Senza tabù si scivola nell’abisso. L’uscita di sicurezza? Dico tre parole: Europa, Onu, Helsinki

  • Postato il 20 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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C’è una sorta di ironia della storia, se si pensa che quest’estate cade il 50esimo anniversario dell’Atto finale di Helsinki della Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa. Quel documento aprì le porte alla distensione tra est e ovest segnando simbolicamente la fine della guerra fredda e inaugurando il tempo della coesistenza pacifica.

Esattamente cinquant’anni dopo infuria la guerra fra Russia e Ucraina e fra Israele e Iran, oltre a tanti altri conflitti locali, e il mondo boccheggia col fiato sospeso davanti al possibile intervento militare degli Stati Uniti a fianco di Israele. Ove questo avvenisse, potrebbe determinare un mostruoso e incendiario effetto domino. E intanto l’annientamento di Gaza e della sua gente è scomparso dalle prime pagine, mentre imperversa come prima e più di prima.

Tutti i tabù sono caduti: si discute se, quando e dove usare l’arma atomica, si trasforma in legittima difesa qualsiasi attacco al nemico, si opera una scientifica pulizia etnica con lo sterminio sistematico di un popolo, con la fame, la mancanza di farmaci, la distruzione di
ospedali, scuole, municipi, musei, interi quartieri, intere città, si riarmano gli Stati a livelli sconosciuti a memoria d’uomo, si dichiara tranquillamente di voler assassinare il leader di un Paese, si fa propaganda di guerra sui media contrabbandandola per libera informazione, e così via verso l’abisso.

L’abisso – intendiamoci – non è dato soltanto dalla distruzione del diritto internazionale, dalla legittimazione dei più ignobili crimini di guerra, e ovviamente dalla prospettiva tutt’altro che peregrina di un conflitto planetario. L’abisso è dato anche dal tentativo di mutazione antropologica delle coscienze, di delegittimazione di un ordine morale che pensavamo – ahinoi sbagliando – consolidato, dalla fondazione di un nuovo ordine incardinato sulla violenza come forma legittima dei rapporti umani, della guerra come modo di risoluzione delle controversie internazionali.

Appare in filigrana un nuovo Leviatano che assume entro di sé il cuore di tenebra del Novecento: la Shoah, l’ipernazionalismo razzista del nazifascismo, Hiroshima e Nagasaki, il colonialismo e l’imperialismo. Tutto ciò contro cui nel dopoguerra avevamo urlato: “Mai più!” e sul cui ripudio avevamo edificato la Costituzione antifascista.

Certo, con la crescita dell’allarme per il futuro e dell’indignazione popolare cresce, quanto meno nel nostro Paese, un movimento d’opinione e di massa. Ma non c’è ancora una voce autorevole, forte e univoca che contrasti questa rovina morale, politica, culturale, umana. E morale, politica, culturale, umana, dev’essere la costruzione di una risposta di luce, per contrastare l’eclissi totale di valori, di solidarietà fra persone, persino di senso della vita. Bisogna combattere il nuovo nichilismo che si alimenta di dei falsi e bugiardi e che vuole intaccare le radici di quella comunità di popoli che chiamiamo specie umana.

Certo, dobbiamo pensare al presente, ma guai se non immaginassimo il futuro: prossimo come programma, più lontano come visione. E allora dobbiamo ripensare tutto: l’Europa e le Nazioni Unite, il multipolarismo come base materiale della coesistenza pacifica, il
rinnovamento della fallimentare dottrina economico-sociale che ha fatto esplodere le diseguaglianze, e in primo luogo il tema della guerra e della pace. Oggi parlano le armi in Europa e in Medio Oriente. Qual è l’uscita di sicurezza? E perciò qual è l’idea? Accenno solo a tre titoli. Europa, Onu, Helsinki.

Europa: nulla a che vedere con la sconcertante parodia di Unione Europea a cui stiamo assistendo e che porterà presumibilmente al disastro. L’Anpi ha dato vita proprio in questi giorni a una “staffetta” in tante città e luoghi simbolici per proporre “più Europa, un’altra Europa”, un articolato programma incardinato su quattro parole chiave: pace, democrazia, lavoro, diritti. Siamo partiti da Ventotene e a fine giugno concluderemo questo pellegrinaggio laico a Trieste, nella Casa degli Sloveni, il Narodni Dom, incendiato dai fascisti il 13 luglio 1920.

Nazioni Unite: una grande riforma all’altezza del mondo del nostro tempo e non più sotto lo scacco dei vincitori della seconda guerra; una riforma che in questa misura conferisca all’Onu autorità e autorevolezza oggi mancanti.

E poi Helsinki del nuovo secolo, e cioè una o più conferenze di pace che restituiscano reciproca sicurezza alla Russia e agli Stati confinanti da un lato, e dall’altro a tutti i Paesi del Medio Oriente, rilanciando l’idea dello Stato di Palestina e della pacifica sicurezza reciproca con lo Stato di Israele. Tutto difficile, difficilissimo. Ma non impossibile, perché proprio sulla presunta impossibilità della soluzione negoziata, cioè politica, dei conflitti si è giunti al paradosso attuale dello sdoganamento della guerra.

Ci sono tante forze sociali già pronte a issare la bandiera di una nuova, simbolica Helsinki in una nuova Europa e in un nuovo mondo. Continuiamo a far sentire la nostra voce. E non basta. Scenda in campo la politica, senza tatticismi. Scendano in campo le autorità morali e intellettuali, senza più mediazioni. Si costruisca insieme quella voce autorevole, forte e univoca che oggi manca.

Se Helsinki è un possibile domani, bisogna iniziare a lavorarci oggi, nel pieno di tante terre in fiamme; ma nessuna Helsinki sarà possibile senza un nuovo codice morale che restituisca dignità alla persona umana e senso al valore della vita. Muoviamoci.

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