“Ho sbagliato tutto, vorrei un’altra vita. Ho continue crisi di panico, ho pensato di farla finita”: il dolore di Roberto Saviano e il piano per “sparire”

  • Postato il 4 maggio 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Vorrei un’altra vita. Vorrei non sentire così forte di aver buttato questa che ho”. Roberto Saviano si racconta in una lunga intervista ad Aldo Cazzullo per il “Corriere della Sera”, confidando i timori, il senso di angoscia e i dubbi che da tempo lo attanagliano. Sul piano personale per lo scrittore divenuto celebre con “Gomorra” non è un bel momento: “Ho la sensazione di aver sbagliato tutto” spiega, citando quanto avvenuto di recente ai funerali della zia Silvana, quella che per lui “è stata la seconda madre”. Alla funzione non c’era nessuno: “I miei vivevano a Caserta. Fin dal 2006 se ne sono dovuti andare nel Nord Italia, anche per mia responsabilità. Sradicati. Non sono riusciti ad aprirsi e si sono isolati. La mia scelta l’hanno pagata altri. Io ne ho fatto attività, impegno. La mia famiglia ha solo pagato” racconta.

Saviano si sente in colpa nei confronti dei propri cari e accenna al rapporto non semplice con i napoletani, divisi tra chi vede in lui un simbolo di riscatto per la città e chi invece sostiene che l’abbia “sputtanata”. “Perché da tutto il mondo ci vogliono venire?” provoca lo scrittore. “Io su Napoli ho acceso una luce. E con la luce il cambiamento è possibile. È esplosa la vita. Ma questo a me impone un prezzo altissimo”. Non è un mistero infatti che Roberto Saviano da tempo viva sotto scorta, circostanza che lo costringe a fare grandi rinunce soprattutto sul piano delle relazioni interpersonali. Lo scrittore non è all’ergastolo, “ma vivo la mia situazione come se lo fossi. Vivo recluso, senza vederne la fine”. E prosegue: “Le mie relazioni amichevoli e amorose sono compromesse da come io ho deciso di vivere la mia condizione. Qualsiasi incontro lo devo fare in casa. Se esco, con cinque carabinieri di scorta, a volte sette, non sono certo invisibile. E la visibilità è la fine di ogni gesto intimo”.

Una situazione che lo mette a dura prova dal punto di vista emotivo e che lo porta a vivere continue crisi di panico: “Impossibile stare senza gocce” ammette. “Le 5 del mattino sono il momento più difficile della giornata. Non respiri. Ti chiedi: e adesso? Dove vado? Mi sento schiacciato tra due forze. Una per cui rischio la vita; l’altra per cui non sono morto, e quindi è tutta una messinscena. La frase più stupida che sento è: ‘Se davvero volevano ucciderlo, l’avrebbero già fatto’. Da qui il pensiero ricorrente: la mia vita non finirà bene. Se non mi fanno del male, mi farò del male”.

Al giornalista del “Corriere” Saviano confessa di aver pensato al suicidio, ma di aver poi desistito: “Mi ero messo davanti allo specchio. E capii che la soluzione non era quella. Quando vivi tra caserme e armi, come me, puoi misurare davvero cosa significa impugnare una pistola e rivolgerla contro te stesso. Non l’ho fatto, ma da allora mi ripeto: da questa storia non ne esci”. Per tirarsene fuori lo scrittore non vede altra soluzione se non sparire: “Vorrei assumere un’altra identità. Mettermi in testa tutti i capelli possibili… Un me diverso, in giro per il mondo, pieno di capelli, con un altro nome”. Saviano, che ha già preso la patente per la moto, ora vuole conseguire quella da camionista. L’obbiettivo? “Sogno di fare come Erri De Luca, che partì per l’ex Jugoslavia in guerra, alla guida di un camion pieno di viveri”, conclude.

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Il Fatto Quotidiano

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