In carcere detenuti sottoposti a ‘trattamenti degradanti’: quattro punti per agire subito

  • Postato il 2 luglio 2025
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Per fortuna c’è Sergio Mattarella, che nei vari ambiti in cui interviene ci ricorda che ci sono dei limiti al potere del governo di fare quello che gli pare: i limiti dettati dalla Costituzione. Non si può fare carta straccia dei principi costituzionali, nonostante si sia stati eletti, si sia maggioranza, ci si senta imbattibili di fronte ai cittadini. Bisogna comunque rispettare il patto costituzionale, perfino in carcere.

Di questo ha parlato il Presidente della Repubblica ricevendo al Quirinale il Capo delle carceri italiane e una rappresentanza della polizia penitenziaria. Le carceri, ha detto, non possono essere un luogo che calpesta la dignità della persona, non devono essere una fabbrica di nuova criminalità. Un condannato recuperato alla società è una garanzia di sicurezza per tutti ed è un obiettivo costituzionale. Oggi invece “nelle carceri italiane i detenuti vengono sottoposti, e in massa, a trattamenti inumani e degradanti”.

Che il Capo dello Stato sia costretto a pronunciare una frase come questa è indegno di una democrazia avanzata quale l’Italia si vanta di essere. L’attuale governo non ha mai messo in discussione le proprie politiche penali, che hanno visto una grande espansione dei reati e delle pene, utilizzati per contrastare dai rave party (il reato che il governo introdusse durante il primo Consiglio dei Ministri in assoluto, quasi che i rave party fossero la più grande emergenza nazionale…) alle tossicodipendenze, alle varie forme di povertà (nuove norme sulla mendicità, su chi dorme presso stazioni e altri luoghi cittadini, sulle donne rom), alle espressioni pacifiche di dissenso. Tutto questo di fronte a tassi di criminalità in continuo calo in Italia. Il carcere è diventato il luogo della detenzione sociale di massa.

Come unica soluzione, il governo promette la costruzione di nuove carceri. Obiettivo ovviamente impossibile, se si pensa che la popolazione detenuta sta crescendo al ritmo di 150 unità al mese e che un carcere medio, da 300 posti, costa circa 30 milioni di euro solo per poter venire aperto. Poi andrà riempito di personale, manutenuto, organizzato. Dovremmo costruire un nuovo carcere ogni due mesi, svuotando le tasche dei contribuenti.

In due anni la capienza effettiva è calata di 900 posti, mentre le presenze sono aumentate di oltre 5.000 unità. E al momento sono previsti 384 nuovi posti letto, con un investimento di 32 milioni di euro per 16 blocchi detentivi in calcestruzzo. Altro che dignità rispettata.

Mentre si intravedono i fantasmi del carcere privato alle porte, con le sembianze dei benefattori, anche il sistema minorile è andato in crisi con il sovraffollamento prodotto dal Decreto Caivano. Il governo ha dismesso ogni politica sociale riconvertendola in politica securitaria.

Per rispondere alle parole del Capo dello Stato – nonché di Papa Leone, che su questo era intervenuto nei giorni scorsi affermando che dobbiamo eliminare la povertà, non i poveri – si dovrebbero fare immediatamente quattro cose:

1. Un atto di clemenza per chi deve scontare un residuo pena inferiore ai due anni, cosicché il sistema torni a respirare.
2. Sollecitare provvedimenti collettivi di grazia e di concessione di misure alternative attraverso i consigli di disciplina.
3. Concedere telefonate quotidiane ai detenuti in modo da alleviare la loro condizione psicologica di isolamento. Una telefonata può salvare la vita e in carcere, come ha ricordato Mattarella, i suicidi sono stati drammaticamente troppi.
4. Abolire la pratica medievale dell’isolamento penitenziario. Troppo spesso sono proprio le celle di isolamento i luoghi degli abusi e dei suicidi.

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Il Fatto Quotidiano

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