San Carlo, l’epidemia delle dimissioni dall’ospedale di Potenza
- Postato il 27 luglio 2025
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Il Quotidiano del Sud
San Carlo, l’epidemia delle dimissioni dall’ospedale di Potenza
Dagli inizi del 2025 a oggi già 20 dimissioni all’ospedale di Potenza, alcuni anche con penali molto salate: medici e infermieri vanno via dal San Carlo dopo pochi mesi. Per tappare i buchi nel personale si bandiscono continuamente nuovi concorsi
POTENZA – Cos’ha spinto venti dipendenti – fra dirigenti medici (molti) e infermieri – a dimettersi dal San Carlo, dall’inizio dell’anno a oggi, rinunciando alle ferie maturate o alla loro monetizzazione, e in alcuni casi a pagare forti somme?
Ognuno avrà avuto una motivazione personale, ma quando i numeri sono questi è legittimo domandarsi se non ci sia un filo rosso a cucire insieme le decisioni personali col filo di motivazioni generali. Per il direttore generale della più grande azienda ospedaliera della Basilicata, Giuseppe Spera, è «una cosa normale» che avviene in molte realtà italiane e che riguarda il desiderio di riavvicinarsi a casa.
DIMISSIONI AL SAN CARLO DI POTENZA, IL DOCUMENTO
Nel Piano 2025/2027 del San Carlo, il Piano integrato di attività e organizzazione che guarda al triennio appena cominciato, se ne parla esplicitamente, con toni preoccupati: «E’ stato possibile riscontrare che le cessazioni che si sono verificate nell’esercizio 2024, sia per l’area del comparto sia per quelle delle dirigenze, sono state molto più numerose di quelle che era stato possibile prevedere in sede di prima stesura. Con estrema preoccupazione anche in questa Azienda si continua ad osservare il fenomeno delle dimissioni volontarie di un numero considerevole di dirigenti medici che hanno deciso di prestare la propria attività presso strutture private rinunciando al contratto subordinato nel pubblico.
Il fenomeno, diffuso su tutto il territorio nazionale, è stato analizzato per capirne le motivazioni e sono state individuate le seguenti cause: il desiderio di incrementare la retribuzione percepita, la necessità di avere una maggiore disponibilità di tempo da dedicare alla famiglia e alla vita di relazione e infine il bisogno di una maggiore sicurezza a fronte di un aumento di aggressioni registrato dopo la fine dell’emergenza del Covid con il ritorno dell’affollamento nei pronto soccorso».
Il “trattenimento”
Il problema viene riconosciuto in tutta la sua importanza: poco più avanti si aggiunge che «in presenza di una evidente difficoltà di reperire personale specialistico nonostante le numerose procedure messe in campo» (ossia, nonostante i continui concorsi effettuati), l’azienda «ha accolto le numerose richieste di trattenimento in servizio».
In altre parole, si tengono in servizio i medici che hanno maturato già l’anzianità per andare in pensione, sfruttando una legge del 2023 che ha modificato i limiti massimi di permanenza in servizio.
A gettone
«Nonostante ciò – si legge ancora – è risultato comunque indispensabile fare ricorso ai professionisti così detti “a gettone” per garantire una serie di attività assistenziali. Nel nuovo triennio di riferimento l’Azienda (…) ha inserito tutte le cessazioni programmabili e ha previsto la copertura dei medesimi posti in continuità con la cessazione».
In sintesi, il fenomeno è così presente e diffuso che bisogna già prevedere i buchi nel personale che lascerà da qui al 2027 e le poste in bilancio da inserire per rimediarvi.
Leggendo alcune delle dimissioni registrate all’ospedale potentino dagli inizi del 2025 a oggi, si trovano informazioni significative. In molti hanno rassegnato le proprie dimissioni poco dopo l’assunzione: ci sono casi in cui la domanda di cessazione è presentata due mesi dopo l’immissione in servizio. Uno degli interessati ha chiesto che la decorrenza delle dimissioni partisse dallo stesso giorno della domanda.
Parliamo di dirigenti medici, infermieri, operatori sociosanitari. C’è chi ha pagato quasi mille euro per i mancati giorni di preavviso, chi quasi 1.400. In un caso, a un dottore sono stati chiesti quasi 4.400 euro. Tutti indizi che ci parlano di uno scollamento fra azienda sanitaria e (oggi ex) dipendenti.
Spera ripete che avviene ovunque, che si cerca sempre di avvicinarsi a casa propria. E che proprio per questo si bandiscono concorsi a ripetizione.
DIMISSIONI AL SAN CARLO DI POTENZA: CONCORSI SENZA FINE
«Concorsi ripetuti», questa l’espressione che Spera utilizza più volte. Quindi un problema lo comporta, questo fenomeno.
«Prima le graduatorie erano valide per anni – spiega il dirigente – oggi invece a volte sono più scarne rispetto ai fabbisogni. Ad esempio, abbiamo fatto il concorso per il Pronto soccorso, 15 posti: si sono presentati in 5. In questi casi la graduatoria non esiste proprio».
Spera ricorda anche che nei contratti c’è «l’obbligo di permanenza di 5 anni in una struttura. Ma quando uno si dimette, l’obbligo non esiste più».
Però questo svuotarsi senza sosta di postazioni non crea una serie di buchi da riempire di continuo?
«Quando non abbiamo il numero completo – risponde Spera – la risorsa può essere utilizzata anche oltre l’orario di lavoro. Quando il numero di specialisti è sufficiente, però, non c’è problema. I problemi sono bilanciati con l’assunzione di altri medici, ripetutamente. La dinamica dei concorsi è cambiata negli ultimi anni».
Sette volte
E continua: «Per dire: il concorso per ortopedico lo abbiamo bandito per sette volte in tre anni. Ci sono branche che non riescono a garantire sufficiente personale».
E bandire tanti concorsi non comporta costi e complicazioni burocratiche?
«I costi sono solo quelli legati alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Certo, c’è un impegno maggiore degli uffici competenti», afferma Spera.
Appartenenza
Le decisioni di chi va via, ribadiamo, non possono e non devono essere oggetto di critica.
La questione è generale, e l’inquadra il Piao di cui sopra: «Il Piano aziendale di formazione individua nelle persone e nel loro patrimonio culturale e professionale, tecnico e non tecnico, le principali risorse su cui basare lo sviluppo continuo e sostenibile dell’Azienda stessa. La capacità di un’azienda ospedaliera di soddisfare i bisogni di salute della popolazione di riferimento è indubbiamente legata alle conoscenze e alle competenze dei professionisti che la costituiscono».
Bisogna «supportare e migliorare la motivazione e il senso di appartenenza, requisiti indispensabili per operare efficacemente nel sistema organizzativo di una Azienda ospedaliera».
Se l’azienda ospedaliera diventa invece un ponte di passaggio, un varco attraverso il quale andare altrove, motivazione e senso di appartenenza restano parole vuote.
Il Quotidiano del Sud.
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