Cosa pensa di celebrare don Moioli di fronte alle due bare, vittima e femminicida?
- Postato il 11 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Era il 2016 e Michela Murgia si chiedeva su Facebook: “E’ chiaro contro cosa stiamo combattendo?”. Si riferiva a don Tonino Maria Nisi, parroco di Taranto, che celebrando il funerale di un uomo suicida dopo aver assassinato la moglie e il figlio di appena quattro anni, ne aveva esaltato le qualità morali. Il “brav’uomo” sarebbe andato in paradiso. Quel “brav’uomo” aveva patteggiato un anno e otto mesi di reclusione per atti sessuali e violenza privata nei confronti di una collega.
Sono trascorsi nove anni e le parole di un altro prete hanno suscitato dure polemiche. Oggi, don Primo Moioli celebrerà il funerale congiunto di Rubens Bertocchi ed Elena Belloli, nella chiesa di Cene, in provincia di Bergamo. L’altro ieri ha rivolto un ringraziamento alle famiglie che “con questa scelta hanno dato il più grande segno di fede. Quel funerale è amore: nonostante le fatiche e il dolore che abbiamo nel cuore, celebreremo l’amore. Che Dio gliene renda merito”. Si è difeso dicendo che la celebrazione congiunta gli era stata chiesta dai famigliari per il bene dei figli rimasti orfani.
Il femminicidio, parola mai pronunciata dal parroco, è stato consumato il 5 giugno scorso, quando Rubens Bertocchi ha impugnato una pistola regolarmente detenuta (era guardia giurata) e, prima di suicidarsi, ha sparato due volte a Elena Belloli. La sera prima era in pizzeria insieme alla moglie e ai figli. I giornali hanno ripreso la notizia e replicato errori e distorsioni che spesso occultano la violenza in famiglia ponendo l’accento sullo choc per un evento inaspettato. Un “fulmine a ciel sereno” avrebbe squarciato, inaspettatamente, la serena quotidianità di una famiglia felice e la placida routine di un paese di provincia.
Alcune testate hanno scritto che lui fosse “geloso” e convinto dell’infedeltà della moglie facendoci sentire l’eco del delitto d’onore. Nei centri antiviolenza, la gelosia vien letta per quella che è realmente in un contesto di violenza: controllo della libertà della partner, violenza psicologica e/o fisica, minacce. Quando il controllo coesiste con il possesso di armi aumentano la possibilità che l’autore di violenza possa mettere in atto la peggiore delle violenze: uccidere la compagna e talvolta i figli.
Elena Belloli non potrà più far sentire la sua voce su quello che aveva vissuto durante il matrimonio, se avesse subito esplosioni di rabbia o ricevuto accuse di infedeltà, se in un clima di asfissiante intimidazione, fosse stata sottoposta a pressanti domande. I femminicidi, al di là delle apparenze, avvengono dopo che ci sono state violenze e non sono mai un fulmine a ciel sereno. Il velo dell’apparente felicità famigliare, purtroppo, non è stato squarciato dalla testimonianza della vittima ma dai sette colpi di pistola che le hanno tolto la voce e la vita.
Ed ora che, nel peggiore dei modi, la realtà ha travalicato la facciata di una famiglia solo all’apparenza felice, un parroco che non ha potuto o voluto respingere la richiesta dei famigliari rimuove e nasconde la violenza del femminicidio con una retorica mielosa sulla “celebrazione dell’amore e della fede” e con l’esaltazione del perdono. Sul perdono ci sarebbe molto da dire. Le donne che intraprendono percorsi di uscita dalla violenza si sentono rivolgere spesso dalle istituzioni l’invito a perdonare.
Un paio di anni fa, durante una iniziativa per il 25 novembre, una giudice disse che le donne “devono imparare a perdonare”. Era la stessa che firmò una sentenza duramente criticata per la vittimizzazione istituzionale. Quando le donne non possono più scegliere se negare o concedere il perdono perché sono morte, accade che qualcuno lo fa al posto loro.
Le aspettative sull’ideale collettivo di famiglia, spezzate dalla distanza che separa un marito diventato assassino e una moglie vittima delle sue violenze, saranno confortate con la vicinanza delle due bare. È come se in quella chiesa venisse celebrato insieme al funerale, un matrimonio. Non sappiamo se qualcuno si sia chiesto se Elena volesse essere sepolta accanto al suo assassino. E oggi, quando sarà celebrato il funerale, le bare poste una accanto all’altra, diventeranno anche, simbolicamente, il trionfo del controllo del marito fautore di un legame che ha prodotto solo morte. L’amara verità che la famiglia non è solo il luogo degli affetti e della protezione ma può essere il primo luogo dove si esercita la violenza e la dominazione sarà di nuovo occultata. Che cosa celebrerà Don Primo Maioli, l’amore, il perdono o una menzogna?!
@nadiesdaa
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