Stop allagamenti: il piano del presidente dei Geologi passa da “tetti verdi e depavimentazione”

  • Postato il 26 novembre 2025
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  • Di Il Vostro Giornale
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Alessandro Scarpati allagamenti

Liguria. L’unione fa la forza, anche nella cosiddetta difesa del suolo. Basterebbero piccole opere, pubbliche e private, per ridurre di molto i pesanti allagamenti che coinvolgono sempre di più Genova e la Liguria: tetti verdi e depavimentazione, ossia la creazione di pavimentazioni permeabili al posto dell’asfalto, dove possibile. Parola di geologo, ovvero il professionista che di suolo e rocce se ne intende più di tutti e che oggi è anche tirato per la giacchetta un po’ in tutto il mondo per gli appetiti dei governi sulle cosiddette terre rare.

Si è parlato di questo e altro ieri pomeriggio, alla Camera di Commercio di Genova nel seminario ‘Il ruolo del geologo tra etica, competenze e welfare professionale: dal sapere alla tutela’ (promosso dall’Ordine Regionale dei Geologi della Liguria con il patrocinio della stessa Cciaa, del Consiglio Nazionale dei Geologi e dell’Epap, la cassa previdenziale) in cui è stato affrontato anche il concetto di geoetica, ossia il tenere presente delle implicazioni etiche, sociali e culturali che le scienze della Terra portano con sé. Una deontologia professionale come faro sugli effetti che hanno le decisioni legate al territorio, che deve essere comunicata per trasformarsi anche in consapevolezza collettiva e soprattutto politica.

Il nuovo presidente dell’Ordine dei Geologi della Liguria Alessandro Scarpati, ha definito come esempio geoetico la scelta di non inserire la possibilità di estrarre il titanio dal geoparco del Beigua nel piano nazionale estrazione redatto dal governo. “Non si fa una miniera in un geoparco. Per la Liguria sono previste delle indagini sulla grafite in Val Bormida e su rame e manganese nel Levante Ligure. Occorre però tenere presente che nel Levante Ligure c’è anche una problematica legata ai rifiuti estrattivi, che rappresentano un problema per l’ambiente. Per cui, tra le tante cose che vogliamo fare nel 2026, è anche un convegno su queste tematiche di attività estrattive coinvolgendo l’università e valutando i pro e i contro dal punto di vista economico, gli impatti ambientali e gli impatti sul paesaggio”.

Tornando al territorio e ai rischi idrogeologici, Scarpati traccia il quadro: “La nostra terra è stata un po’ violentata, anche se negli ultimi anni rileviamo una maggiore attenzione alle problematiche urbanistico-ambientali. È da almeno 20 anni che non si costruisce più nelle aree a rischio dei corsi d’acqua, nelle aree inondabili, nelle aree a rischio di frana. Ci sono dei vincoli urbanistico-edilizi. Si è fatto molto, ma tanto c’è ancora da fare. Per questo è che vogliamo spingere su questo argomento”.

Oggi si registrano eventi molto intensi di precipitazioni in breve tempo e concentrati in aree limitate, un connubio che rende la Liguria, anche per conformazione orografica, un territorio difficilissimo. Serve il monitoraggio in tempo reale e il cittadino deve avere molta consapevolezza in termini di protezione civile.

“Le cose sono migliorate molto, ma è sempre poco − sottolinea Scarpati − faccio un esempio: nei primi anni del 2000 sono stati adottati i piani di bacino. Facevano una fotografia delle zone inondabili sul territorio. Oggi, se guardiamo queste carte, non sono diversissime da allora, dovrebbero essere diventate bianche in 20 anni, grazie a interventi in cui metti a posto i corsi d’acqua. Non è così. Si sono un po’ ridotte, la situazione è migliorata, però c’è ancora tantissimo da fare. Per cui voglio essere ottimista, ma dico anche che c’è ancora tanto da fare per cui bisogna impegnarsi”.

