Dopo questa finale del Roland Garros non mi resta che dire: grazie di cuore, Carlos Alcaraz
- Postato il 10 giugno 2025
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di Eugenio Lanza
Grazie Carlos Alcaraz, grazie di cuore.
Per un paio d’anni ti ho sportivamente detestato, lo ammetto. Questo perché hai negato due volte di fila un ultimo Wimbledon al più forte di sempre: Novak Djokovic. Da domenica sera però è tutto perdonato, e se me lo concedi vorrei diventare uno dei tuoi. Faccio ancora in tempo a salire sul carro? Ora che il mio mito Nole ha suggellato la sua immensa grandezza con il centesimo trofeo, mi sento più libero e più lucido. Ho preso coscienza del fatto che è iniziata una nuova epoca, quella dei tennisti del Duemila, e che tu sei il più forte di tutti. Il match che ci hai regalato sul Court Philippe Chatrier rimarrà nella storia. La rimonta di ieri contro Sinner è stata un’impresa eroica, un inno a non arrendersi mai, anche quando crediamo di essere spacciati e tutto sembra destinato a crollarci addosso.
La paura dei primi due set è stata comprensibile, parliamoci chiaro, perché davanti avevi una macchina che non sbagliava un colpo. O forse no… Eh già, perché quella di ieri è stata molto più di una partita di tennis. È stata la prova che, in tempi di intelligenza artificiale, non esistono comunque né macchine umane né uomini-macchina. Ci sono solo strumenti che possono aiutare a migliorarci la vita imitandoci, e atleti che con la continuità dell’impegno si costruiscono un’immagine da robot. Un po’ come CR7 nel calcio. Però poi c’è il talento, la fantasia, l’estro, la generosità, il genio: tutte qualità che non si possono sviluppare in palestra o su un server. E tu le hai messe in campo nell’ora più buia, ribadendo il primato dell’umanità.
Tanto vale essere chiari: Jannik Sinner è un campione e un bravissimo ragazzo, ma a me non trasmette alcuna emozione. Impassibile di fronte all’avversario e al pubblico, immerso in un ascetismo che diffonde apatia, e apparentemente indifferente alla vittoria quanto alla sconfitta. Freddo e mitteleuropeo. Tu invece mi hai esaltato, mi hai caricato di passione latina, mi hai fatto tribolare e strillare sino alla catarsi finale. Irriverente e mediterraneo.
Il pubblico era con te, è vero. E con questo? A parte che forse un motivo ci sarà, ma in fondo cosa c’è di male? Nole gode dei fischi, tu degli applausi: l’importante è essere in connessione con chi dà un senso a questi incontri. Altrimenti sai che noia!
Hai vinto su tre fronti: il primo è stato quello ontologico. Le montagne russe su cui la tua ondeggiante anarchia ci ha fatto salire, dall’inizio alla fine, hanno sconfitto la steppa pianeggiante di una continuità che puzza di alienazione. Se Sinner è il classico bravo ragazzo, un dignitosissimo Luca Barbarossa del circuito, tu sei il Vasco Rossi di questo sport. Sei umano, e per te giocare è come Vivere: ci sono dei momenti in cui vuoi stare spento. Poi però ti rialzi, e Ogni Volta che ti danno per morto opponi una scintilla di energia, gridando a tutto lo stadio: “Vado al massimo!”.
Il secondo trionfo è stato quello sul piano fisico: degli attuali nove tennisti più forti del mondo, tu sei l’unico sotto il metro e 85. Ma come Messi non si è fatto fermare dai suoi 170 cm, tu non ti stai facendo problemi dei tuoi 183. Sei l’uomo indomito che sconfigge la natura, nel tempo in cui lo sport si è fatto preda dell’atletismo esasperato. Futurista.
Infine, mi permetterai un po’ di contaminazione con la politica. Abbiamo assistito alla vittoria della Spagna contro l’Italia. I giallorossi che riconoscono lo Stato di Palestina, guidati da un partito socialista, sconfiggono lo Stivale peggiore. Quello ignavo internamente ed esternamente, che arma Israele e sputa sulla democrazia diretta. E io avrei dovuto parteggiare per il (poco) Bel Paese? Ma mi faccia il piacere!
Sinner si è dimostrato un gentiluomo in campo, ma l’esempio da seguire sei tu, almeno a mio giudizio. Tu che ti rifiuti di prendere la residenza a Montecarlo, come tanti colleghi, e paghi il 47,2% di tasse in Spagna. È la sostanza che conta. E allora avanti tutta Carlos. O, come diresti tu, vamos!
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