Fine vita: la maggioranza vuole cancellare un diritto. Le uniche consultazioni le ha fatte con i vescovi
- Postato il 6 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Da sette anni sento ripetere che sul fine vita “ci vuole una legge! ci vuole una legge!”. Ho sempre sospettato che l’arrivo della legge non sarebbe stata una buona notizia.
Sono infatti passati 7 anni da quando la Corte costituzionale, sul caso Dj Fabo, regalò all’Italia delle prime regole civili, depenalizzando “l’aiuto al suicidio”. Da allora, i capipartito hanno continuato a ripetere “ci vuole una legge!” senza mai volerla fare, contando sul boicottaggio della sentenza della Corte da parte del Servizio sanitario nazionale. Poi però la sentenza della Corte ha iniziato a essere applicata: otto persone hanno ottenuto legalmente l’aiuto a morire e la Regione Toscana ha approvato la nostra legge regionale di iniziativa popolare “Liberi subito”, che stabilisce procedure e tempi certi che il Servizio Sanitario deve rispettare nel dare risposta a chi soffre.
A seguito dell’approvazione della legge Toscana e del primo caso di sua applicazione – l’aiuto fornito al poeta Daniele Pieroni – i capi dei partiti di maggioranza si sono detti che, a questo, punto il boicottaggio non era più sufficiente: l’argine proibizionista si era rotto a colpi di disobbedienze civili e iniziative popolari, e bisognava correre ai ripari. Una legge ormai serviva davvero: non per disciplinare il diritto già stabilito dalla Corte, ma per cancellarlo. Ed è proprio ciò che stanno provando a fare.
Prima di spiegare come, e prima che chi legge si deprima, voglio ricordare che però ciascuno di noi può ancora fare qualcosa per provare a impedire che si compia l’abolizione del diritto all’”aiuto al suicidio” in Italia: si può firmare qui sulla piattaforma pubblica la legge di iniziativa popolare “Eutanasia legale” promossa dall’associazione Luca Coscioni. Non ci illudiamo che sia approvata ora, ma è importante portare al tavolo della discussione una proposta alternativa, che sosterremo anche con nuovi ricorsi giudiziari (l’8 luglio la Corte costituzionale discute di eutanasia su un caso seguito da Filomena Gallo) e nuove disobbedienze civili.
Torniamo alle manovre in corso. Il testo di legge reso pubblico e approvato in fretta e furia – lo stesso giorno in cui Meloni ha incontrato il Papa – cancella il diritto oggi esistente all’aiuto alla morte volontaria in tre modi:
1. Riduce drasticamente la platea potenziale degli aventi diritto, perché:
– trasforma il criterio della “dipendenza da trattamenti di sostegno vitale” in “trattamenti sostitutivi di funzioni vitali”: così facendo, si escludono le persone totalmente dipendenti da assistenza e trattamenti forniti da familiari o caregiver, che invece sono finora stati esplicitamente indicati da parte della Corte costituzionale, e che sono la platea di aventi diritto numericamente più significativa;
– restringe anche il criterio della “sofferenza intollerabile”, che da “fisica o psichica”, come stabilito dalla Corte costituzionale, diventa “fisica e psichica”, aumentando a dismisura la possibilità di contestare arbitrariamente la condizione di sofferenza del richiedente;
– aggiunge il criterio dell’“inserimento nel percorso di cure palliative”, trasformando le cure palliative (che sono già un diritto del malato da 15 anni e un dovere per lo Stato) in trattamento sanitario obbligatorio per potere accedere all’aiuto medico alla morte volontaria.
2. Prevede tempistiche tali da negare di fatto l’aiuto alla morte volontaria di malati terminali o affetti da malattie neurodegenerative, attraverso il combinato disposto di due scadenze:
– un termine che può arrivare a 150 giorni per la risposta alle persone richiedenti alle quali poi dovrà seguire una decisione dell’autorità giudiziaria (coi tempi della giustizia italiana);
– un termine di 180 giorni prima di potere ripresentare la proposta da parte di una persona che abbia ricevuto un diniego, indipendentemente da un eventuale cambiamento delle sue condizioni di salute.
3. Cancella il ruolo del Servizio sanitario nazionale, politicizzando la procedura affidata a un organo di nomina governativa e spingendo verso i privati:
– cancellando il ruolo dei Comitati etici territoriali (previsto dalla Corte costituzionale, e che erano chiamati a dare un parere solo consultivo, perché la decisione spettava alle aziende sanitarie locali), sostituendoli con un Comitato nazionale di valutazione di nomina governativa, il quale fornirà parere vincolante;
– cancellando il ruolo del Servizio sanitario nazionale, non solo nella valutazione dell’esistenza o meno dei criteri per accedere all’aiuto, ma anche nell’attuazione dell’aiuto stesso, per il quale la persona richiedente dovrà rivolgersi ai privati, oppure andare in Svizzera. Di conseguenza, è cancellato anche il ruolo delle Regioni.
Un’ultima considerazione riguarda il metodo scelto. In Francia e in Gran Bretagna l’attuale dibattito sull’aiuto alla morte volontaria si sta svolgendo fuori da logiche di partito o di maggioranza vs opposizione. In Gran Bretagna, il testo è passato col voto contrario di due ministri di peso (Salute e Giustizia). In Francia il testo, di iniziativa parlamentare, è stato preceduto da una Assemblea di cittadini estratti a sorte, durata molti mesi, le cui proposte sono state ampiamente riprese nel testo parlamentare.
In Italia, il Governo ha deciso di portare in aula un testo espressione dell’accordo tra i partiti di maggioranza, sul quale non ha condotto alcuna consultazione formale, e le uniche consultazioni informali riportate dai media sono state quelle con la Conferenza episcopale italiana.
Prepariamoci dunque a qualche mese durante il quale quelle stesse persone che hanno boicottato i diritti esistenti invaderanno le televisioni per dire “finalmente abbiamo fatto una legge come tutti chiedevano”. Perché davanti a un tema sentito e vissuto dalla gente, come quello della legalizzazione dell’eutanasia, l’unico modo per tenere insieme leggi clericali e consenso popolare è mischiare le carte e confondere le acque. Cerchiamo di impedirlo.
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