Non è a Liliana Segre che va chiesto se a Gaza è ‘genocidio’

  • Postato il 5 agosto 2025
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di Saverio Benedetti*

In risposta a David Grossman, Liliana Segre ha detto che la parola genocidio è ” troppo carica di odio”. Segre è una testimone sopravvissuta all’Olocausto e merita grandissimo rispetto ma non per questo può stabilire se a Gaza è o non è genocidio solo perché “è una parola troppo carica di odio” e questo la addolora. Si capisce benissimo. E’ dura accettare che il paese che ami stia facendo ad altri lo stesso che fecero a te, alla tua famiglia e alla tua gente tanti anni fa. Temo sia una sorta di dolorosa rimozione e credo anche che venga pure un po’ strumentalizzata.

Tuttavia anche se ha sperimentato in prima persona la tragedia dei campi di sterminio non è a lei che va chiesto se a Gaza sia genocidio o meno. I massimi esperti, docenti di Diritto internazionale, storici e studiosi dell’Olocausto (fra cui anche molti e ebrei ed israeliani come Amos Goldberg e Raz Segal) considerano la strage a Gaza un genocidio. Così come Medici senza Frontiere, Human Rights Watch, Amnesty International ed ora anche le associazioni israeliane B’Tselem e Phisicians for Human Rigth. E non perché è “troppo” o troppo poco ma perché ne esiste una chiara definizione con cinque criteri stabilita dalla convenzione sul Genocidio del 1948 (sottoscritta da Israele) e quanto accade a Gaza soddisfa almeno quattro di quei criteri.

Del resto esiste una enorme mole di prove in gran parte fornita dai leader israeliani stessi con le loro agghiaccianti dichiarazioni. Loro stessi hanno detto che non ci sono “civili” a Gaza e che è un intero popolo ad essere colpevole dando carta bianca ai soldati. Anche per questo gli Usa minacciano i giudici della Corte di Giustizia Internazionale e la relatrice speciale Francesca Albanese con le sanzioni. Perché nel merito è difficile difendersi. Peccato che la Segre non spenda diversamente la sua autorevolezza.

Peraltro non è questione semantica stabilire se quanto accade sia “semplicemente” un massacro o piuttosto un genocidio. Per i morti non cambia ma per i sopravvissuti sì. Cambiano anche le responsabilità dei colpevoli e dei loro alleati e correi. Per questo c’è un processo in corso alla Corte Internazionale di Giustizia che molti vorrebbero insabbiare. Negarlo vuol dire sollevare i colpevoli da gran parte delle loro responsabilità e negare giustizia alle vittime. Negare il genocidio. Un po’ come fece Netanyahu nel 2015 quando disse che Hitler non voleva uccidere gli ebrei e che voleva solo espellerli (parole sue) e che fu tutta colpa dei palestinesi. Inaudito. E infatti anche allora tutti i maggiori esperti dell’olocausto insorsero contro questo revisionismo strumentale. E così adesso invece dovremmo credere che Netanyahu non voleva sterminare i palestinesi ma solo espellerli.

Scrivo tutto questo in memoria del dr Hani Al-Haitham direttore del Pronto Soccorso dell’ospedale di All Shifa di Gaza City e dei tantissimi colleghi medici e paramedici uccisi, arrestati, umiliati, vilipesi e torturati solo per aver fatto il loro dovere, nonché di tutti i pazienti e i feriti morti fra atroci sofferenze perché senza più cure, di coloro che sono morti per fame e, infine, anche dei tantissimi bambini uccisi molti dei quali assassinati dai cecchini israeliani con un colpo alla testa come testimoniato dal chirurgo ebreo americano il dr Mark Perlmutter e da tanti altri colleghi che hanno prestato servizio a Gaza. Riposino in pace.

E’ per rispetto a tutti loro che dobbiamo almeno chiamare le cose con il loro nome perché un giorno ci sia giustizia. A Gaza è genocidio. E se la Segre non se la sente pazienza. Ha detto che la parola genocidio è “troppo carica di odio”. Concordo. Ci vuole tanto odio per compiere un genocidio. Ma l’odio ce lo mette chi lo compie non chi lo denuncia.

* dirigente medico di medicina d’urgenza, membro del comitato Toscano di Sanitari per Gaza

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Il Fatto Quotidiano

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