Il pasticcio del Cubo nero è tutto interno al Comune di Firenze
- Postato il 9 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Ilaria Agostini
Il Cubo nero è un pasticcio fatto e cucinato dal Comune di Firenze, che tenta di scaricare le colpe sulla Soprintendenza.
La vicenda della vendita (e della ristrutturazione edilizia, con demolizione e ricostruzione) dell’ex Teatro Comunale è legata all’edificazione, nel Parco della Cascine, del nuovo Teatro dell’Opera in occasione del centocinquantesimo dell’Unità d’Italia. La vendita dell’ex Teatro Comunale, sito in centro storico, è decisa dal Comune (2010, Renzi regnante) con l’intento di far cassa, nella totale assenza di un coinvolgimento della cittadinanza. Nella promozione della sua alienazione, il Comune è protagonista: dalla campagna Invest in Florence fino alla partecipazione alle fiere della speculazione immobiliare.
Dopo varie aste andate deserte e un tentativo di acquisto da parte della Nikila Invest, nelle cui fila è coinvolto anche Tiziano Renzi, l’ex teatro – passato in mano a CDP – è venduto nel 2020 (per metà del prezzo iniziale) a Blue Noble e Hines SGR. La nascita di un edificio moderno senza qualità, dalle facciate a specchio e svettante sul profilo dei lungarni, risiede innanzitutto nell’annosa assenza di una pianificazione attenta ed efficace del centro storico.
Firenze non si mai dotata di un piano particolareggiato esecutivo per la città storica, come invece è accaduto per Venezia, Bologna, Palermo e altre città italiane. A fronte di questa lacuna, sin dall’epoca Renzi si è invocata la tutela – fittizia – del cosiddetto “Piano Unesco”, ente che notoriamente non ha potestà urbanistica, né poteri conformativi della proprietà.
Per quanto riguarda i grandi complessi dismessi, come il Teatro Comunale, il piano regolatore ha optato per un vuoto normativo, un regime speciale fondato su deroga e negoziazione, sul deferimento di funzioni urbanistiche a soggetti terzi, e su semplificazioni procedurali e agevolazioni fiscali. Fondato inoltre sul più generoso regalo agli speculatori: l’abolizione dell’obbligo del restauro sugli edifici vincolati (art. 13).
Nell’ambito del dibattito sul Cubo nero, è stato detto che il colore del nuovo edificio di corso Italia non è quello giusto. È imputato alla Soprintendenza uno scarso controllo. Dobbiamo tuttavia ricordare che il Comune ha scelto di non decidere sull’aspetto cromatico: esisterebbe infatti una tradizione di pianificazione comunale del colore, che nel capoluogo toscano non ha mai attecchito.
È stato detto che quanto all’altezza del Cubo nero, svettante sullo skyline fiorentino, il privato ha forzato la mano. Ma è sufficiente aprire la scheda relativa all’ex Teatro Comunale (AT 12.11, contenuta delle norme tecniche di attuazione del piano) per scoprire che l’altezza massima consentita nell’area è “pari all’altezza di gronda della torre scenica del teatro”. Non meraviglia dunque che il privato abbia costruito sull’intero lotto fino a tale quota.
È stato detto infine che, all’interno del nuovo immobile, l’assessore voleva “residenze pure” e non turistiche. In un quartiere come quello del Comunale, dove è sentito il bisogno di strutture sociali, di aggregazione, aperte alla cittadinanza, anche qui il piano ha scelto di non regolare le funzioni in base ai fabbisogni. Hines vi colloca così 120 appartamenti (in “stile Fifth avenue”, così i giornali al tempo della promozione) destinati alle locazioni brevi. Nessuno, in città, ne sentiva la necessità. Ma la finanza immobiliare sì.
Intanto, la Procura ha aperto un fascicolo per contribuire a stabilire le responsabilità individuali.
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