Firenze, in Toscana potremmo partire proprio da Santa Fiora – conclude Gentilini -; poi mi dirigerei al Santuario della Verna, nel cuore del Parco Nazionale delle Foreste del Casentino, dove si può ammirare un nucleo di almeno una decina di capolavori. Quindi direi a Prato dove, nella chiesa di Santa Maria delle Carceri, si trovano gli Evangelisti che Lorenzo il Magnifico commissionò ad Andrea Della Robbia. Anche fuori della Toscana non c’è che l’imbarazzo della scelta. Fra le più importanti direi Assisi (il Trittico Baglioni e la statua di San Francesco in Santa Maria degli angeli), Venezia (volta della Cappella dei Fiorentini in San Giobbe), la Sicilia dove ci sono diverse opere bellissime (come la grande Natività a Militello, la Madonna col bambino a Trapani etc.), a L’Aquila (la Resurrezione in San Bernardino) e in molte altre località”.
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Nella foto in alto | A sinistra un Tondo di Andrea della Robbia esposto al Louvre; a destra l’artista in un ritratto di Andrea del Sarto (crediti: Sailko/Wikipedia)
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