I dimenticati dell’arte. La storia irregolare del giornalista Gian Carlo Fusco
- Postato il 3 agosto 2025
- Editoria
- Di Artribune
- 3 Visualizzazioni

È stato definito “esploratore del sottosuolo”: mai definizione fu più azzeccata per parlare di un personaggio al di là di ogni schema o confine, che, secondo Natalia Ginzburg, “si inventava la vita giorno per giorno, sovrapponeva i fatti, li cancellava, li ricreava”. Professioni del signore? Tante e contraddittorie: dal pugile al buttafuori, dal ballerino di tiptap al radiotelegrafista, dal giornalista all’attore fino allo scrittore. Si sta parlando di Gian Carlo Fusco (1915-1984), balzato di recente agli onori della cronaca grazie al libro di Raffaele Capparelli Gian Carlo Fusco: il giornalista affabulatore, pubblicato da Pacini Editore.
Chi era Gian Carlo Fusco
Figlio dell’ufficiale della Marina Militare Carlo Vittorio Fusco e di Frida Adele Queto, da bambino si nutre dei racconti degli ufficiali colleghi del padre, ma in cuor suo desidera diventare pugile. Frequenta l’ambiente equivoco delle palestre per allenarsi, ma nel corso di un match viene colpito in faccia e perde in un sol colpo tutti i denti. Così la madre lo porta da uno specialista a Torino, che gli impianta una preziosa dentiera. Non solo con la boxe ma nemmeno con gli studi è fortunato: viene iscritto dai genitori prima al Real Collegio di Lucca, seguito dai corsi da privatista a Carrara, ma non arriva al diploma. In compenso, ama molto le donne, e le sceglie irregolari come lui: a 17 anni scappa a Marsiglia per inseguire una ballerina di varietà, dopo aver venduto a prezzi stracciati l’importante collezione di francobolli del nonno Alessandro. Tornato l’anno seguente nella sua città natale La Spezia, Gian Carlo comincia a pubblicare su alcuni quotidiani brevi racconti, mentre frequenta in maniera assidua i bordelli cittadini come la Suprema, per i rampolli dell’alta società, il Triangolo per i borghesi e il Minestrone, per portuali e operai.
Il libro Quando l’Italia tollerava di Fusco
Le loro diverse atmosfere rimangono impresse nella memoria di Fusco, che le racconterà nel libro Quando l’Italia tollerava, pubblicato nel 1965: una raccolta di testimonianze di autori diversi riunite sette anni dopo la chiusura delle case chiuse, ad opera della legge Merlin. Nel 1935 Fusco pubblica il suo primo libro, Biancheria, che il fascismo censura perché lo considera “disfattista”. Pochi anni dopo è impegnato come telegrafista sul fronte albanese, mentre alla fine della guerra è a Viareggio, segretario dell’attore Ermete Zacconi e protagonista della vita mondana della Versilia come mattatore ai tavoli dello Zio Tom, il locale dove si incontrano i principi Alessandro e Mario Ruspoli, il regista Mario Monicelli, il critico Cesare Garboli, gli attori Maria Melato e Vittorio Gassmann. Poco dopo si trasferisce a Milano, dove fa mille mestieri diversi (l’agitatore politico, il ballerino, perfino il fachiro) per poi approdare al giornalismo grazie alla stima di Manlio Cancogni.Nel 1949 lo troviamo nella redazione de L’Europeo, dove Camilla Cederna lo descrive con queste parole: “più o meno un barbone, senza denti, con un fil di ferro al posto della cintura dei pantaloni”.
Il giornalismo per Fusco
Dopo aver collaborato con testate come Il Mondo e L’Espresso, nel 1956 Gaetano Baldacci direttore del nuovo quotidiano Il Giorno, gli offre la rubrica giornaliera La colonna, dove racconta l’Italia che cambia. In veste di scrittore di costume pubblica diversi volumi come La rosa del ventennio (1959), La guerra in Albania (1961), Gli indesiderabili (1962) – un ritratto della malavita italo americana – e Papa Giovanni (1972), un saggio biografico sul pontefice Giovanni XXIII. Nel 1974 dà alle stampe Duri a Marsiglia, un racconto della vita nei bassifondi di Marsiglia, mentre negli stessi anni lavora come attore in diverse pellicole: memorabile il suo ruolo di militare sardo e irregolare in Vogliamo i colonnelli (1973) girato da Mario Monicelli. Nel 1984 muore al Gemelli di Roma per un tumore al cervello: sta per essere sepolto in una fossa comune quando gli amici più cari organizzano il suo funerale nella chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo, ripetuto poi, grazie all’impegno della famiglia, a Forte dei Marmi, dove è sepolto il “giornalista affabulatore”.
Ludovico Pratesi
Libri consigliati:
(Grazie all’affiliazione Amazon riconosce una piccola percentuale ad Artribune sui vostri acquisti)
L’articolo "I dimenticati dell’arte. La storia irregolare del giornalista Gian Carlo Fusco " è apparso per la prima volta su Artribune®.