Pietro Orlandi: “Le ossa ritrovate al San Camillo di Roma? Lì c’era il covo della Banda della Magliana, ma spero non siano di Emanuela. Significherebbe che è morta”

  • Postato il 27 luglio 2025
  • Crime
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Gli uomini della Scientifica hanno lasciato, diverse ore fa, il padiglione Monaldi dell’ospedale San Camillo di Roma dove sono state ritrovate delle ossa umane. A fare il macabro rinvenimento, gli operai che erano al lavoro per ristrutturare l’ala della struttura, sede di un reparto chiuso da anni. I resti umani sono stati consegnati ai medici legali che dovranno analizzarli per stabilirne la provenienza ma secondo indiscrezione sembra risalgono a tempi molto recenti. Una volta stabiliti almeno il sesso e l’età dei frammenti, il Dna potrà essere comparato con i profili già in possesso della Procura di Roma tra cui quello di Emanuela Orlandi. L’associazione tra il ritrovamento e la cittadina vaticana inspiegabilmente scomparsa il 22 giugno del 1983 è presto stata fatta, come spesso è già accaduto in altre situazioni simili. Ad alimentare quella che potrebbe essere solo una suggestione, stavolta, sono le dichiarazioni fatte ai magistrati nel 2008 da Sabrina Minardi, nel corso della seconda inchiesta sul caso. La donna, che all’epoca dei fatti era legata sentimentalmente a Enrico De Pedis, al procuratore Giancarlo Capaldo disse, come risulta dagli atti, che l’uomo fosse coinvolto nella scomparsa e che Emanuela fu tenuta prigioniera in un covo nel quartiere Monteverde a cui si accedeva anche dai sotterranei del San Camillo. L’esistenza del covo e della connessione con l’ospedale romano furono circostanze accertate e confermate dagli inquirenti durante le indagini poi archiviate.

La reazione del fratello

“Io non credo quelle ossa siano di mia sorella Emanuela – così commenta a FqMagazine il fratello della cittadina vaticana, Pietro Orlandi – ma ogni volta che trovano ossa in giro per Roma pensano subito a lei. L’unico legame è con il covo della Banda della Magliana in cui si arriva dai sotterranei del San Camillo. Se la Procura vuole approfondire, loro il Dna di Emanuela ce l’hanno”, conferma. “Io spero non siano sue, spero di non trovare mai le ossa di Emanuela perché spero sempre di trovarla viva. Molti, davanti a questa notizia commentano con frasi del tipo: “Speriamo sia la volta buona”. Per noi non sarebbe certo così, perché significherebbe che Emanuela è morta. Adesso tocca alla Procura capire se è necessario analizzare queste ossa e fare un approfondimento”.

Gli altri ritrovamenti

“La notizia dovrebbe riempire di gioia ma se le ossa risultassero di Emanuela è come se fosse morta oggi”: la stessa identica frase fu detta da Orlandi nell’ottobre del 2018 all’Ansa, quando sotto il pavimento della Nunziatura apostolica a Roma, in una dependance furono ritrovate delle ossa che poi si scoprì appartenevano a un uomo. Lo rivelarono gli esami svolti nei laboratori della scientifica che isolarono un Dna inutilizzabile per la comparazione ma che presentava il cromosoma Y che caratterizza il sesso maschile. Un altro ritrovamento coinvolse, pochi mesi dopo, il cimitero Teutonico in Vaticano. In una lettera anonima inviata al legale di Pietro Orlandi, Laura Sgrò, fu suggerito un luogo preciso del teutonico come sepoltura della ragazza. Le due tombe indicate nella missiva però risultarono vuote. Scalpellando, i cosiddetti “sanpietrini” trovarono al di sotto di esse, una stanza in cemento che conteneva migliaia di ossa. Successivamente, vennero analizzate alcune di queste ossa “ma i risultati hanno escluso che fossero di Emanuela. L’inchiesta, che ha visto il coinvolgimento della famiglia Orlandi e della Santa Sede, è stata archiviata dal Giudice Unico dello Stato della Città del Vaticano che ha integralmente accolto la richiesta dell’Ufficio del Promotore di Giustizia”. Questo era il testo, almeno, del comunicato della Sala Stampa della Santa Sede in cui si spiegava che i frammenti rinvenuti erano databili ad epoca anteriore alla scomparsa di Emanuela: i più recenti risalgono ad almeno cento anni fa.

La proposta

Pietro Orlandi suggerisce al Comune di Roma un’idea che sembra risolutiva: “Questo è un problema che va avanti da anni: escono fuori delle ossa e si parla subito di Emanuela ma ci si dimentica che a Roma ci sono una marea di scomparsi. Qualche anno fa la sindaca di Roma Virginia Raggi si dichiarò disponibile a estrarre il Dna di tutti i corpi di persone ritrovate senza vita, custoditi nelle celle frigorifere e di cui non si conosce l’identità, e di compararlo con quello delle famiglie delle persone scomparse. Non so se abbia fatto in tempo a realizzare questa iniziativa durante il suo mandato. Questo risolverebbe molte situazioni. La prima cosa da fare, quando scompare qualcuno, credo sia estrarre il Dna dei familiari”.

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Il Fatto Quotidiano

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