È violento anche lo Stato che lascia sole le donne nella povertà e nella precarietà

  • Postato il 25 novembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Nella Giornata Mondiale contro la Violenza sulle Donne si celebra soprattutto la lotta contro la violenza patriarcale familiare. Si invitano le donne ad alzare la loro voce, a dire no a ogni forma di atteggiamento o comportamento violento da parte di qualsiasi uomo da loro conosciuto. Molestie, stupri, aggressioni, così come un linguaggio che svaluta, insulta, ferisce. Ma poco si riflette, in questa giornata, sulla violenza di uno Stato che le donne non le aiuta in nessun modo, lasciandole sole e senza strumenti. Non le aiuta né dal punto di vista economico, né rispetto al sostegno sui compiti immensi e gravosi di cura che le donne hanno sulle proprie spalle.

La povertà: le donne, specie quelle single con figli, ma non solo, sono spesso povere, nel senso che vivono con redditi minuscoli e precari. E anche quando magari il reddito del marito è più elevato e c’è un relativo benessere economico, questo non toglie che, seppure non povere formalmente, le donne si ritrovino a dipendere dall’altro, a chiedere, dunque non in condizione di libertà. E che difficilmente possano decidere liberamente di separarsi, se c’è una situazione pesante o molto pesante.

A maggior ragione non sono libere le donne che vivono da sole con redditi bassi o nulle. Cosa dà il governo a queste donne, spesso con figli? Non c’è più un reddito antipovertà nel nostro paese, sostituito da un assai più restrittivo ed escludente Assegno di inclusione. Arriva qualcosa per i figli attraverso l’assegno unico, qualche bonus, e basta. Milioni di donne in Italia vivono questa condizione di assoluta precarietà, che corrisponde a un’ansia continua.

Ma poi c’è la violenza di uno Stato che ti lascia fuori dagli asili nido, nonostante i bambini siano sempre di meno. Che non ti consente neanche di scaricare le spese, spesso immense di una babysitter. Che ti costringe – questa anche è violenza – a prenderti cura dei tuoi figli oppure lavorare.

Si dirà che questa violenza è sulla famiglia in generale, quindi anche sugli uomini. Certo, è così. Ma poiché i lavori di cura sono soprattutto al femminile, le gravi carenze dello stato ricadono soprattutto sulle donne. Prendiamo il tema del caregiving. Oggi non c’è donna di mezza età che non abbia figli ancora da curare e anziani da assistere, con un carico enorme che spesso si traduce in esaurimenti psicofisici se non malattie. Ebbene, di recente il governo ha annunciato in pompa magna un piano per i caregiver che sarebbe “una svolta”. Come al solito, se poi si vanno a vedere i criteri ci si rende conto di cosa si tratta davvero. Anzitutto, i 250 milioni sono a partire dal 2027. Poi si prevedono 1.200 euro ogni 3 mesi solo per chi superi le 90 ore di carico settimana, stiamo quindi parlando di circa 15 ore al giorno. Ma attenzione, l’Isee deve essere sotto 15.000 e il reddito da lavoro sotto 3.000 lordi annui. Ci sono altre figure di caregiving con meno ore, che non hanno alcun contributo economico, pur magari dedicando 30 ore settimanali ad un parente malato.

E allora, si torna sempre alla mancata assistenza, che è comunque una forma di violenza. Alla fatica del vivere stipendi miseri, inferiori a quelli degli uomini, anche a parità di mansioni, comunque tendenzialmente più precari; a questa fatica si aggiunge il carico di figli che hanno una quantità di esigenze e bisogni spaventosi, che comportano un carico psicologico ed economico senza pari, per il quale non c’è nessun sostegno dello stato, solo la giungla del privato (spesso con ottimi professionisti, ma tutto a pagamento). C’è poi la cura degli anziani, anche qui, come abbiamo visto, senza alcun sostegno statale. La questione si aggraverà quando le pensioni saranno sempre più minuscole, e tutti sanno quanto costa un’assistenza a un anziano con una o più patologie croniche: in termini di farmaci, in termini di visite mediche, in termini di assistenza in casa o in una struttura.

A proposito di farmaci: è una violenza, piccola ma simbolica, lo penso da sempre, che tutti i farmaci per curare le infezioni vaginali o ginecologiche in senso lato siano a pagamento, così come la contraccezione ormonale. Ci vogliono in forma e in salute per lavorare e guadagnare, per fare figli, per assistere i cari malati, però neanche abbiamo diritto a crede anti-locali gratuite.

Di nuovo, si potrebbe dire che tutto ciò è la violenza di questo sistema su tutti noi, ormai costretti a sopravvivere sapendo che nessun aiuto reale, se non prese per i fondelli come i bonus, arriveranno dal governo e dallo stato in generale. Però, ripeto, in questa situazione le donne sono più vulnerabili, perché considerate più adatte alla cura di figli e anziani: forse, chissà, potrebbe anche essere vero ma non è retribuita e allora qui c’è un problema enorme. Penso allora che riflettere anche su questo tipo violenza – che poi si somma agli tipi, perché anche chi è vittima di violenza fisica risente degli aspetti economici – sia importante.

Se le donne sono costrette a vite all’insegna dell’angosciosa sopravvivenza, questo rappresenta una forma di maltrattamento, coercizione e sopruso di cui lo Stato, e chi ci governa, è per primo responsabile. Quello Stato che oggi taglierà molti nastri e parteciperà a tante – inutili? – cerimonie contro la violenza sulle donne.

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Il Fatto Quotidiano

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