Chiudono teatri storici, poca qualità e destra pigliatutto: tre notizie dal governo della cultura
- Postato il 2 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Da anni frequento in prevalenza le “periferie” del teatro, dove a mio parere succedono le cose più interessanti, e questo mi porta a disinteressarmi di quel che accade al “centro”.
Ovviamente sbaglio. Perché nessuna realtà teatrale, per marginale e lontana che sia dal “centro”, può evitare di essere in qualche misura, almeno minima, toccata da quanto vi accade, soprattutto a livello normativo. A meno di non decidere di mettersi completamente fuori dai giochi (finanziamenti ministeriali, bandi etc.), con tutti i rischi del caso. Il mio post odierno cerca di rimediare a questa disattenzione con tre notizie.
Prima notizia. Oltre a quelle cinematografiche, hanno chiuso o sono a rischio chiusura molte sale teatrali, spesso fra le più antiche e prestigiose. Nella Capitale, in particolare, siamo di fronte a una vera e propria morìa. Il Teatro Eliseo è inattivo dall’epoca Covid. Stessa sorte per il Globe creato da Gigi Proietti, dopo il crollo del 2022. Il Teatro Valle, uno dei più antichi d’Europa (1727), dopo la biennale occupazione che aveva alimentato speranze (o forse illusioni) con i suoi ambiziosi progetti di autogestione, dal 2016 è chiuso per lavori di ristrutturazione. Il Comune, cui è affidata la gestione, rinvia la riapertura di anno in anno. A rischio è anche il Teatro Quirino, nato nel 1871 e intitolato a Vittorio Gassman. Come ha ricordato Leonardo Bison sul Fatto Quotidiano (6 febbraio 2025), “Il Quirino […] è finito in un fondo di Invimit (società del Mef) per le alienazioni, infatti a breve potrebbe passare in mano privata”. Sarebbe la prima volta.
Ma il fenomeno è diffuso purtroppo in tutta la Penisola. Seguendo ancora i dati forniti da Bison, si va da Milano, dove Il Teatro Nuovo, in Piazza San Babila, costruito nel 1938 è stato chiuso nel 2022 per essere sostituito da un ristorante, a Firenze, dove a capitolare è il Teatro Rifredi; o a Napoli, dove il Teatro Sanità ha chiuso per inagibilità, dopo dieci anni. Fino al triste paradosso del Teatro Italia di Venezia, gioiello Liberty, che – per salvarlo – è stato trasformato in un supermercato Despar! Quando si dice il riuso.
Seconda notizia. Da tempo le norme per accedere ai finanziamenti del FUS sono caratterizzate da criteri meramente quantitativi (numero di produzioni e di repliche, numero di spettatori etc.) che mettono di fatto in secondo piano la qualità e l’innovatività, tanto strombazzate a parole.
Questa tendenza, già in essere con i governi di centrosinistra, è stata ulteriormente accentuata da recenti disposizioni dell’attuale esecutivo, che hanno suscitato preoccupazione negli operatori del settore. Anche perché fanno seguito a una generale riduzione delle risorse a disposizione. Chi volesse saperne di più è rinviato alla webzine ateatro, diretta da Oliviero Ponte di Pino, che monitora da sempre con attenzione questi problemi, e alle prese di posizione del C.Re.S.Co, Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea, che raccoglie e rappresenta oltre 200 promotori, fra artisti, strutture e festival.
Terza notizia. Sempre da parte dell’attuale governo, si segnala il tentativo di ridurre il peso degli Enti locali nelle nomine dei direttori dei più importanti teatri italiani, per accentrarla ancor di più nelle mani del Mic, e in particolare dell’attuale sottosegretario alla cultura Gianmarco Mazzi, già “deus ex machina – scrive Stefano Iannaccone, Domani, 3 maggio 2025 – per l’assegnazione degli incarichi di sovrintendente delle fondazioni lirico-sinfoniche”.
Mazzi – informa Iannaccone – era infatti rimasto male per aver dovuto mollare la presa sul Teatro dell’Opera di Roma, dove il sindaco Gualtieri è riuscito a imporre la conferma di Franco Giambrone. E quindi è corso ai ripari con un decreto che viene dato in dirittura d’arrivo.
Lo strapotere di Mazzi sta cominciando a dare fastidio agli stessi alleati, Lega e Forza Italia, che reclamano la loro fetta di torta. E il centrosinistra finisce per accodarsi, come ha fatto ad esempio il sindaco Matteo Lepore a Bologna, con l’inusitato arrivo, addirittura dall’Argentina, di Elisabetta Riva alla guida del Teatro Comunale, cosa che ha suscitato perplessità in alcuni esperti del settore. Poi ci sarebbero le grandi manovre (di tutte le forze politiche) attorno al Petruzzelli di Bari. Ma qui, a leggere l’ottimo articolo di Iannaccone, mi sono cadute le braccia, per non dir peggio, e ho alzato bandiera bianca.
Da domani, scusatemi, torno alle mie periferie.
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