Dagli 883 ad oggi, Repetto in Calabria alla ricerca dell’uomo ragno
- Postato il 16 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Dagli 883 ad oggi, Repetto in Calabria alla ricerca dell’uomo ragno
Mauro Repetto co-fondatore degli 883 riparte dalla Calabria con la tournée di “Alla ricerca dell’uomo ragno”, proprio dove tutto è iniziato
Se si pensa agli anni ‘90 è inevitabile non pensare agli 883, a quei due compagni di banco che diedero vita alla band che ha segnato la storia della musica italiana. La vera storia degli 883 torna a teatro con uno dei fondatori, Mauro Repetto, che con uno spettacolo a metà tra realtà e surreale è pronto a portare indietro nel tempo anche il pubblico calabrese. “Alla ricerca dell’uomo ragno” infatti, dopo una tournée di successo, riparte oggi dal Teatro Politeama di Catanzaro nell’ambito della XXII edizione del Festival d’Autunno. Mauro Repetto ci racconta di questa piéce teatrale e della sua carriera che è partita proprio dalla Calabria.
Mauro, è un ritorno gradito quello in Calabria?
«Esattamente. Io ho cominciato in Calabria, Isca Marina, dopo il liceo, come animatore turistico. Quello che faccio adesso in fondo: la voglia di essere in comunione col pubblico, di cantare dei segmenti di vita del passato, ma soprattutto di recitare, di raccontare, di essere un master of ceremony. Avere un rapporto col pubblico come quello che ho avuto più di trent’anni fa a Isca Marina è un fil rouge che si concretizza con questo spettacolo teatrale. La voglia di dire sì, ho fatto delle canzoni con un compagno di banco, ma sono qui anche a raccontarvi la mia vita, sono anche qui a recitare».
Perché poi la dimensione intima che si crea con il pubblico è quella forse per te più importante.
«Esatto, la prossimità, la vicinanza, il fatto di essere a cena anche con 700 persone, di rompere il ghiaccio con l’autoironia, di condire il tutto con delle canzoni che in fondo hanno segnato la storia di tutti, non solo mia e del mio compagno di banco (Max Pezzali; ndr), ma di molti spettatori. Tra l’altro anche io e il mio compagno in fondo erano degli spettatori con una specie di licenza per salire sul palcoscenico. Quindi questa comunanza è l’apoteosi in un teatro. A Catanzaro si vedrà dal primo secondo che è una festa. L’importante è celebrare assieme raccontandosi, dando la possibilità di ricordare dei momenti del passato che abbiamo vissuto tutti, proiettandosi con un trampolino nel futuro, con ironia, con la voglia di ridere, e con qualche lacrimuccia».
È uno spettacolo a metà tra l’autobiografia e il surreale, infatti hai fatto questa scelta piuttosto singolare di ambientarla nel Medioevo, come mai?
«Per due motivi: il primo è perché Pavia (la sua città;ndr) in fondo è una città che è molto medievale, nel senso che sia esteticamente sia come città che era stata ancorata un pochettino nei valori quasi medievali, mi faceva ridere ambientare il tutto nel Medioevo. E poi come sai, come Benigni e Troisi ci hanno insegnato in “Non ci resta che piangere”, in cui loro erano secoli addietro, questo ti permette un flash ironico. Se fai uno zoom indietro può essere ancora più caustico e ironico e quindi comico, parlando di personaggi del passato come Jovanotti, Cecchetto, Amadeus, questi personaggi che se avessi parlato di loro con una focale troppo vicina non sarebbe stato così comico che immaginarli anche loro come in una regia del Medioevo».
Tra l’altro questi compagni di viaggio ti accompagnano virtualmente perché utilizzi l’intelligenza artificiale. Qual è il tuo rapporto con l’intelligenza artificiale che adesso è dilagante, però c’è chi ne è terrorizzato, c’è chi ne è affascinato?
«Io tutti e due, nel senso che non sono Fred Flinstone nelle caverne, quindi chiaramente devo cercare di essere un po’ al passo coi tempi, però molta molta diffidenza, nel senso che chiaramente lei deve essere tua schiave e non il contrario. Dal momento che tu diventi schiavo dell’intelligenza artificiale devono accendersi tutte le spie di allerta, però visto che non siamo Yabba Dabba Doo o Fred Flinstone nel tempo delle caverne, dobbiamo utilizzarlo, provare a divertirci un po’ con lei».