Le città sono ormai diventate delle distese impermeabili e tutta l’acqua finisce nelle fognature e nei rivi sotterranei, che vanno in crisi provocando allagamenti e piccole inondazioni.

Il consiglio di Scarpati non riguarda grandi opere idrauliche, basterebbero già piccoli interventi, ma numerosi: “Bisogna fare in modo che le acque vengano rallentate, quindi serve più verde: tetti verdi, coperture verdi, vasche di accumulo, c’è tutta una gamma di interventi che all’estero è già una prassi, mentre purtroppo qui in Italia siamo indietro, sia a livello di lavori pubblici sia di lavori privati. Pensiamo ai condomìni. È chiaro che se cominciassero a fare i tetti verdi, l’acqua che cade in copertura non finirebbe direttamente nella fognatura. E poi il tetto verde porta dei benefici anche di altro tipo, dal punto di vista energetico dell’edificio, della biodiversità, del microclima, quindi è sicuramente un qualcosa che va a favore della salute e della sicurezza”.

Per esempio la Città metropolitana di Milano ha speso 50 milioni di finanziamenti Pnrr per interventi di ‘città spugna’: “Si tolgono le pavimentazioni, dove possibile, quindi si aumenta la permeabilità del suolo, si realizzano vasche. Un esempio virtuoso a Genova è il parcheggio dell’Ikea che non è asfaltato, ma realizzato con delle strutture permeabili su cui si può tranquillamente parcheggiare. I soldi ci sono: tutti gli anni c’è un bando che scade a ottobre, che mette a disposizione parecchi soldi in tutto il Paese, anche in Liguria. Finanzia la depavimentazione, il famoso depaving che in certe località degli Stati Uniti è diventato quasi una filosofia. In Olanda fanno le gare a chi toglie più pavimentazioni”.

Non solo problemi idrogeologici: attenzione a Pfas e Radon

E poi c’è tutto il tema della salute. Il geologo ha anche un ruolo sociale rivolto alla sicurezza e alla salute del cittadino, ricorda Scarpati: “Ultimamente sentiamo sempre parlare di Pfas nelle acque, è una delle novità che più ci preoccupa per la nostra salute”.

I Pfas sono composti che, a partire dagli anni cinquanta, si sono diffusi in tutto il mondo, utilizzati per rendere resistenti ai grassi e all’acqua tessuti, carta, rivestimenti per contenitori di alimenti ma anche per la produzione di pellicole fotografiche, schiume antincendio, detergenti per la casa. Le loro proprietà e caratteristiche chimiche hanno però conseguenze negative sull’ambiente e a causa della loro persistenza e mobilità, questi composti sono stati rilevati in concentrazioni significative negli ecosistemi e negli organismi viventi.

L’altro nemico nascosto è il Radon: “Siamo attentissimi alla problematica, faremo un convegno nei primi mesi del 2026, in cui incontreremo i politici, perché il gas Radon è la seconda causa di tumore al polmone dopo il fumo. Ed è un gas inodore, insapore, che c’è anche in Liguria. È un gas che arriva dal sottosuolo, è presente nelle rocce che contengono delle percentuali di uranio, quindi decadimento dell’uranio, decadimento radioattivo. Le regioni in Italia che hanno questa problematica in misura maggiore sono il Lazio, la Campania e la Lombardia. Noi meno, ma non è un tema da trascurare. Ovviamente il gas Radon si riscontra nei locali interrati, nei piani terra. Adesso l’Arpal sta facendo delle misurazioni negli ultimi due anni, quindi immagino che nei primi mesi del 2026 rendano noti questi dati. Laddove si riscontra Radon ci sono delle tecniche per mitigare il problema. Però bisogna conoscerlo e noi vogliamo fare un’iniziativa insieme ai medici per sensibilizzare la popolazione su questa tematica. Perché effettivamente non si conosce”.

 

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Il Vostro Giornale

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