Voleva fare il poliziotto ma è diventato un serial killer: la storia di Bryan Kohberger, condannato all’ergastolo per aver ucciso quattro studenti accoltellandoli nel sonno

  • Postato il 24 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Voleva diventare un investigatore, studiare la mente dei criminali per fermarli. Invece è diventato lui stesso un assassino. Bryan Kohberger, ex dottorando in criminologia alla Washington State University e aspirante poliziotto, è stato condannato all’ergastolo senza possibilità di libertà vigilata per aver ucciso nel sonno, a coltellate, quattro studenti universitari in una casa fuori dal campus di Moscow, in Idaho. Il massacro, avvenuto nella notte del 13 novembre 2022, ha sconvolto la comunità accademica e l’intero Paese, anche per l’assenza di un movente apparente e il profilo inquietante dell’autore: uno studioso del crimine che, nel segreto della notte, ha replicato ciò che avrebbe dovuto analizzare.

La condanna è arrivata il 23 luglio 2025. Kohberger, oggi 30enne, ha ricevuto quattro ergastoli – uno per ogni vittima – più una pena aggiuntiva di dieci anni per furto con scasso e una multa da 270mila dollari per coprire le spese legali. La decisione era attesa: a inizio mese l’imputato si era dichiarato colpevole in cambio della rinuncia alla pena di morte. Ha scelto però di non spiegare il perché di quel gesto. Ha rifiutato di parlare anche in aula, davanti alle famiglie delle vittime. Nessuna parola di pentimento, nessuna spiegazione. “La sentenza garantirà che questo male non terrorizzerà mai più una famiglia come ha fatto con la nostra e con altre tre”, ha dichiarato dopo il verdetto Scott Laramie, patrigno di una delle vittime, Madison Mogen. “La società è ora al sicuro e possiamo andare avanti con le nostre vite e tentare di guarire. La nostra famiglia rimarrà persa senza Mogen, ma troveremo la nostra strada”.

I fatti

Era la notte tra il 12 e il 13 novembre 2022 quando Kohberger, secondo la ricostruzione degli inquirenti, entrò nella casa al 1122 di King Road, a pochi passi dall’Università dell’Idaho. Dentro dormivano sei persone. Quattro di loro non si sarebbero più svegliate: Kaylee Goncalves, Madison Mogen, Xana Kernodle ed Ethan Chapin, tutti tra i 20 e i 21 anni. Erano amici, studenti, compagni di corso. Kaylee, Madison e Xana vivevano lì. Ethan, fidanzato di Xana, si era fermato a dormire da lei. Le altre due coinquiline, Dylan e Bethany, si sono salvate. Una delle due ha riferito di aver visto un uomo mascherato uscire dalla casa. Credeva fosse un sogno. I ragazzi erano rientrati a casa dopo una serata tra feste e pub. Verso le 4 del mattino Dylan ha sentito dei rumori, delle voci, poi una frase: “Va tutto bene, ti aiuto io”. Infine ha visto un uomo con la maschera passare nel corridoio. Ha chiuso la porta, si è rifugiata nella stanza dell’amica. Solo alle 11:58 del mattino successivo qualcuno ha chiamato il 911. Otto ore dopo i delitti.

L’indagine

Il caso ha catalizzato l’attenzione dei media. In una cittadina come Moscow, dove non si registravano omicidi da anni, la notizia ha scosso profondamente la comunità. E anche il resto del Paese. Per settimane la polizia non ha rilasciato nomi, né ipotesi. Questo silenzio ha alimentato teorie, sospetti, accuse infondate. Alcuni influencer hanno iniziato a investigare per conto proprio. Sono apparsi video su TikTok, gruppi Facebook, speculazioni sull’identità dell’assassino. In molti hanno puntato il dito contro le due ragazze sopravvissute. Poi contro gli amici, i coinquilini, un ragazzo ripreso vicino a un food truck. Nessuno aveva prove. Le autorità, invece, lavoravano in silenzio. Analizzando le telecamere di sicurezza, i tabulati telefonici, il DNA. A metà dicembre 2022 il sospettato aveva già un nome. Il 30 dicembre, dopo 47 giorni di indagini, la polizia arresta Bryan Kohberger a casa dei genitori in Pennsylvania. Il DNA trovato sul fodero del coltello lasciato accanto al corpo di Madison coincideva con quello prelevato da un oggetto usato dal padre e buttato via. La Hyundai Elantra bianca, ripresa nella zona della casa al momento del delitto, era la sua. I dati del cellulare mostrano che Kohberger aveva già pattugliato l’area nei giorni precedenti.

Il profilo

Bryan Kohberger era iscritto al dottorato in criminologia alla Washington State University, a circa 15 chilometri da Moscow. Studiava i profili psicologici dei criminali, la dinamica dei delitti, i processi decisionali dei serial killer. Era descritto come brillante, meticoloso, ma schivo. Aveva sostenuto un colloquio per lavorare con la polizia. Dopo il delitto, secondo i tabulati, è tornato sul luogo del crimine poche ore dopo, forse per recuperare il fodero lasciato nella stanza. Gli inquirenti ritengono che conoscesse in qualche modo la casa, ma nessun legame diretto con le vittime è mai stato accertato.

Il processo evitato

Kohberger si era inizialmente dichiarato non colpevole. Poi, il 2 luglio 2025, ha ammesso per la prima volta di essere l’autore degli omicidi. Ha risposto con un semplice “sì” alle domande del giudice, senza aggiungere nulla. In cambio dell’ergastolo ha evitato la pena capitale e il processo. L’accordo prevede che non possa impugnare la sentenza né chiedere in futuro riduzioni di pena. Durante l’udienza di condanna, non ha parlato. Nessun messaggio alle famiglie. Nessuna parola sulle ragioni.

Le famiglie

“Il suo destino è segnato”, ha detto Scott Laramie, patrigno di Madison. “Questa sentenza garantisce che non potrà mai più fare del male. Ora possiamo provare a riprendere in mano le nostre vite”. Laramie ha ricordato la figliastra con parole sobrie, parlando di una perdita insostituibile e del dolore che non si spegnerà, ma che va affrontato. Bethany, una delle due sopravvissute, ha fatto leggere una sua dichiarazione: “Mi sento ancora in colpa per non aver capito subito cosa stava succedendo. Per non aver chiamato aiuto prima”.

Il giallo del movente

L’università dell’Idaho ha chiesto e ottenuto la demolizione della casa degli omicidi, avvenuta il 28 dicembre 2023. “Era ora di rimuoverla per permettere alla comunità di guarire”, è stato il messaggio ufficiale. La casa era diventata un simbolo di dolore e di ossessione collettiva. Il caso ha generato una serie di riflessioni su come la rete amplifica i fatti di cronaca, trasformandoli in misteri da risolvere online, spesso a scapito delle vittime e delle persone coinvolte. Resta un punto irrisolto: il movente. Perché Kohberger ha scelto quella casa? Perché quelle persone? Gli inquirenti non hanno trovato risposte. Kohberger non ne ha date. E forse non lo farà mai.

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