Ettore Prandini (Coldiretti) possibile candidato della Lega per la Lombardia? Alcune riflessioni

  • Postato il 10 ottobre 2025
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Si vocifera una forte tensione nella Lega a causa di un possibile accordo del suo Segretario nonché vicepresidente con il resto della coalizione di centrodestra rispetto al futuro candidato alla Presidenza della Regione Lombardia, data la non rieleggibilità dell’attuale Presidente leghista Attilio Fontana. L’ipotesi è che il nuovo candidato possa essere l’attuale Presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

Se vere, queste voci meritano alcune riflessioni. La prima è la parabola e il cambio di pelle della Lega. Dopo la pulizia a colpi di scopa della seconda fase bossiana, caratterizzata dallo sbando organizzativo e la crisi finanziaria del partito, la Lega era arrivata a governare tutte le regioni del Nord con una notevole forza potenziale anche a livello nazionale. Per molti iscritti e simpatizzanti del partito questa forza apriva le porte ad un’agenda federalista che, dopo il fallimento del tentativo autonomista catalano, doveva passare da un’autonomia regionale de facto anziché de jure (nei fatti, anche senza una legge radicale). Il progetto politico era l’autonomia differenziata, un assetto compatibile con la Costituzione repubblicana ma nei fatti foriero di una forte autonomia politica, amministrativa e potenzialmente finanziaria.

Tuttavia Salvini, ricevendo un mandato forte dal Congresso e probabilmente motivato dall’aspirazione di diventare Presidente del Consiglio, ha seguito un’agenda diversa, centrata sulla sua persona, la ricerca di consenso al centro-sud e il posizionamento tattico all’estrema destra. I suoi limiti come leader, dalla caduta del governo Conte nella speranza di diventare premier all’alienazione del voto centrista per le sue continue contraddizioni, alla percezione diffusa che sia più bravo a strillare che a fare, hanno portato a Lega a essere attualmente il partito più debole dell’attuale coalizione di governo. Una domanda importante è come mai questo sia avvenuto: perché iscritti e militanti della Lega non hanno cambiato segretario?

La risposta comprende sicuramente diversi elementi, ma ce n’è uno particolarmente importante perché riguarda la democrazia italiana, anche a prescindere dalla Lega. I partiti sono organizzazioni molto anomale rispetto al codice civile e quindi al rispetto di alcune regole fondamentali. Non hanno uno status giuridico chiaro, non hanno una normativa di garanzia sulla governance, hanno obblighi risibili sulla trasparenza dei bilanci. Se si pensa alla normativa generale del diritto societario, super articolata per tutelare azionisti, creditori, lavoratori e creditori, la normativa sui partiti è primordiale, quasi inesistente. Questo è un grave vulnus del sistema democratico italiano e apre spazi a forme di autoritarismo interno. Quindi una parte della risposta alla domanda perché la Lega non abbia sostituito Salvini riguarda la mancanza di democrazia interna al partito e allo strapotere interno del leader. Poi ci sono altre ragioni, tra cui la mancanza, forse frutto anche di scelte del leader stesso, di altre figure carismatiche, a parte Zaia.

Prima o poi i nodi vengono al pettine, e forse si è arrivati al poi. Il percorso legislativo sull’autonomia differenziata è praticamente fermo e l’elettorato leghista del nord se ne è accorto. Un cambio di passo è altamente improbabile perché la Lega è debole in Parlamento e, invece, la premier forte sia nel suo partito sia nei consensi. Fratelli d’Italia è un partito sovranista e nazionalista, agli antipodi del progetto federale che era, e in parte è ancora, il dna della Lega. Anche Forza Italia non ha simpatie autonomiste. Paradossalmente, la Lega potrebbe trovare un appoggio parziale da parti del Pd del Nord, soprattutto nelle regioni che governa. Ma la radicalizzazione di Salvini, nella sostanza e nei toni, chiude ogni possibile strada.

E’ interessante notare che circoli il nome del presidente della Coldiretti: l’espressione di un blocco sociale (gli agricoltori) nettamente minoritario e sotto-rappresentato nelle istituzioni. Un blocco sociale particolarmente colpito dalla globalizzazione ma protetto con una miriade di sussidi europei, nazionali e regionali. Ai più apparirebbe strano avere i “contadini” al potere in Lombardia, ai meno appare un percorso con una sua razionalità interna. Basta con lo strapotere della finanza, della capitale Milano radical-chic, del capitale simbolico del mondo universitario e della scienza. Il potere torni a chi lavora veramente, a chi vive lontano dai centri di potere e si sporca le mani con la terra per produrre cibo, non profumi, vestiti costosi o palazzi avveniristici.

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Il Fatto Quotidiano

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