Capisco la benevolenza, ma da qui a Pippo santo subito il passo è lungo

  • Postato il 19 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sono passati ormai più di quarant’anni dal grande momento di fulgore e potere di Baudo, è vero. E Super-Pippo è arrivato alquanto mestamente a quota novanta, distanze che un po’ spiegano l’eccesso di benevolenza postuma negli alti lai radiotelevisivi e mediatici. Ma da qui a perdere davvero il senso della realtà, con Pippo-santo-subito, il passo è lungo.

Si è sentito l’elogio persino dell’umiltà del defunto, decisamente una dote che nemmeno sapeva cosa fosse. E, soprattutto, si è disconosciuto il ruolo chiave giocato dal presentatore nell’Italia degli anni Ottanta, ultimo scorcio del regime democristiano, e nell’affermazione del ruolo centrale della televisione, di quella sorta di ribaltamento del rapporto con la politica che aprirà poi la strada al ventennio berlusconiano.

Al culmine del successo Baudo, grazie alla sua egemonia plurima sul palinsesto di un’ancora titanica Raiuno (Domenica in, Sanremo e vari show), era un padre-padrone di un’imbarazzante arroganza e prepotenza. Lo sanno benissimo tutti coloro i quali hanno avuto la disgrazia di doverci lavorare o di averci a che fare. Comandava talmente, intrigando con indiscussa abilità soprattutto nel centro e nei centri del potere pubblico, che il direttore generale stesso della Rai, Biagio Agnes, se ne adontò al punto di decidere di metterlo ai margini dopo la breve stagione del ‘tradimento’ con Mediaset. Agnes s’inventò addirittura la scusa del fatale incontro con una vecchietta che lo fermò invocando il rientro di Baudo alla cerimonia per i morti il 2 novembre nel cimitero avito di Serino, ‘tanto adda’morì anche tu Biagione’, pur di giustificare il via libera – pur tardivo – al ritorno del figlio prodigo in Rai.

Ma, come ben noto, fu una scelta molto sollecitata dai politici, a partire dal segretario della Dc Ciriaco De Mita ma anche dal ’nemicissimo’ Bettino Craxi (l’Italiana produzioni della figlia Stefania e di Marco Bassetti colse l’opportunità per produrre un importante prime-time show per la rete due, Serata d’onore).

La trasversalità di Baudo era tale che, quando negli anni Novanta ebbe di nuovo un periodo non felicissimo, riuscì a riemergere grazie ai funzionari post-comunisti di Raitre che gli fecero approntare una facile prima serata di ‘tv nostalgia’.

Negli anni dello strapotere, prima ancora di lasciare temporaneamente la Rai, riusciva a far convivere con la prima rete pubblica anche una piccola collaborazione con Retequattro, al tempo nelle mani di Mondadori-la Repubblica. Carlo Gregoretti – che firmava come giornalista direttore editoriale la tv di Segrate e del gruppo Espresso – s’inventò l’idea di lanciare Baudo addirittura come conduttore di un’insolita nuova tribuna politica insieme con Enzo Tortora, in occasione delle elezioni politiche del 1983. Peccato che, proprio dopo una delle riunioni conclusive per allestire questo singolare progetto di Retequattro, il povero Tortora fu arrestato clamorosamente a Roma e messo in croce come presunto camorrista. Nei giorni successivi manifestarono le prime solidarietà praticamente tutti i conoscenti e colleghi anche di Retequattro, compreso Maurizio Costanzo contro cui Tortora aveva appena duramente polemizzato per la vecchia questione della P2. Tra gli innocentisti della prima ora si levò Enzo Biagi, e persino Silvio Berlusconi, a caldo, dichiarò che era tutto platealmente un errore e Tortora un grande presentatore, una persona squisita, irreprensibile, che avrebbe voluto nella sua squadra.

Pippo Baudo, dopo un imbarazzato silenzio delle prime ore, alla fine decise di manifestare con una breve nota la sua ‘solidarietà umana’ al collega, con il quale stava pur lavorando d’amore e d’accordo fino a pochi minuti prima dell’arresto, specificando a chiare lettere: ‘sia chiaro, lo dico nel pieno rispetto della magistratura e delle sue azioni’ (sic!). Eppure di questo Baudo si è scritto ben poco, anche a suo tempo: godeva di uno straordinario consenso della stampa e in più di un caso ha preteso e ottenuto che venissero azzittite le poche voci critiche, grazie alla leva chiave dell’allargamento del suo salotto domenicale agli autori di libri di successo, piuttosto che ai direttori dei giornali e in genere ai personaggi del potere pubblico. L’ombra di un potere remoto che s’allunga post-mortem e oggi lo fa ricordare come ‘uomo di cultura’!

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Il Fatto Quotidiano

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