“Caracas compia un atto di umanità e liberi Alberto Trentini”: l’appello di 39 eurodeputati per il rilascio del cooperante
- Postato il 26 novembre 2025
- Diritti
- Di Il Fatto Quotidiano
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Un appello trasversale per la liberazione di Alberto Trentini, il cooperante italiano detenuto a Caracas da oltre un anno senza che nei suoi confronti siano state formalizzate accuse. Gli unici benefici: tre chiamate brevi e una visita consolare, concesse anche ad altri detenuti. A firmarlo 39 europarlamentari italiani di Pd, M5S, Avs e Fdi, affinché si apra ogni canale disponibile nel rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale e dell’articolo 11 della Costituzione italiana.
“Con uno spirito che guarda alla pace come orizzonte comune – si legge nel testo – rivolgiamo un appello alle autorità della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Con rispetto per la sovranità del Paese, ma con altrettanta fermezza nel richiamare i valori universali dei diritti umani, chiediamo un atto di umanità: la liberazione di Alberto Trentini. Un gesto di clemenza e di apertura, in questo momento segnato da tensioni regionali e da minacce di escalation militare nelle aree vicine alle coste venezuelane, avrebbe un significato profondo. Sarebbe percepito – prosegue l’appello – come un segnale di volontà dialogante, un contributo alla costruzione di un clima più sereno e cooperativo, un passo che risponde a un appello di pace con un gesto concreto di pace. Come europarlamentari, esprimiamo inoltre apprezzamento per l’attenzione recentemente mostrata dalle istituzioni europee nei confronti del caso Trentini. Sostenere una soluzione positiva è responsabilità condivisa tra Roma, Bruxelles e tutti coloro che credono nella diplomazia come strumento per superare anche le situazioni più delicate. Rivolgiamo pertanto un appello affinché si apra ogni canale disponibile nel rispetto dei diritti umani, del diritto internazionale e dell’articolo 11 della costituzione italiana. Che possa tornare alla sua famiglia. Che la sua storia trovi un epilogo di giustizia e umanità. Che un gesto di apertura possa diventare un ponte di comprensione in un momento in cui il mondo ha bisogno, più che mai, di segnali di pace”.
Nei giorni scorsi la famiglia di Alberto, in conferenza stampa, ha denunciato l’immobilismo del governo italiano, sollecitando ancora una volta le autorità a chiamare Caracas per dare impulso a un dialogo e alla trattativa finalizzata alla liberazione del cooperante. Un’occasione di speranza, e di apertura di uno spiraglio era stata la distensione dell’ultimo mese, con la stretta di mano tra il capo di Stato Sergio Mattarella e la ministra dell’Istruzione venezuelana durante la canonizzazione dei santi José Gregorio Hernández e María Carmen Rendiles, ma Alberto non è ancora tornato. Una situazione che non si interseca ai venti di guerra che da settimane soffiano al largo del Venezuela, vista la recente liberazione di decine di prigionieri colombiani (che hanno riferito di aver visto Alberto). Su questo punto il ministro degli Esteri Antonio Tajani era intervenuto il 14 novembre, ribadendo lo sforzo italiano per “sollecitare la liberazione” dei connazionali detenuti in Venezuela, facendo però riferimento a “una tensione crescente” che coinvolge Caracas, “anche a livello internazionale”.
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