D'Annunzio, folle, epica e sconclusionata: ecco la sua Rivoluzione

  • Postato il 25 ottobre 2025
  • Cultura
  • Di Libero Quotidiano
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D'Annunzio, folle, epica e sconclusionata: ecco la sua Rivoluzione

La “libera città” di Fiume, oggi Rijeka, in Croazia, rimane nell’opinione comune il luogo dell’utopia e degli ideali di Gabriele D’Annunzio, rappresentante ante litteram e primo riferimento poetico-spirituale di un “protofascismo” dall’impronta futurista, socialmente all’avanguardia, poggiato su una sponda di idee e uomini dai tratti decisamente anarcolibertari. Questa, in una sintesi estrema è stata la trama su cui si è svolta l’impresa fiumana.

Questo il contesto da cui prende le mosse Alla festa della rivoluzione, il film del regista Arnaldo Catinari, nelle sale da aprile 2026, liberamente ispirato all’omonimo saggio di Claudia Salaris, presentato ieri alla Festa del Cinema di Roma e pronto a diventare un nuovo riferimento iconografico per quella che resta una delle fasi più complesse e disorganiche della storia italiana dell’ultimo secolo.

 

 

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QUATTORDICI MESI
Quattordici mesi, tra il settembre del 1919 e il dicembre del 1920, nei quali D’Annunzio, fino ad allora noto solo come grande letterato, Poeta Vate d’Italia, all’improvviso, agli occhi dei connazionali muta le sue vesti in quelle del condottiero pronto ad attraversare l’Adriatico e a mettersi a capo di un’impresa revanscista, accompagnato da un manipolo di commilitoni, i suoi prosaici Arditi, patrioti, artisti, irregolari di ogni risma che in quella impulsiva reazione devono aver visto l’azione come risposta migliore all’umiliazione subita dall’Italia dopo l’accordo di pace passato alla storia come la «vittoria mutilata», ovvero privata proprio di quei territori nei Balcani dal dna profondamente italiano.

Tutto ciò avveniva, peraltro, in un periodo che, vedeva l’Italia attraversata da scioperi e gravi malumori sociali, anche questi in larga parte generati dai gravi strascichi della Grande Guerra appena conclusasi. Un “biennio rosso” col fantasma socialista dietro l’angolo a terrorizzare la borghesia nostrana. Medesima fase nella quale, sempre nella nostra Penisola, muovevano i primi passi anche i Fasci di combattimento di Benito Mussolini che, pur originando, come noto dalla costola massimalista del Partito Socialista, non ha esitato a rassicurare i borghesi impauriti, strizzando l’occhio nel contempo alla parabola fiumana di D’Annunzio. Questo mentre Fiume si caratterizzava come Reggenza Italiana del Carnaro, con tanto di Costituzione, la Carta del Carnaro che era una summa di ideali rivoluzionari e libertari dove c’era libertà di drogarsi e accoppiarsi serenamente tra persone dello stesso sesso. Praticamente un’avanguardia sociale talmente potente da risultare non a caso ulteriormente destabilizzante per chi, in primis il governo italiano, guardava da lontano più sospettoso che benevolo...

È proprio su questa complicata e a tratti inconcepibile ambiguità del D’Annunzio fiumano che viaggiano tanto il saggio della Salaris quanto il film che vede tra i protagonisti Maurizio Lombardi, nei panni del poeta, ma soprattutto tre giovani personaggi fittizi che però risultano utili a capire la complessità di nodi che si celavano dietro quella impresa solo apparentemente festosa. Ci sono: Beatrice (Valentina Romani) una spia russa inviata con l’obiettivo di osservare e in caso di necessità proteggere l’equilibrio instabile del neonato regime; Nicolas Maupas, nei panni di Giulio, medico disertore di guerra con un passato negli ambienti anarchici; Pietro (Riccardo Scamarcio) che è il capo dei servizi segreti italiani e in forza del suo ruolo si muove in maniera ambigua, proprio come continuerà a fare la stessa Italia fin quando, alla fine di dicembre del 1920, il governo italiano deciderà di inviare i militari a porre fine con le cattive a quell’impresa, esaltata dai fedeli dannunziani quanto derubricata a semplice bordello da parte di chi, invece, non condivideva l’utopia di D’Annunzio e delle sue variegate milizie di seguaci.

 

 

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LE RADICI
È la stessa Salaris nel saggio-guida a mettere in luce tutte le contraddizioni emerse. Contraddizioni e slanci che il regista, co-sceneggiatore insieme a Silvio Muccino, ha voluto condensare nel film. «Siamo alla fine della Prima Guerra Mondiale, un momento buio della storia italiana e lui accende un fiammifero, una luce, per dare risposta a tutte le aspettative dei reduci di guerra, di chi si è perso. In questa città Stato tutto è permesso: la parità uomo-donna, l’omosessualità. L’arte è al potere. Forse simile alla repubblica di Weimar, che sappiamo dove è andata a finire. Ma parte tutto da aneliti di libertà.

Si vede D’Annunzio come un proto-fascista, ma forse c’è un punto di vista diverso da scoprire. Le radici stanno nel secondo Futurismo, quello di Marinetti. Ma anche nelle Città Invisibili di Sant’Elia” ha detto Catinari. Sta di fatto che gli interrogativi sui quattordici mesi che vanno dal settembre 1919 al Natale di sangue 1920 restano tuttora intatti, sia pure con un bel film in più che sicuramente aiuterà a svelare una storia conosciuta pochissimo. Confermando il mistero ma anche tutto il fascino avanguardista che quell’impresa folle, libertaria (e anche molto libertina) continua a suscitare.

 

 

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Autore
Libero Quotidiano

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