Alessandro è in digiuno per Gaza, come Marinella e Michela. Una catena di cittadini e di umanità

  • Postato il 1 luglio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Gandhi diceva che digiunare per lui equivaleva a pregare con il corpo”. Alessandro Rinaldi è un medico del servizio pubblico. Sua figlia frequenta lo stesso asilo del mio. Parliamo spesso di ciò che accade nel mondo. Non è vero che alle persone la guerra non interessa. Non restiamo indifferenti. Non c’è giorno, infatti, in cui non ci domandiamo quando finirà e perché non contiamo nulla. Perché non basta che le piazze del mondo intero urlino “pace”.

Oggi ho controllato le temperature mentre preparavo mio figlio per il centro estivo. Sarà una settimana rovente, caldo record. D’istinto ho cercato il meteo di Gaza. Ma non esiste sulle mappe ufficiali. Alla fine ho trovato su un sito che anche in Palestina fa caldo: il termometro segnerebbe 34 gradi. Mamma mia, come faranno senza un goccio d’acqua, senza una casa in cui ripararsi, senza un po’ di frutta fresca per assumere vitamine e liquidi. Non sei umano in guerra, sopravvivi, ma sai che sei il prossimo. Qualsiasi sia la tua età.

Mi tormenta il video della bimba con una pentola in mano che gira piangendo tra le persone e chiede per favore qualcosa da mangiare. Lei non è riuscita a trovare nulla. Mi tormentano tutte le madri che stringono nei sudari bianchi i figli uccisi. Cosa faranno adesso i bambini a Gaza, avranno trovato qualcosa da mangiare, qualcuno di loro è sotto i ferri senza anestesia, dormono soli, orfani, senza una mano materna o paterna che accarezzandoli li faccia sentire un po’ meno soli, placando la loro ansia? Sono in pensiero costante, non lo nascondo, ne parlo con chiunque intorno a me, anche per rendermi conto di come gli altri nella mia comunità stanno percependo questo conflitto. Non sono sola. Siamo marea.

Due settimane fa, mentre aspettavo di vedere mio figlio uscire dal cancello della sua scuola materna, come sempre, stavo chiacchierando con altri genitori. C’era Alessandro. Ti vedo dimagrito, stai facendo una dieta? Gli ho chiesto. “Sono al mio terzo giorno di sciopero della fame” mi ha risposto. Cosa? “Questo è il link al sito che ha promosso l’azione di protesta. Si chiama movimento europeo azione non violenta. È nato all’indomani della guerra in Ucraina per attivare un processo di dialogo nonviolento con le realtà ucraine. Lo sciopero della fame è stato promosso anche per Gaza da amministratori di vari Comuni in tutta Italia ma siamo tantissimi, da comuni cittadini, ad aver aderito”. Non stava scherzando. Era tutto vero.

Però, un sindaco può rendere pubblica la sua scelta e quindi avere un effetto sull’opinione pubblica e sul Parlamento italiano, ma semplici cittadini che stanno protestando nello stesso modo, cioè con il digiuno contro la guerra, senza che si sappia. Perché? “Sentivo il bisogno di fare qualcosa. Ma non sapevo cosa. Manifestare non mi bastava più. Quando una persona che stimo moltissimo, Marianella Sclavi, una sociologa che ha lavorato tantissimo sui processi di gestione creativa dei conflitti, me ne ha parlato mi sono sentito di aderire”. Marianella Sclavi ha 82 anni. Ha insegnato Etnografia urbana, arte di ascoltare e gestione creativa dei conflitti al Politecnico di Milano, e collabora da anni a progetti di risanamento dei quartieri più fragili d’Italia e d’Europa. È un’attivista della pratica nonviolenta e tra le fondatrici e portavoce del Mean – Movimento europeo di Azione nonviolenta.

“Terzo giorno di sciopero della fame. Mi sento bene. Sono un po’ ondeggiante e mi muovo con cautela”, scrive Marianella Sclavi, sui social. “Sono molto felice perché la mia catena ha già una successiva scioperante, la quale ha trovato già fra le sue amiche due successive scioperanti (donne, non a caso), pronte a prendere la staffetta quando ognuna di loro smetterà, e ha suscitato il desiderio di altre amiche di diventare loro delle iniziatrici. Sono esperienze di solidarietà che lasciano traccia nelle nostre vite e possono aiutare a smuovere le montagne”.

Dal 26 maggio il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta in collaborazione con la “Rete dei mille di Trieste” ha promosso uno sciopero della fame ad oltranza con in testa una cinquantina di sindaci di piccoli comuni fra i quali quello di Castelbuono in Sicilia e la presidente della regione Umbria, Stefania Proietti. Nel corso della prima settimana di digiuno, si sono via via uniti membri di vari consigli comunali e assessori di tutta Italia.

In una società che ci fa comodo spesso descrivere come individualista e indifferente, scoprire che la catena del digiuno di protesta contro la guerra è arrivata a coinvolgere anche normali cittadini, è una notizia che da speranza. Alessandro Rinaldi, medico e papà di tre bambini, ha iniziato il suo digiuno il 2 giugno scorso, solo acqua e nient’altro. Gli ha dato il cambio dopo tre giorni Michela Maccarini, una giovane interior designer. E mentre vi scrivo la catena sta andando avanti di corpo in corpo. Alessandro, Marianella, Michela, nomi che non ci dicono nulla, non sono famosi, le loro azioni non occupano titoli di giornali. Sono la società però, qualcosa di più grande dal mio punto di vista. Sta accadendo veramente. Ed è importante si sappia.

“Spesso, ma non sempre, è più semplice parlare che agire con il corpo, e il digiuno ne è una prova tangibile – mi dice Alessandro – E mi sono più volte domandato se tutto questo contasse davvero. E mi sono risposto che forse no. Ma contemplare la mia impotenza davanti al dramma a cui assistiamo in diretta mondiale, mi ha sollevato dal misurare le mie azioni in termini di utile/inutile. A partire dalla mia inutilità mi muovo da ciò che non posso fare altrimenti, da ciò che mi chiama comunque ad agire”.

Ecco, dobbiamo saperlo che non siamo un’umanità sconfitta. Che siamo rimasti umani, nonostante la barbarie di Stato a cui stiamo assistendo a Gaza, in Ucraina e ovunque abbiano il sopravvento le armi. Perché il rischio è che lo scempio che sta avvenendo sui corpi, nonostante il diritto internazionale, ci trasformi in bestie assetate solo di soldi e potere. E invece non siamo così. Forse siamo anche maggioranza.

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Il Fatto Quotidiano

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