“In vetta siamo scoppiati in lacrime, dopo 4 giorni di scalata e due notti trascorse appesi alla parete, sembrava impossibile”: la storica conquista del Jannu Est in stile alpino, il “modo più elegante possibile”

Cade lo Jannu Est“: uno che legge distrattamente potrebbe pensare a un crollo, perché le parole son beffarde. È “caduto”, come a dire che lo hanno raggiunto, preso. Due francesi, Benjamin Védrines (anni 33) e Nicolas Jean (anni 26), hanno messo il cappello – o la bandiera – sulla prima ascensione della storia del Jannu Est e l’hanno fatto aprendo una nuova via sulla parete nord (l’hanno chiamata Le Sommet des Pieux), in stile alpino. Citiamo Gripper: “La riuscita di Védrines e Jean segna la fine di una delle più lunghe attese dell’alpinismo moderno. Il Jannu Est entra finalmente nella storia, salito nel modo più elegante possibile”.

Lo Jannu Est – Intanto, se diciamo Jannu parliamo di una montagna chiamata anche Kumbhakarna o Phoktanglungma (uno capisce quasi subito come mai, a queste latitudini, si preferisca scrivere e pronunciare ‘Jannu’). Siamo nel Nepal dell’est, massiccio del Kangchenjunga. Andando a fare uno zoom immaginario, la parte che ci interessa è il sottogruppo chiamato Jannu Est che, fino all’impresa dei due francesi, era una delle ultime grandi montagne inviolate dell’Himalaya, quota intorno ai 7 468 m. Parliamo di un santuario di ghiaccio e neve, con dislivelli molto grandi su pareti esposte. Per dirla come ha fatto Jon Krakauer – sull’Everest però – “c’erano parecchie ragioni per non andare lassù, tentare di scalare è un atto irrazionale di per sé, un trionfo del desiderio sul buonsenso. Chiunque prenda in seria considerazione questa idea si colloca quasi per definizione al di fuori della possibilità di una valutazione razionale“.

L’ascensione in stile alpino – Puro. Uno stile puro. Védrines e Jean hanno scelto di salire nel modo più difficile: niente corde fisse, niente ossigeno supplementare, nessun supporto esterno. Loro. L’impresa è stata completata il 15 ottobre 2025, dopo due giorni e mezzo di scalata. Sono partiti il 13 ottobre dal campo base avanzato, quota 5400 metri. Bivacco in parete, due notti. E qui bisogna far volare ancora l’immaginazione, perché il bivacco in parete è uno dei momenti più estremi dell’alpinismo, uno di quelli che a vederlo seduti in poltrona in qualche video su Youtube, senti freddo: sospesi o appoggiati su un tratto di roccia o ghiaccio, di solito ci si sdraia su una cengia larga meno di un metro, il corpo imbragato (va da sé), il gelo, l’ossigeno rarefatto, più che dormire è riposo forzato. Védrines e Jean hanno bivaccato a circa 6800 metri: “In vetta siamo scoppiati in lacrime, dopo 4 giorni di scalata e due notti trascorse appesi alla parete, sembrava impossibile”, le loro parole dei due alpinisti. La cima del Jannu Est l’hanno raggiunta il 15 ottobre alle 13:40 ora locale.

Ci hanno provato in tanti – Come sempre, le vette sono lì per essere scalate. E a ‘prendere’ il Jannu Est ci hanno provato in tanti, giapponesi, russi, sloveni, coreani, e hanno raggiunto quote tra i 6.800 e i 7.200 metri. La cima no, quella è, ora, dei francesi. E ci avevano già provato anche loro: accompagnati da Léo Billon, lo scorso anno, Védrines e Jean avevano provato la stessa impresa ma si erano fermati a 6700 metri, per via del male di montagna che colpì proprio Billon. Si legge su PlanetMountain che la parete nord del Jannu Est “è fra le più impegnative e pericolose dell’Himalaya, caratterizzata da un misto verticale di ghiaccio nero, seracchi sospesi e tratti di roccia instabile che rendono impossibile il posizionamento di corde fisse o campi intermedi”.

Cosa hanno detto Benjamin Védrines e Nicolas Jean
“Scalare il Jannu Est per la sua parete nord si poteva fare in molti modi. Noi abbiamo scelto il più essenziale, lo stile alpino. È la nostra concezione dell’alpinismo puro” (Védrines).
“Questa ascensione racchiude tutto ciò che definisce l’alpinismo per me: lo stile alpino, il minimalismo, l’alta quota, la grande parete, la vetta vergine e la rapidità. È la più importante salita della mia vita”(Jean)
“Oggi mi sento un uomo diverso da quello che ero una settimana fa. È come se la montagna avesse scolpito qualcosa dentro di noi” (Védrines)
“Agli amici che sognavano il Jannu e non sono più qui per provarci” (la dedica di tutti e due)

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Il Fatto Quotidiano

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