Così una nuova tecnica chirurgica ibrida permette una ricostruzione mammaria più rapida dopo la mastectomia
- Postato il 12 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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La ricostruzione mammaria protesica rappresenta una delle principali opzioni chirurgiche disponibili per le donne sottoposte a mastectomia, sia essa preventiva che terapeutica. Questo tipo di intervento mira a ripristinare forma e volume del seno mediante l’utilizzo di protesi mammarie, offrendo quindi un importante supporto non solo dal punto di vista estetico, ma anche psicologico e sociale.
Le tecniche sono notevolmente evolute negli ultimi decenni grazie ai progressi in ambito chirurgico e ad un approccio sempre più personalizzato alla cura della paziente. Al Policlinico Tor Vergata di Roma le pazienti possono accedere a cure gratuite grazie al nostro Sistema Sanitario Nazionale, e usufruire di una nuova tecnica chirurgica ibrida recentemente pubblicata su una delle riviste più importanti del settore. La tecnica prevede l’utilizzo combinato di tessuto autologo (tessuto adiposo) ed impianti protesici al fine di raggiungere il risultato atteso in minor sessioni operatorie possibili, che si traduce in minor stress biologico per la paziente ed una ripresa sociale e lavorativa più rapida.
La ricostruzione protesica può essere eseguita in un tempo chirurgico, e quindi contestualmente alla mastectomia o in più tempi chirurgici, una ricostruzione differita. La scelta della tecnica più appropriata dipende da diversi fattori, tra cui le caratteristiche anatomiche della paziente, le terapie oncologiche ricevute e le preferenze individuali. In questo contesto, il ruolo del chirurgo plastico è fondamentale per guidare la paziente in un percorso ricostruttivo sicuro, efficace e rispettoso della sua identità femminile. Seppur la ricostruzione mammaria protesica risulti essere un approccio conservativo e snello dal punto di vista della paziente, non è scevro da complicanze sia precoci che tardive che il medico specialista è tenuto ad indicare in modo chiaro e preciso alla paziente prima dell’intervento.
L’incidenza di queste complicanze varia in base a fattori individuali (come comorbidità, fumo, BMI elevato), fattori oncologici e variabili chirurgiche. Le complicanze precoci si manifestano solitamente entro le prime settimane dall’intervento e includono sieromi, ossia una raccolta di liquido sieroso nello spazio chirurgico che può richiedere drenaggi o aspirazioni ecoguidate, ematomi, infezioni o deiscenze di ferita, ossia la riapertura della sutura chirurgica, più frequente in pazienti sottoposte a radioterapia.
Queste complicanze possono manifestarsi anche a distanza di mesi o anni dalla ricostruzione, mediante la contrattura capsulare, la formazione di una capsula fibrosa attorno alla protesi, che può irrigidirsi e deformare il seno ricostruito. Viene classificata secondo la scala di Baker (I-IV) e nei casi più severi richiede revisione chirurgica. Dislocazione o rotazione della protesi può alterare la simmetria e l’estetica del seno, necessitando un intervento. Rottura o perdita di integrità dell’impianto: viene spesso rilevata tramite imaging (ecografia, risonanza magnetica). Alterazioni cutanee e del profilo mammario: possono includere assottigliamento cutaneo, visibilità o palpabilità dei margini protesici, soprattutto nei soggetti magri o irradiati. Dolore cronico: in alcuni casi, la paziente può avvertire dolore persistente nella zona ricostruita, talvolta difficile da trattare.
Complicanze più rare acquisiscono il nome di Linfoma anaplastico a grandi cellule associato alle protesi mammarie (BIA-ALCL), sindrome ASIA o il carcinoma spinocellulare associato alle protesi mammarie (BIA-SCC), tutte condizioni la cui incidenza è molto rara e la cui terapia è rilegata all’asportazione delle protesi associata alla sua capsula peri-protesica (capsulectomia en-block). Il Ministero della Salute italiano dal gennaio 2024 rende obbligatoria la registrazione di ogni protesi mammaria impiantata sia per fini estetici che ricostruttivi sul registro Nazionale delle protesi mammarie, una piattaforma pensata e generata al fine di tener traccia di ogni presidio impiantato e tracciarne le eventuali complicanze, traducendo quindi il termine “tracciabilità” con il termine “sicurezza” per la paziente.
Un importante capitolo viene riservato per le pazienti sottoposte a radioterapia adiuvante, ma anche neoadiuvante (post-mastectomia o pre-mastectomia): i tessuti irradiati subiscono un danno permanente specialmente a livello della vascolarizzazione superficiale cutanea aumentando significativamente il rischio di complicanze, in particolare di infezioni, necrosi cutanea e contrattura capsulare che possono compromettere permanentemente l’esito della ricostruzione mammaria. Questo non preclude la paziente irradiata a riacquisire una morfologia mammaria adeguata e con lei avere la possibilità di cancellare i segni della mastectomia passata. La ricostruzione autologa permette di reintegrare l’immagine corporea mediante i propri tessuti. Compatibilmente alla morfologia della paziente verranno proposte opzioni di ricostruzione autologa più adeguata alla morfologia corporea del singolo al fine di poter beneficiare delle tecniche di ricostruzione autologa, microchirurgica e non.
Anche se non strettamente chirurgiche, le complicanze possono avere un impatto psicologico significativo, influenzando l’autostima e la qualità della vita della paziente. Un adeguato supporto psicologico e una comunicazione chiara preoperatoria sono essenziali per la gestione delle aspettative di ricostruzione, ma soprattutto del ventaglio di opzioni ricostruttive a cui la paziente può attingere consapevolmente.
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