Crisi climatica | L’Ue cerca di far slittare la riduzione delle emissioni, ma gli eventi estremi moltiplicano le perdite economiche

  • Postato il 17 settembre 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’Unione europea continua a tirare il freno sulle politiche legate alla riduzione delle emissioni di gas serra e ai cambiamenti climatici che, però, non aspettano. Uno studio degli economisti dell’Università di Mannheim, in Germania e della Banca centrale europea, stima che l’estate caratterizzata da condizioni meteorologiche estreme ha causato all’Europa perdite economiche, a breve termine, per 43 miliardi di euro (con costi che dovrebbero aumentare fino a 126 miliardi di euro entro il 2029). E l’Italia è tra i Paesi più colpiti, come mostrano anche gli eventi delle ultime settimane (Leggi l’approfondimento). Ma la minaccia arriva anche dalla guerra: una nuova ricerca stima che un’espansione pianificata della spesa militare da parte dei paesi della Nato potrebbe generare l’emissione di 1.320 milioni di tonnellate di anidride carbonica nel prossimo decennio. La risposta dell’Unione europea? La Commissione Ue aveva proposto l’obiettivo di riduzione entro il 2040 a luglio, ma la discussione sulla riduzione al 90 per cento – già rimandata al 18 settembre – dovrebbe slittare al vertice di ottobre, mandando in fumo la possibilità di una presentazione imminente del pian europeo sul clima per il 2035.

I danni economici degli eventi estremi estivi – Nel frattempo, però, l’Unione europea paga a caro prezzo gli effetti dei cambiamenti climatici. Ondate di Calore, siccità e inondazioni, la scorsa estate, hanno colpito un quarto di tutte le regioni dell’Ue: 96 regioni hanno sperimentato ondate di calore, 195 la siccità e 53 le inondazioni. Secondo lo studio ‘Dry-roasted nuts: early estimates of the regional impact of 2025 extreme weather’, è la Spagna a pagare il prezzo più alto, rispetto alla propria ricchezza, con 12,2 miliardi di euro di danni nel 2025 e, in previsione, quasi 35 miliardi nel 2029.

In Italia un danno da quasi 12 miliardi – Poi c’è l’Italia, con 11,9 miliardi di perdite (nel 2025) e 34,2 miliardi (nel 2029). Si tratta rispettivamente dello 0,61% del prodotto economico nazionale (misura simile al Pil) del 2024, percentuale che potrebbe salire all’1,75% entro il 2029. In questo caso, la sola Lombardia (ed esclusivamente per le inondazioni) ha perso 2,5 miliardi e ne potrebbe perdere 7,6 al 2029. Una situazione che, proprio a luglio scorso, ha spinto lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a prendere una posizione netta rispetto alla prevenzione. Al terzo posto c’è la Francia, con 10,1 miliardi di euro di danni nel 2025 e 33,9 nel 2029. Malta, Cipro e Bulgaria subiscono perdite minori, ma significative se rapportate al loro Pil.

In Unione europea rinviata la discussione sul taglio alle emissioni – Il report è stato pubblicato nei giorni in cui si rinvia la discussione sull’obiettivo della riduzione del 90% delle emissioni di CO2 entro il 2040 (rispetto ai livelli del 1990) proposto a luglio da Bruxelles come tappa intermedia per la neutralità climatica entro metà secolo. Il Green Deal, infatti, già prevede una riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 e zero emissioni nette entro il 2050. La definizione dell’obiettivo al 2040 è necessaria alla Commissione europea anche per aggiornare il contributo determinato a livello di Ue sul taglio di emissioni al 2035 in vista della Cop30 di Belem prevista in autunno.

Lo scontro tra i Paesi sulle flessibilità – Ma il target previsto offre ai governi una serie di opzioni di flessibilità per raggiungere l’obiettivo. Tra queste, il ricorso a partire dal 2036 a crediti di compensazione internazionale del carbonio nel computo delle emissioni. L’Ue potrà quindi acquistare crediti da azioni green svolte all’estero fino a una quota massima del 3% delle emissioni nette dell’Ue nel 1990. Finanziando, in pratica, i progetti di riduzione delle emissioni in Paesi extra-europei. Un meccanismo di compensazione introdotto da Bruxelles in linea con l’accordo di coalizione tedesco tra Cdu/Csu e Spd. E che ora rende difficile trovare un accordo. La discussione era stata rimandata al 18 settembre ma, a quanto pare, dovrebbe slittare a ottobre. Alcuni Paesi, come Slovacchia e Ungheria, sostengono che un target così alto danneggerebbe la loro industria.

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