Caregiver familiari senza supporto: due tragedie nel Modenese riportano l’attenzione sul tema

  • Postato il 20 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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di Alessandra Corradi

Tra il 7 e l’11 ottobre, in provincia di Modena, sono avvenuti due tragici fatti di cronaca: anziano marito uccide la moglie malata e poi si suicida. Impressionante la modalità: entrambi gli omicidi si sono tolti la vita lanciandosi dalla finestra.

Di solito, quando succedono questi fatti, purtroppo neanche troppo raramente, vengono interpellati i sindaci o gli assessori al sociale. E quello che viene detto non va oltre il cordoglio. Va dato atto perciò al sindaco di Castelfranco per aver fatto il salto di qualità sull’argomento, citando qualcosa cui nessuno, solitamente, presta alcuna considerazione: la prevenzione. Per prevenire un fenomeno bisogna conoscerlo e quindi averlo studiato. Prassi che non viene attuata nel caso di omicidi-suicidi commessi da uomini anziani nei confronti della propria moglie (gravemente malata) o del proprio figlio o figlia, non autosufficienti o, più raramente, commessi da figli anziani nei confronti della propria madre, ancora più anziana (e gravemente malata).

La quasi totalità di casi, se l’omicida è maschio e la vittima una donna, viene classificata come “codice rosso” cioè femminicidio. La condizione di estrema prostrazione, al limite della depressione, vissuta da questi uomini, pluriottantenni quando non plurinovantenni come nel caso dell’uomo di Castelfranco, passa in secondo piano, di fronte alla banalità che l’omicida è maschio e la vittima è femmina. Faccio molta fatica a capire come inquirenti, procuratori o avvocati (sia dell’accusa che della difesa) non riescano a comprendere che essere da soli ad assistere una persona che ha progressivamente perso le sue facoltà cognitive erode ogni energia, debilita nel fisico e apre la porta alla malattia psichiatrica, cioè la depressione.

Il burden del caregiver familiare è un fenomeno, studiato all’estero, per cui sono state inventate anche delle scale per misurare l’entità del burnout. In Italia ancora non sappiamo che chi assiste un proprio caro si chiama “caregiver familiare” (definizione legale risalente al 2017, non un vezzo lessicale esterofilo), figuriamoci se è noto che prendersi cura di qualcuno, che ha una malattia grave come l’Alzheimer, comporta pesanti effetti collaterali sulla salute mentale.

Aggiungiamoci poi che il nostro Paese non è stato ancora contagiato dal trend moderno (ed europeo) per cui le strutture di ricovero sono obsolete e che l’assistenza si deve organizzare al domicilio della persona, mettendo in rete i servizi, sfruttando la tecnologia e tenendo in considerazione il caregiver familiare. Da noi non abbiamo neanche i servizi sul territorio e quei pochi che ci sono non sono collegati, se gli enti sono diversi – stendiamo un velo pietoso sull’aspetto “tecnologico” di questi servizi…

E così capita di sentire, quando succedono questi casi e gli articolisti vanno ad intervistarli, che gli assessori dichiarino che le persone in oggetto non erano seguite dai servizi oppure che avevano espresso di non volersene avvalere, come se questo li esentasse dalle responsabilità.
Ci sarebbero moltissime cose da dire, per esempio: se tu che sei un’attivista ed è da più di dieci anni che studi il fenomeno, raccogli dati e documenti e scrivi persino un saggio sull’argomento, non vieni ascoltata quando contatti giornalisti, avvocati, procure e persino criminologi. Anche peggio succede quando contatti i politici (pensiamo solo ai deputati che formano la XII commissione alla Camera che lavorano alla legge sul riconoscimento del caregiver familiare). Se poi ti azzardi a scrivere anche PEC alla ministra Locatelli è la volta buona che ti sei ritagliato il posto d’onore tra i reietti.

Fa molto pensare che la Regione che per prima ha legiferato sul caregiver familiare (2014) cioè l’Emilia Romagna, detiene il più alto numero di omicidi-suicidi. Consiglio la lettura de L’esercito silenzioso di A. Corradi e G. Barin (2022), che parla del fenomeno del burden e riporta i pensieri di oltre duemila caregiver familiari italiani.

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Il Fatto Quotidiano

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