Dopo 23 anni si riaccendono i riflettori sul delitto di Cogne: “Anna Maria Franzoni gestisce un bed & breakfast in Emilia Romagna”

  • Postato il 25 luglio 2025
  • Crime
  • Di Il Fatto Quotidiano
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“Quella mattina era cominciata come tutte le altre, doveva accompagnare suo figlio Davide alla fermata dello scuolabus a 300 metri dalla fermata da casa. Con lei di solito usciva anche il figlio più piccolo, Samuele, ma quella volta era rimasto a casa”: si apre così il racconto del giornalista Stefano Nazzi che ieri nel suo programma televisivo “Il caso” è tornato sul delitto di Cogne. A 23 anni dal caso di cronaca che ha fortemente scosso e diviso l’Italia, si parla ancora dell’omicidio del piccolo Samuele Lorenzi e di sua madre Anna Maria Franzoni.

Il delitto di Cogne

Quella notte, Anna Maria Franzoni non ha dormito bene, forse per via dell’influenza. Ha anche telefonato al 118 che le ha diagnosticato uno stato d’ansia oltre a sintomi influenzali. Suo marito Stefano Lorenzi, titolare di una piccola ditta di impianti elettrici, è andato a lavorare e a lei toccava accompagnare il figlio più grande Davide a scuola. Quel giorno uscì di casa alle 8.16. “Davide quella mattina era più lento del solito”, continua così il racconto di Nazzi di quel giorno di gennaio del 2002. Lei (la Franzoni, ndr) lo incalzava. Scese le scale per andare alla porta ma a metà strada udì piangere Samuele e lo trovò seduto sui gradini tra il soggiorno al primo piano e le camere da letto al piano terra. Lo abbracciò e lo portò sul lettone”. La Franzoni ha sempre raccontato di essere rientrata a casa, di aver tolto le scarpe, indossato gli zoccoli e di essere andata dal figlio più piccolo di tre anni, Samuele, che era in camera. Il piccolo si lamentava mentre era sotto le coperte tanto che lei, sempre dal suo racconto, credette volesse giocare per poi scoprire la grossa ferita alla testa e il corpo completamente immerso nel sangue che intanto aveva ricoperto pavimenti, coperte e pareti fino a due metri d’altezza. “Sembrava gli fosse esploso il cervello”, disse la donna. Samuele fu ucciso nel letto dei suoi genitori con svariati colpi al cranio. Il resto della storia è nota: la Franzoni chiamò i soccorsi dicendo che suo figlio vomitava sangue e non respirava, cosa poi smentita dai medici. Sul posto accorsero prima ancora del 118 il medico di famiglia e la sua vicina di casa Daniela Ferrod di cui è rimasta impressa la frase: “Cosa hai fatto?”, rivolta alla madre di Samuele che intanto fu trasportato in elicottero all’ospedale di Aosta dove morì sul lettino che lo stava portando in sala operatoria.

La scena del crimine

Scenario del macabro racconto che risale alla notte tra il 29 e il 30 gennaio del 2002, la villetta di Montroz. Quella villetta ribattezzata “degli orrori” divenne celebre al punto da diventare meta di turismo macabro, e fu anche riprodotta nel celebre plastico a cura della trasmissione “Porta a porta”, all’epoca dei fatti. Dopo anni balzò di nuovo all’attenzione dei media quando nel 2020 il tribunale di Aosta ne dispose la vendita all’asta su richiesta dell’avvocato Carlo Taormina che denunciò il mancato pagamento della sua parcella da parte dei Lorenzi per la sua difesa nel caso di Cogne. La cifra al centro del contenzioso ammontava a 450mila euro ma i coniugi iniziarono a pagare bloccando l’asta giudiziaria.

Le indagini e il processo

Le indagini furono subito centrate su Anna Maria Franzoni. Intanto, nel 2003 la coppia ebbe un altro bambino, Gioele e la notizia fu data in diretta al Maurizio Costanzo Show. Appena il tempo di diventare madre per la terza volta e nel 2004 ci fu per lei la condanna per omicidio pluriaggravato volontario di 30 anni. La Franzoni, nata nel 2001 da una famiglia benestante di San Benedetto Val di Sambro, ha ottenuto poi la riduzione della condanna a 16 anni grazie al rito abbreviato. Questo accadde in Appello e in Cassazione la sua condanna fu confermata, nel 2008, ma ulteriormente ridotta. Se l’arma del delitto non è stata mai ritrovata, il movente fu identificato in un accumulo di stress e tensioni, quando ancora non si parlava di depressione post parto, che avrebbero portato la donna a un raptus improvviso di cui non ha memoria: questo è ciò che in psichiatria viene indicato come stato crepuscolare di coscienza orientato. In poche parole, la donna avrebbe rimosso tutto.

I dubbi

Quello di Cogne non è un cold case, perché benché non sia stata mai ritrovata l’arma c’è una condanna definitiva. Tuttavia, molti nodi restano irrisolti perché è davvero poco l’arco di tempo in cui Annamaria Franzoni ha commesso il crimine per poi ripulire la scena, dal rientro a casa dalla fermata dello scuolabus alla telefonata al 118. Il delitto fu compiuto con un oggetto contundente mai ritrovato e questo ha alimentato dubbi sulla presenza di una terza persona sulla scena del crimine, come raccontato più volte dalla stessa donna. Anna Maria Franzoni ha pagato il suo debito con la giustizia con sei anni di carcere per poi ottenere la detenzione domiciliare. Dal 2018 ormai è una donna libera ed è tornata a vivere nel suo paese natale dove gestisce un bed and breakfast insieme ai suoi figli e a suo marito che ha sempre sostenuto la sua innocenza.

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Il Fatto Quotidiano

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