Conferenza di Ginevra sulla plastica fallita per i produttori di petrolio: non può più funzionare così
- Postato il 19 agosto 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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È poco produttivo piangere sul “latte versato”. Sia ben chiaro: la Conferenza di Ginevra sul Plastic Treaty doveva sancire un accordo globale ed è fallita. Le responsabilità, grandi come montagne, ricadono sui produttori di petrolio, a partire dall’Arabia Saudita, che prevedibilmente hanno fatto affossare l’accordo sostenuto da quasi tre quarti dei Paesi partecipanti (su 184).
A questi Paesi, che hanno lucrato e lucrano sulla plastica come derivato del petrolio, forse non interessa niente del futuro dell’umanità e dello squallore delle plastiche nei mari. Ma questo non significa che l’avranno vinta, anche perché in qualche modo dovrebbero rispondere di “crimini verso il Pianeta e le future generazioni”. Non molliamo, sapendo che i numeri, finché qualcuno avrà la forza di calcolarli e pronunciarli, sono “macigni” a favore della verità.
Ogni anno si producono 460 milioni di tonnellate di plastica e di queste almeno 10 milioni finiscono in mare. Si stima che negli oceani vi siano depositati più di 130 milioni di tonnellate di plastica e si prevede (Fondazione Ellen MacArthur) che, se continua così, attorno al 2050 negli oceani ci saranno più plastiche che pesci e creature marine. Nel 2050, appunto, se non si pone un limite alla produzione di plastica (imballaggi e prodotti monouso), la plastica prodotta passerà dagli attuali 460 milioni di tonnellate a circa 884 milioni, con fonti che, più pessimisticamente, prevedono addirittura oltre 2 miliardi di tonnellate.
Il problema chiama l’umanità intera a consulto. Così rompiamo gli equilibri ecologici, condannando le generazioni future a vivere in un mondo ai confini della realtà, in un incubo fantascientifico.
Davanti a ciò sembra che vincano gli interessi miserabili di bottega, ma non può funzionare così. Noi siamo ancora capaci di indignarci e non accettiamo di andare verso un’agonia senza scampo. Dobbiamo recuperare i rapporti con gli equilibri naturali, considerando che altrimenti saranno le nostre società a collassare di fronte a questa puerile prepotenza. Per pochi non possiamo “crepare” in tanti!
Occorre non solo efficientare le filiere della progettazione (basta progettare prodotti usa e getta: penne, accendini, stupidi giocattoli, ecc.) e del riciclo (questo lo si deve fare), ma occorre fissare una decrescita delle plastiche. Occorre comunque non fare nemmeno allarmismo al contrario: ci sono ulteriori prove di appello per arrivare a un accordo, magari questa volta mobilitando di più la società civile e i popoli. Basta con queste delegazioni al vertice… vogliamo consultazioni di massa, auspichiamo manifestazioni planetarie visto la posta in gioco.
E a proposito del meccanismo per cui occorrono accordi all’unanimità, occorre aggirarli; sì, forse questi possono essere difficili da superare data la debolezza del diritto internazionale, ma i Paesi che si sfilano dagli accordi possono essere sanzionati. Con chi sabota gli interessi generali dell’umanità (a meno che per “umanità” si intendano solo gli egoisti e chi ci guadagna dal disastro), occorre assumere delle deterrenze, altrimenti un ingiusto che riceve profitto dalla ingiustizia può continuare a tenere in scacco gli interessi generali.
L’Europa non può cavarsela parlando di “delusione”, proprio noi europei che, con tutti i Paesi travolti dall’usa e getta, siamo i primi responsabili della nefasta diffusione della plastica. Si stanno applicando sanzioni un po’ a caso e ovunque… perché non sanzionare quei Paesi che se ne fregano dei problemi biblici come quelli affrontati? Non si può rimanere impotenti e passivi. Rifiuti Zero non ci sta e chiamerà le comunità a mobilitarsi con energia. Stiamo parlando del nostro futuro e “noi non siamo di plastica”.
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