Animali e piante sono intelligenti. E l’arte contemporanea se n’è accorta
- Postato il 10 maggio 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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Forse non è soltanto per farsi fare compagnia che molte grandi personalità implicate con l’arte, da Peggy Guggenheim a Donna Haraway, hanno vissuto in simbiosi con i loro cani. Dagli animali pare arrivare un surplus di intelligenza, sotto forma di intuito, allargamento della sfera sensoriale e memoria a lungo termine, che serve a chi non si basi solamente su decisioni razionali.
L’intelligenza non è solo prerogativa umana
In realtà sono anni che il mondo scientifico cerca di indagare non solo l’intelligenza animale, ma anche quella vegetale. Diversa dalla nostra, ma simile per alcuni parametri. Così vale la pena di leggere Botanical Revolutions: How Plants Changed the Course of Art di Giovanni Aloi, uscito nel 2025 da Getty Publications, mentre aspettiamo il catalogo di mostre, lezioni e performance curato da Lucia Pietroiusti e Filipa Ramos e intitolato The Shape of a Circle in the Mind of a Fish, atteso per il prossimo settembre da Hatje Cantz. Nel frattempo, possiamo leggere i testi di Joan Jonas in Moving Off The Lands, dove l’artista americana racconta insieme a Ute Meta Bauer il suo rapporto con l’Oceano e le creature sorprendenti che lo popolano: pesci che salutano, forse sirene, forse mostri. Ma sempre entità capaci di comprendere e di reagire. È il risultato della sua serie di performance create dopo immersioni nei mari orientali, che ha filmato e commenta con il suo corpo e con quello del suo barboncino, un coautore inseparabile nella vita e nell’arte. Quello che rende interessanti questi volumi non è il semplice rapporto natura/cultura e il riconoscimento della dignità dovuto a ogni essere vivente, ma proprio alcune prove di una capacità di intelligere che non avremmo sospettato e che le osservazioni in laboratorio stanno confermando.
Alcuni esempi dell’intelligenza animale e vegetale
È noto, per esempio, che le piante mostrano comportamenti compatibili con la definizione di intelligenza quali l’adattabilità, l’apprendimento, la memoria, la capacità di reagire a possibili traumi prevedendoli e cambiando le loro linee di crescita. È vero che non hanno un sistema nervoso, ma comunicano tra loro attraverso impulsi elettrici e sostanze chimiche soprattutto a livello delle radici. Percepiscono errori e si correggono, si adattano e dimostrano nei loro comportamenti uno scopo che perseguono in modo spesso sofisticato, soprattutto in ambienti complessi. Stupiscono anche i pesci, che hanno mostrato di sapere approfittare dell’esperienza e quindi di avere memoria; se lo studio avviene in acquari abbastanza grandi, dimostrano anche di sapere mettere in fila serie lunghe di atti concatenati e rivolti a un certo obiettivo. La capacità dei polpi di giocare, risolvere puzzles, rubare, uscire dall’acquario anche di fronte a serrature complicate, accorgersi se sono osservati e nascondersi modificando la propria forma, il proprio colore e anche la loro dimensione, è del tutto stupefacente: gli studiosi asseriscono che solo la brevità della loro vita impedisce loro di diventare dei veri sapienti, in quanto non hanno il tempo – ma ne avrebbero le capacità mnemoniche – per accumulare abbastanza conoscenze. Il loro cervello è del resto difficile da comparare al nostro, in quanto si dipana per tutto il corpo, tentacoli inclusi, con un modello decentrato che può agire senza un comando centrale.

Gli artisti e le intelligenze non umane
Non si sa se possiamo chiamare intelligenza la capacità di alcuni invertebrati di crearsi dei bozzoli usando perle, oro e pietre preziose come ha dimostrato nelle sue opere Hubert Duprat. Certamente, nella scala di una capacità di comprensione anche empatica le scimmie sono le più evolute, anche rispetto ai nostri amati cani e gatti. Ma il punto è che, dopo millenni di osservazione senza mezzi, la scienza ci sta ora dimostrando che la gerarchia aristotelica che umiliava vegetali e animali, negando loro un’anima razionale, potrebbe essere sovvertita. Probabilmente dovremmo guardare con occhio diverso anche le molte opere create da artisti che vi hanno immesso entità viventi da Joseph Beuys con suo coyote americano a Pierre Huyghe, che ha accolto nel suo lavoro api, cani, pinguini, pesci e molte specie vegetali; da Giuseppe Penone, che da sempre sollecita le reazioni delle piante, quali cicatrici o cambi forzati della crescita. Da Nomeda e Gediminas Urbonas, che hanno impiegato per la loro Villa Lithuania dei piccioni viaggiatori, fino ai microorganismi usati da Philippe Parreno per guidare il movimento di grandi pannelli.
“Fare amicizia” con piante e animali
Artisti come Pamela Rosenkranz, che ha attivato con feromoni vegetali mucchi di sabbia diventati capaci di sollecitare anche in noi reazioni di sottile agitazione, Alexandra Daisy Ginsberg, che ha creato ambienti in cui piante e insetti intensificano la loro dinamica, Michael Wang, che lavora sull’interazione di alghe, muffe, insetti e bambù nelle sue paludi create artificialmente, non stanno solamente giocando a salvare l’ecosistema con azioni prive di efficacia, ma stanno anche cercando di capire quanto capiamo noi dei viventi, e soprattutto quanto loro capiscano di noi. Molto, per chiunque abbia provato a convivere con la mente di una rosa o di un cavallo. Il prossimo capitolo sarà comprendere se la parola ‘mente’ è davvero quella adatta per i nostri compagni d’esistenza. Certo è che li anima qualcosa di simile e con cui – una nuova generazione di artisti lo sta dicendo a gran voce – dovremmo fare amicizia.
Angela Vettese
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L’articolo "Animali e piante sono intelligenti. E l’arte contemporanea se n’è accorta" è apparso per la prima volta su Artribune®.