Disastro ferroviario di Pioltello, la procura di Milano ricorre in appello: molte domande restano inevase

  • Postato il 15 ottobre 2025
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Si potrà rivedere la non convincente sentenza del 25 febbraio scorso che in primo grado aveva condannato a 5 anni e 3 mesi solo Marco Albanesi (capro espiatorio), il tecnico allora responsabile della unità manutentiva di Rete ferroviaria italiana, mentre furono assolti gli alti dirigenti dell’epoca, compreso l’ex amministratore delegato di Rfi Maurizio Gentile. Una decisione che ora la procura di Milano vorrebbe rivedere presentando ricorso in appello dopo le otto assoluzioni per il disastro ferroviario di Pioltello del 2018 dove morirono tre passeggere. Secondo i pubblici ministeri, l’azienda ha dimostrato una sostanziale incapacità nel gestire l’infrastruttura ferroviaria e di assicurare le condizioni di sicurezza.

L’accusa ha chiesto che oltre ad Albanesi siano condannati per omicidio plurimo e disastro ferroviario colposi, oltre a Gentile, anche gli altri manager tra cui Vincenzo Macello, l’ex direttore territoriale della Lombardia diventato successivamente recordman tra i commissari per le grandi opere, visto che sta vigilando su sette grandi opere ferroviarie – dall’Alta velocità Brescia-Verona-Padova al raddoppio della Genova-Ventimiglia, fino alla linea Roma-Pescara, passando per il nodo di interscambio Pigneto, fino alla Ciampino-Capannelle, alla Venezia-Trieste e all’Orte-Falconara – e Umberto Lebruto, ex direttore di Produzione di Rfi Lombardia che, dai tanti incarichi di rilievo avuti dopo l’incidente, è stato recentemente nominato Amministratore italiano della Galleria di Base del Brennero.

Spettava a loro – scrivono i magistrati – ordinare la sostituzione del giunto in pessime condizioni all’origine dell’incidente. Rete ferroviaria italiana – secondo la procura – deve essere dichiarata responsabile di illecito amministrativo perché avrebbe avuto un vantaggio in termini economici dalla mancata attività di manutenzione tempestiva. La motivazione andrebbe capovolta visto che si tratta di un’azienda che non dovrebbe fare utili e che è sempre stata abbondantemente sussidiata dallo Stato, attenta a tutto tranne a come ben spendere le risorse che le passano in maggior parte contribuenti e in minima parte i passeggeri.

Nonostante tali deludenti prestazioni della rete (Rfi) e del vettori pubblici (Trenord e Trenitalia) e il “fiume” di risorse statali e regionali trasferite a entrambi, il tempo sembra essersi fermato e le ferrovie lombarde e nazionali appaiono come 40 anni fa, irriformabili dal punto di vista delle responsabilità gestionali.

Contrariamente a quanto si crede, le risorse pubbliche trasferite alle Fs sono in crescita costante, non c’è un problema di denaro per la gestione e la manutenzione (spesa corrente) e neppure per la spesa d’investimento. Sarebbero le garanzie pubbliche la causa di un sistema inefficiente, pervaso da interessi privati di fornitori di servizi e costruttori.

Ma dove finiscono questi soldi se i risultati sono poca sicurezza, ritardi e soppressione di treni? Si sa che la manutenzione dei treni non brilla in casa Rfi, nonostante le costosissime esternalizzazioni della manutenzione della rete alle ditte appaltatrici (sono loro che spesso dirigono la programmazione della manutenzione). Assieme allo scaricabarile sulla responsabilità dell’accaduto tra Rfi (binari) e Trenord (vagoni), la dinamica dell’incidente aveva fin da subito fatto pensare alla carenza manutentiva di un sistema che nello specifico non riesce a reggere 200 treni giornalieri e una regolarità nella circolazione dei convogli, nettamente sotto gli standard europei. L’usura che avrebbe danneggiato il giunto sarebbe dovuta alla scarsa manutenzione sul tratto ferroviario: ciò è stato accertato. Da tempo erano emersi anche i dettagli sul cattivo stato del giunto collocato nel “punto zero”. Non solo tutti gli addetti al settore sapevano che l’intervento andava fatto, ma veniva sempre rinviato.

Perché è venuto meno lo standard manutentivo necessario per garantire la sicurezza? Come mai si è rinviata la manutenzione del giunto che sotto la continua pressione dei transiti dei treni si è via via sfilato dalla rotaia? Le pessime condizioni del giunto, sotto il quale era stata collocata una zeppa “tampone”, erano state segnalate da mesi e l’intervento di sostituzione fu programmato più volte, per poi essere sempre rinviato. Allora viene da chiedersi: di quale catena di comando Rfi dispone per decidere la sostituzione dei pezzi usurati di una rotaia? Non solo, ma come mai viste le accertate condizioni del giunto non è stato messo un rallentamento su quel tratto di linea? E’ mancato il coraggio di assumersi la responsabilità di chiudere al traffico la linea per fare l’intervento manutentivo? Chi ha condizionato l’operato di Albanesi?

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Il Fatto Quotidiano

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