E invece dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nella musica? Tanti ragazzi compongono, se così si può dire, scrivono con l’I.A.
«Perdono un grande divertimento. Forse il divertimento maggiore nella musica è costruire il pezzo, diciamo tutta la maieutica, come diceva Socrate, per tirare fuori il pezzo. Chiaramente ognuno è figlio del proprio tempo, quindi non mi permetto di criticare chi lo fa, io ho paura che perdo un po’ di divertimento».
Tornando allo spettacolo, tu dici che racconti la vera storia degli 883. Qual è la vera storia degli 883? Ed è stata raccontata male in questi anni?
«No, io penso che non sia mai stata raccontata male. La vera storia degli 883 è mettere il focus sulla provincia, sulla normalità, sulla difficoltà di arrivare a proporre delle cose, perché molti pensano che il talento sia la cosa più importante, in realtà la perseveranza è la cosa più importante. Questo è ciò che voglio mettere in luce in questa pièce teatrale. In fondo, in ogni metropolitana ci sono delle persone che suonano meglio di Slash dei Guns N’Roses, cantano meglio di Bruce Springsteen, però non hanno avuto la perseveranza di arrivare a proporre le loro cose. Quindi volevo anche raccontare la chiave importantissima di perseverare nel proporre il proprio talento, che è una cosa uguale come importanza al talento, è chiaro».
Sul palco con te c’è anche una presenza femminile.
«Si, si chiama Monica De Bonis e sul palco è la donna dei sogni. È un’attrice molto brava. La possibilità di scherzare con una bella donna, con un’attrice che rappresenta la donna dei sogni ma che ha una fibra comica, mi permette di far ridere me stesso e il pubblico».
Ovviamente non poteva non accompagnarti un disc jockey, che in questo caso è proprio l’Uomo Ragno. Abbiamo capito chi è l’Uomo Ragno? È di Pavia?
«Peter Parker potrebbe essere di Pavia, esatto (ride; ndr). Potrebbe essere uno di provincia, di qualunque provincia d’Italia. È il supereroe che agisce più distinto, più di pancia».
Gli 883 sono stati una band iconica degli anni ‘90. E la musica degli anni ‘90 ancora oggi sembra essere sempre sulla cresta dell’onda. Secondo te qual è il segreto?
«La voglia di assaggiare il piatto che ti faceva tua nonna quando eri piccola, quindi la nostalgia è il primo motivo. Secondo anche perché le cose vanno e vengono, quindi come per i vestiti ritorna di moda magari un trench lungo di pelle, può ritornare di moda un tipo di musica come quella degli anni ‘90, che comunque era molto healer, gioiosa, era molto volemosè bene, diciamo. Quindi per questi motivi io penso che sia lecito che il pubblico desideri tuffarsi negli anni ‘90».
Chi è Mauro Repetto oggi?
«Mauro Repetto oggi è, diciamo, un Mc, un master of ceremony, è un presentatore di qualcosa che lui scrive, è un creatore che recita quello che idea nella sua testa, è un presentatore di emozioni che gli piace creare, scrivere e proporre al pubblico».
Il tuo rapporto con Max Pezzali invece? Ha visto questo spettacolo? Cosa ti ha detto?
«Con lui siamo rimasti in un periodo assolutamente di amicizia fuori dal business, fuori dall’entertainment in generale. Quindi non parliamo mai di noi a livello lavorativo. Cioè, parliamo di tutto, ridiamo di tutto. Possiamo ridere delle squadre di calcio degli anni ‘70, dei capelli dei giocatori degli anni ‘70, dei nomi delle squadre che hanno vinto la Coppa del Mondo nel 1974. Ma non parliamo dello show business».
Intanto ti godi il successo di questa tournée, ma quando finirà questa ricerca dell’uomo ragno?
«Queste date di “Alla ricerca dell’uomo ragno” annunciano il nuovo spettacolo che sarà “Ho trovato Spider-Woman” che sarà ovviamente Monica de Bonis. Anche questa è una cosa molto importante per me. Passo dunque dalla donna dei sogni a Spider-Woman».
Il Quotidiano del Sud.
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