Al cinema una trilogia dei sentimenti dalla Norvegia: Sex, Dreams, Love
- Postato il 12 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Finora conoscevamo la Trilogia di Oslo di Joachim Trier, che aveva come ultimo tassello il più noto La persona peggiore del mondo, ma dallo scorso anno un altro autore, Dag Johan Haugerud, prima scrittore e poi premiato regista di corti, ha iniziato a dare alla luce un nuovo quanto affascinante trittico sulle relazioni tutto ambientato nella capitale norvegese. Eccone i titoli: Sex, Dreams e Love, distribuiti in Italia da Wanted come eventi cinema. “Ho pensato che fosse interessante visitare prima una coppia che sta insieme da molti anni, poi tornare al primo amore e infine parlare di cosa può essere l’amore se è tanto premuroso e responsabile quanto romantico”. Ha dichiarato il regista.
Ed è proprio l’ordine che seguiremo, partendo quindi con Sex, una storia di pulsioni omosessuali adulte, tardive, schiette quanto destabilizzanti nella loro complessità, che setaccia gli angoli bui del desiderio, quelli più inspiegabili. Due uomini di mezza età, due colleghi sposati e con figli, si confessano reciprocamente uno la scappatella con un uomo e l’altro i sogni proibiti sullo spirito guida David Bowie. Lo sguardo di Haugerud accarezza una città pacata e linda come un plastico aprendoci l’intimità di due coppie consolidate che si ritrovano in crisi di fronte all’abbattimento di regole e confini.
Si parla del cambiamento di corrispondenza delle felicità in una coppia e ci si cala con fermezza verso le radici di una frattura. Il dilemma tra il ribellarsi e il lasciar andare l’apertura a nuove istanze fino alla separazione arricchiscono un racconto sull’accettazione del tradimento anche da parte di chi lo commette. Vedendo queste mogli solide ed equilibrate con mariti fragili e dubbiosi è impossibile non riflettere sull’ethos italiano raccontato al cinema coi nostri alti volumi emotivi. Da Amore mio aiutami alle scenate à la Gabriele Muccino, rispetto alle pacatezze algide di questi personaggi norvegesi. Nel 2024 ha vinto anche la sua Berlinale Sex, pensate, con il Premio della Giuria Ecumenica.
Se i sogni fossero bolle di sapone, questo Dreams, invece, sarebbe lo scoppio soffuso che le fa scomparire lasciandoci le dita umide e rivelandoci la verità dietro l’illusione. Una studentessa diciassettenne s’infatua segretamente di una giovane professoressa appena assunta. Il discusso avvicinamento molto amichevole per imparare a cucire amaglia, il diario segreto della ragazza e le sue lucide confessioni diventeranno un confronto aperto e orizzontale su sentimenti, sessualità e occasioni perdute tra sua madre e sua nonna. Qui l’immaginazione di tre generazioni vola leggera semplicemente intorno a un primo amore sognato.
Tutto è delicatezza nell’affrontare l’attrazione fra donne. Il tratto queer, distintivo nel lavoro del regista già dai suoi cortometraggi, assume qui una funzione più confortevole che in Sex. E fuori dallo schermo, il confronto con la nostra Italietta spesso omofoba, o nevrotica o commediante sul tema, è inevitabile. Anche questo secondo capitolo, seppur storia a sé stante come gli altri due, è stato presentato a Berlino, vincendo l’Orso d’Oro e il Fipresci nel 2025.
Con Love sembra compiersi la riflessione cinematografica di Haugerud. Un’urologa di mezz’età si ritrova a scambiarsi confessioni intime con il suo infermiere durante le traversate in traghetto per andare a lavoro. Lei è una single diffidente e timorosa verso nuove relazioni, lui un gay libero e risolto con una vita sessuale molto frizzante.
Con Love la considerazione dell’omosessualità partita come oggetto di crisi in Sex e proseguita come tela per dipingere sogni in Dreams, diviene una realtà commovente e premurosa. Che poi non è l’omosessualità in sé, ma l’amore. Amore inteso come cura di sé stessi e dell’altro, ma anche amore per la relazione tra amici, la confidenza e l’ascolto come nido preparatorio all’accoglienza e imminente costruzione di quel che può diventare amore in una nuova relazione. L’autore ci mostra dinamiche positive sulla complicità universale tra le persone, pure nonostante le notti di sesso passeggero o la girandola di incontri Tinder. Guarda inoltre al tradimento coniugandolo a famiglie allargate coi propri invisibili residui emotivi a pesare sulle piccole spalle dei figli.
Love è stato candidato a Venezia per il Leone d’Oro nel 2024 e Hagerud con la sua regia sobria ed equilibrata ci dimostra come l’amore non arrivi su un’app, ma neanche prevedibile e regolare come i rintocchi di un campanile. Ci rivela che gli imprevisti e le scivolate in un cammino impervio alle volte ne delimitano la piacevolezza, magari indirizzandolo verso il benessere sentimentale. E soprattutto ci sussurra con fermezza che l’amore è prendersi cura della persona con naturalezza, in special modo durante quell’impervio momento che è la malattia. #Peace
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