I decessi dopo l’uso del taser alimentano la polemica sui Tso. Ma il problema della psichiatria è un altro

  • Postato il 26 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il Tso (trattamento sanitario obbligatorio) è una pratica che limita temporaneamente, di solito 7-15 giorni, la libertà dell’individuo tramite ricovero per il bene superiore della sua salute. Secondo la legge italiana viene proposto da un medico che ha visitato il paziente, lo ha ritenuto in grave stato di alterazione psichica, non in grado di essere curato a domicilio e ha ricevuto un rifiuto delle terapie.

Deve venir confermata la valutazione da un secondo medico in questo caso psichiatra che opera presso il servizio pubblico. A quel punto viene emessa l’ordinanza di ricovero da parte del sindaco o suo delegato. Intervengono poi le forze dell’ordine per fermare la persona malata e infine il tutto viene convalidato dal giudice tutelare di quella zona.

Alcune notizie degli ultimi giorni hanno riportato in auge questo problema. Una persona malata in stato di agitazione è stata colpita dal taser nel tentativo di essere sedata e sottoposta a tso ed è deceduta. Negli stessi giorni è montata la polemica sul numero di tso. Sono troppi secondo alcuni, molti sarebbero camuffati o misconosciuti.

Come si faccia a camuffare un tso è presto detto: si dice al paziente che se non accetta il ricovero si chiameranno i vigili o le forze dell’ordine per cui lui alla fine, sotto questo ricatto, accetterà obtorto collo il ricovero oppure si effettua la costrizione fisica ma poi in sede di convalida all’interno dell’ospedale si tramuta il ricovero in volontario in modo che non compaia nelle statistiche.

Terza notizia di questo periodo è che la Corte Costituzionale ha stabilito l’obbligatorietà della audizione da parte del giudice tutelare prima della convalida del trattamento.

Tutte e tre queste notizie denotano una profonda complessità rispetto alle metodologie con cui si può affrontare la sofferenza mentale nella sua fase acuta. Una certa confusione emerge anche perché il dibattito scientifico è funestato da prese di posizione ideologiche o politiche. Ad esempio per alcuni il numero di tso deve essere tendente allo zero e si conferiscono medaglie di valore a quei servizi psichiatrici territoriali che non li effettuano.

Questa presa di posizione può essere tacciata di essere troppo estremista in quanto sarebbe come se facessimo una polemica sul numero di interventi ortopedici per ingessare una gamba. Chiaramente il numero di interventi deve essere commisurato a quelli che sono necessari. Se si lavora vicino a una pista da sci saranno di più. Allo stesso modo, statisticamente, i tso in zone di forte disagio sociale aumentano. Non può la politica o l’ideologia definire quanti siano giusti.

Negli ultimi decenni in Italia movimenti di opinione hanno cercato di affermare l’assioma che pochi tso significano una maggior efficienza ed efficacia dei servizi psichiatrici. Questa affermazione può essere parzialmente vera in quanto un paziente seguito regolarmente con visite e psicoterapie incorre meno in situazione di scompenso acuto. Può viceversa essere falsa nel caso in cui venga rifiutato il ricovero a persone in stato di abbandono determinando quello che alcuni definiscono col termine di “terricomio” (abbandono del paziente al territorio che poi in sintesi è quasi sempre costituito da genitori, fratelli o alcune volte i figli).

Alla base vi è un presupposto ideologico per cui si vuole arrivare ad affermare che “la malattia mentale non esiste” e i tso sono il frutto malato di una mentalità coercitiva verso la diversità. Sul versante opposto troviamo movimenti di opinione e politici che vorrebbero tornare all’uso del tso come strumento di controllo sociale.

Tutta la “devianza” viene quindi accumunata in un calderone dove la parola “follia” assume una valenza negativa di ordine sociale e non solo medico. In sostanza chi non la pensa come la maggioranza dell’opinione pubblica risulta un deviante e quindi per sillogismo un folle. Le propaggini estreme di questa visione coercitiva di coloro che deviano rispetto alla maggioranza aveva portato nel 1800 all’uso smodato dell’internamento in strutture, i famosi manicomi, che erano divenuti ricettacoli di ogni problema sociale.

Quindi accanto ai veri malati mentali trovavamo in queste strutture persone con problemi vari quali delinquenti, prostitute, portatori di handicap o addirittura oppositori politici dei regimi dominanti.

Di fronte alle posizioni estremiste è difficile trovare una linea di equilibrio che faccia prevalere il punto di vista scientifico. Tra l’altro, dopo la pandemia, la fiducia nella scienza è crollata a livelli infimi per cui è arduo trovare un’intesa sia con l’utenza che con altri medici.

Personalmente ho lavorato dall’età di 25 anni per dieci anni in un servizio psichiatrico territoriale. Per quel che vale la mia esperienza sul campo mi porta a ritenere che sia impossibile ridurre i trattamenti obbligatori sotto un certo livello. Nel servizio ove operavo li facevamo solo come ultima ratio. Il numero era fra 1 e 1,5 ogni diecimila abitanti ogni anno. La mia esperienza porta a pensare che l’uso del taser sia stato eccessivo, soprattutto se reiterato 4 volte nel giro di poco tempo, in quanto solitamente la persona sofferente di fronte a un gruppo di interlocutori che lo affrontano, che spiegano e lasciano il tempo di sbollire la paura e la rabbia arriva a calmarsi.

Per quanto attiene alla sentenza della corte costituzionale la mia valutazione risalente ad una trentina di anni or sono, quindi un poco datata, mi porta a ritenere che sia velleitaria e praticamente irrealizzabile. Trovare il modo di portare la persona sofferente al cospetto del giudice per convalidare il tso credo che nella maggior parte dei casi sia impossibile se non costringendolo.

Come si fa a portare qualcuno da un giudice se questi non ci vuole andare e se l’unico modo per costringerlo è proprio farlo parlare col giudice?

Parlare in modo ideologico su tso sì o tso no serve a mascherare il vero problema della psichiatria, costituito dalla carenza di personale, per motivi economici. I servizi psichiatrici afflitti da queste mancanze in molti casi invece di svolgere funzioni di prevenzione e cura tendono a strutturarsi come ultima linea solo per la gestione delle emergenze e delle urgenze psichiatriche.

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Il Fatto Quotidiano

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