I Talking Heads stanno tornando, cinquant’anni dopo la prima volta
- Postato il 5 giugno 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Dopo il teaser diffuso in questi giorni, oggi, 5 giugno 2025, i Talking Heads sveleranno cosa si cela dietro il criptico messaggio. Un evento, una riedizione, una performance, un ritorno? Nessuno lo sa con certezza. Quel che è chiaro, però, è che qualcosa si sta rimettendo in moto.
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Cinquant’anni dopo la loro prima esibizione al CBGB di New York (5 giugno 1975), i Talking Heads sembrano sentire il bisogno — o forse il diritto — di riprendere in mano il proprio mondo. Con un gesto, un segno, una presenza. Del loro futuro non sappiamo nulla. Del loro passato, tutto. Ma in questo scritto parlerò di loro al presente. Perché è l’unico modo per avvicinarci — davvero — al futuro che potrebbero regalarci.
Nei consueti nove punti di questo blog voglio oggi celebrare ciò che i Talking Heads sono stati e sono ancora: non solo una band, ma un’idea. Cominciamo.
1. Un esperimento umano
Non sono solo una band. Sono un progetto di architettura comportamentale. Una teoria applicata al rumore. Un’indagine musicale; nessuna posa, nessun mito. Solo una lente sul presente che abitiamo, tra sedie pieghevoli, frigoriferi e televisori accesi in sottofondo.
2. Maschere da indossare
Le loro canzoni sono come maschere. Chi le indossa, si riconosce e scopre il modo per provare a essere qualcun altro, o forse finalmente sé stessi. Ogni ascolto è un passaggio: da chi pensi di essere a chi potresti diventare. Perché la loro musica è cangiante. Proprio come la nostra esistenza.
3. Il corpo sa
Il corpo ha sempre saputo qualcosa che la mente ignora. David Byrne lo sostiene, e lo dimostra ogni volta che si muove. La musica, per lui, si realizza nel gesto, nella tensione, nello slancio. Scatti, spasmi, giacche troppo grandi, coreografie impossibili da imitare: il corpo diventa linguaggio, la musica un impulso entro cui abbandonarsi.
E non importa dove ci condurrà.
4. La casa che brucia
Cantano di lampade da tavolo, cene normali, case tranquille. Ma intanto, il mondo crolla. La realtà sembra solida, ma traballa sotto i piedi. “This is not my beautiful house” “How did I get here?”
I Talking Heads raccontano il mondo che abitiamo e non vediamo più, persi nelle nostre consuetudini. E ci ricordano che dietro il rumore fastidioso di un elettrodomestico in funzione può nascondersi il suono inaspettato della poesia.
5. L’arte dello scarto
Fanno arte con ciò che gli altri scartano: un gesto, una frase, un elettrodomestico. Non aggiungono: tolgono. Asciugano, isolano un dettaglio e lo lasciano respirare. Una frase ripetuta, un movimento inceppato, un rumore fuori tempo: tutto diventa linguaggio. La musica è un fattore incontrovertibile.
6. Pensieri in movimento
Si muovono a scatti, come i pensieri quando hanno troppa fretta di nascere. Niente è naturale, ma tutto è vero. Il corpo si fa musica, la musica si fa gesto. Ogni esibizione è un collage vivo, urgente, necessario. Ogni volta che decidi di ascoltarli, le tue percezioni mutano.
7. Vogliono essere esatti
Erano strani, sì. Ma si sono presi il lusso di esserlo con stile. E con coerenza. In un’epoca che parla di intelligenza artificiale, loro incarnano l’intelligenza organica, imprevedibile, non addestrabile. Non cercano di piacere. Non vogliono essere capiti. Vogliono essere esatti. E ci riescono.
8. Ansia in forma di festa
Trasformano la confusione in energia, il disagio in ritmo, l’ansia in festa. Non fuggono il caos: lo ballano. La pista non è evasione, ma elaborazione. La loro musica è una festa, sì. Ma una di quelle in cui ogni tanto ti fermi, guardi intorno, e ti chiedi: cosa ci faccio qui?
9. Cinquant’anni dopo
Qualcosa si muove. Senti il rumore? I Talking Heads stanno per tornare. Non sappiamo come, ma entro sera, l’arcano sarà svelato. Quel teaser basta per rimettere tutto in moto. Ci sono reunion e reunion. Alcune sono nostalgia, altre operazioni economiche. Altre ancora — rare — nobilitano il concetto. Se decideranno di tornare on stage, sarà un atto dovuto nei confronti della musica stessa. Della serie: “How did we get here?” (Come siamo arrivati fin qui? – frase tratta da Once in a Lifetime).
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