Fiumi e laghi inquinati da farmaci, detersivi e prodotti per l’igiene: in uno studio internazionale i rischi per gli animali e per le persone

  • Postato il 13 maggio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Conservanti, battericidi/disinfettanti, repellenti per insetti, fragranze e filtri solari, emulsionanti, additivi, cosmetici per il viso, profumi, dentifrici, creme solari, tinture per capelli. Sono i cosiddetti “PCP”: un adulto ne utilizza in media nove al giorno. Ad essi si aggiungono (andando a formare i cosiddetti PPCP) gli ingredienti farmaceutici attivi (API), che hanno un mercato con un tasso di crescita del 5,90% all’anno dal 2023 al 2030, a causa dell’invecchiamento della popolazione occidentale (e un fatturato di 222,4 miliardi di dollari nel 2022). Ebbene tutti questi principi finiscono nell’ambiente e infatti la loro presenza è ormai massiccia e diffusa. A raccontarla in maniera scientifica e dettagliata è un lungo e autorevole position paper di ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente), a cura di Vitalia Murgia, Agostino di Ciaula e Roberto Romizi (“Farmaci e prodotti per la cura della persona: contaminanti di interesse emergente”). Il documento cita uno studio importante e autorevole su scala globale – e fatto con lo stesso metodo in tutto il mondo – che riguarda l’inquinamento da farmaci in 258 fiumi del mondo: ebbene, nel 26% dei siti campionati c’era almeno un principio attivo farmacologico con dosi maggiori di quelle considerate sicure. Ma è stata descritta la presenza di PPCP in 260 laghi distribuiti in 44 Paesi, mentre in Europa queste sostanze sono presenti in 95 laghi distribuiti in 18 Paesi.

La resistenza agli antibiotici: il grande rischio

In generale, sono diffusi nell’ambiente ormoni, antibiotici, analgesici, antidepressivi, antiparassitari, dolcificanti artificiali, conservanti, additivi. Non solo nelle acque: residui di farmaci sono stati trovati anche nei suoli e negli animali (pesci, rane, uccelli, etc.) di tutto il mondo e piante di varie regioni del mondo.

Rispetto al consumo di farmaci, in particolare antibiotici, incide anche il settore veterinario: secondo l’Ema (European Medicinal Agency) le vendite complessivi di farmaci veterinari europei ammontano a 6.703 tonnellate di principio attivo. Una delle preoccupazioni più grandi è lo sviluppo di batteri resistenti agli antibiotici e la possibilità di trasferimento della resistenza agli antibiotici tra le popolazioni microbiche del suolo e i batteri che possono causare infezioni negli animali e nell’uomo.

Dal metabolismo ai tumori, tutte le conseguenze dell’esposizione ai PPCP

L’uomo entra in contatto con i PPCP bevendo acqua potabile o assumendo alimenti provenienti da ambienti acquatici contaminati, pesci frutti di mare, vegetali. Ma come sono rilasciati in ambiente questi principi? I PPCP applicati sulla cute sono rilasciati quando ci si lava, quelli ingeriti vengono invece metabolizzati ed escreti. Entrambi finiscono nelle fognature, cioè nelle acque reflue residenziali e industriali. I farmaci veterinari sono rilasciati nell’ambiente durante l’applicazione sul suolo di letame o liquami da allevamenti.

Le conseguenze dell’esposizione cronica a queste sostanze sono moltissime, dai disturbi del sistema riproduttivo o immunitario alle alterazioni del metabolismo agli effetti neurotossici; dallo sviluppo di tumori alle alterazioni epatiche; dalle alterazioni spermatiche, della gravidanza, del neurosviluppo e dello sviluppo sessuale alle alterazioni immunologiche.“Non possiamo più ignorare il problema eppure la regolamentazione fatica a stare al passo con le evidenze scientifiche, commenta il dott. Agostino Di Ciaula, presidente del comitato scientifico di ISDE e co-autore dello studio.

Eco-tossicità, se gli effetti si sommano

Ma esistono controlli e limiti a livello europeo? Com’è noto, nel 2006 è entrato in vigore il REACH, il registro delle sostanze chimiche autorizzate, ma i modelli di test ambientali sono stati progettati per affrontare contaminanti storici e spesso sono inappropriati per valutare i rischi ambientali da farmaci. Il problema sta anche nel fatto che l’eco-tossicità di una miscela di farmaci è spesso superiore alla somma degli effetti dei singoli componenti. Esiste poi un’altra questione, come spiega la prof.ssa Vitalia Murgia, pediatra membro della giunta esecutiva nazionale di ISDE Italia. “Non solo molti principi non si degradano nell’arco di tempo previsto, quando sottoposti al test di biodegradabilità dei 28 giorni, ma persistono più a lungo. Altri farmaci si degradano nei tempi previsti dal test ma hanno una caratteristica che si può definire ‘pseudo persistenza’: in altre parole, noi consumiamo ed eliminiamo una quantità importante di queste sostanze tutti i giorni tanto che esse non spariscono mai dall’ambiente”.

Ma allora che fare? “Sicuramente il trattamento delle acque reflue può in parte eliminare o rimuovere i residui di medicinali, ma il sistema di filtrazione deve essere migliorato, senza contare che uno studio stima che l’80% delle acque reflue prodotte a livello mondiale vengono scaricate senza essere sottoposte a trattamenti efficienti”, afferma sempre la prof. ssa Murgia. Particolare attenzione, nota il documento, dovrà essere rivolta dunque a monte: secondo la World Health Organization, metà dei medicinali sono prescritti, venduti e assunti in modo inappropriato.

Chimica verde, meno pubblicità, smaltimento corretto

Le richieste di ISDE alle istituzioni sono chiare: “Serve”, spiega l’autrice, “un intervento immediato con un monitoraggio più rigoroso delle acque e delle matrici ambientali, la promozione di tecnologie che portino alla progettazione di farmaci e additivi efficaci e meno impattanti sull’ambiente, la sensibilizzazione degli operatori sanitari e dei cittadini”.

ISDE invita inoltre produttori, medici, operatori sanitari e cittadini ad agire in modo responsabile adottando pratiche “virtuose”. Alle aziende spetta il compito di produrre farmaci (e imballaggi) più eco sostenibili, ai pazienti il rispetto delle istruzioni ricevute e soprattutto lo smaltimento corretto in farmacia. Il sistema farmaceutico nel suo complesso dovrebbe evitare un’eccessiva pubblicità diretta al consumatore così come le pressioni sul medico. Le istituzioni dovrebbero fare campagne adeguate per formare pazienti, caregiver e cittadini.

A questo proposito, ISDE ricorda l’esistenza del database Pharmaceuticals and Environment, dove i farmaci sono classificati per la loro eco-tossicità.

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